lunedì, 18 Novembre 2024

Victim blaming: quando la vittima diventa colpevole.

Come già accennato nel precedente articolo “Rape culture: parliamone“, oggi approfondiamo un tema molto importante che riguarda la rape culture ovvero la vittimizzazione o Victim Blaming: il fenomeno che si scatena quando una vittima diventa carnefice.

Per quali ragioni questo accade?

Le situazioni frequenti nel victim blaming

I casi in cui la vittima diventa colpevole sono innumerevoli. Questo avviene nella sfera degli stigmi sociali sempre più in “voga” e nei comportamenti che tendiamo a minimizzare nella nostra società. Invece la colpevolizzazione di questi ultimi è di vitale importanza.

Le situazioni in cui viene attuato il victim blaming sono principalmente: abusi sessuali, emotivi, violenze domestiche e bullismo.

La capacità che ha un singolo individuo o come accade più spesso, una comunità nel colpevolizzare chi subisce determinati atti fa in modo che la vittima finisca per percepire il danno subito come sua colpa, e non al contrario come quella del/degli abusers.

Una società a favore del senso di colpa

Nel mondo che viviamo essere una victim blaming si traduce in tanti modi diversi e in tante parole: dai media che fanno della realtà la propria realtà ai social network come gogna pubblica in cui ogni commento, anche il meno richiesto, diventa diritto e dovere.

Ascoltiamo spesso narrazioni scorrette di fatti di cronaca accaduti. Le testate giornalistiche tendono ad additare questi abusers come giganti buoni che hanno addosso una denuncia per stalking e non la accettettano e come persone tranquille portate all’esasperazione, coloro che commettono un omicidio in ambito domestico.

Si innesca dunque questo meccanismo per cui in pubblica piazza il parere popolare sente il dovere impellente di schierarsi; per lo più dalla parte sbagliata, senza prove, approfondimenti o senza conoscere minimamente la vittima.

Le accuse frequenti

Le accuse che vengono poi poste alle victim blaming sono classici che sentiamo spesso rimbombare e rimbalzare ovunque. Dal più in voga “se l’è cercata” alle affermazioni più subdole: come il sindacare su come fosse vestita una persona, sul fatto che avesse o meno alcol in corpo, droghe, o qualsiasi cosa possa metterla in una situazione in cui doversi sentire colpevole per prima.

Questo aumento smisurato dell’opinione pubblica in merito a questioni private, porta conseguenze psicologiche non indifferenti. Queste vanno a loro volta ad agire sulle azioni che, da parte della vittima, potrebbero fare una grossa differenza.

I risvolti psicologici

I risvolti psicologici del victim blaming sono molteplici e molto dannosi. Una persona abusata, ferita o in difficoltà a causa della situazione che sta vivendo/ha vissuto: sviluppa tendenze ancora più dannose che portano all’isolamento, alla Sindrome da stress post-traumatico, e tante altre patologie legate alla sfera emotiva e psichica. arrivando dunque ad un nuovo grosso rischio: non chiedere aiuto.

Non chiedere aiuto e non sporgere denuncia per paura delle consegueze, è il punto cruciale a cui il carnefice vuole arrivare.

Isolare la vittima, farle pensare che non si meriti affetti, sostegno fisico e psicologico: sono gli obiettivi che il carnefice vuole centrare.

L’importanza di chiedere aiuto

Chiedere aiuto, per chi è una victim blaming, è la parte più difficile. Anche se, in determinate situazioni, ove è ancora possibile, va fatto. Bisogna raccogliere tutto il coraggio, quello che ci porta inevitabilmente a sapere di essere vittime e a cercare, anzi, meritare giustizia. Non lasciamo che la nostra voce venga spenta ancor prima che si possa fare qualcosa di concreto.

Il pensiero rimane sempre lo stesso: educare, educarsi, non smettere mai di parlarne e capire che infondo non si è soli. solo così possiamo realmente iniziare a interrompere lo stigma.

Fonte immagine: socialistpartyni.org

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