domenica, 22 Dicembre 2024

Verso il voto: Movimento 5 Stelle

Con quest’ultimo capitolo si conclude la breve rubrica di analisi preelettorale in vista del voto del 4 marzo. Andremo oggi a guardare alla forza di sicuro più nuova e diversa che concorre al governo del paese: l’M5S.

(https://www.sistemacritico.it/verso-voto-centro-destra/)

Ricordo a chi ci legge che questa non è una rubrica propagandistica e non si sta provando ad affermare un partito sugli altri, ma si tratta di una serie di ragionamenti critici, pur personali, sulle principali forze politiche, sperando di fare un servizio al nostro pubblico.

Un Movimento in movimento

Il Movimento 5 Stelle corre ormai a tutta velocità verso il 4 marzo sotto la guida di Luigi Di Maio, candidato premier a seguito delle votazioni sulla piattaforma Rousseau. Secondo tutti i principali sondaggi rilasciati nelle settimane precedenti, il movimento sarebbe di gran lunga il primo partito del paese e, anche correndo da solo, secondo solo all’ampia e composita coalizione di centro destra. Inutile dire che questo porrà il movimento in una situazione di grande forza dopo le elezioni, almeno nel caso in cui nessuno dei suoi principali antagonisti ottenga i numeri per governare. Cosa accadrebbe in questa evenienza?

Il Movimento ha subito radicali cambiamenti dalla discesa in campo di Beppe Grillo, ed è passato da una politica di vaffa ad una decisamente più istituzionale. Intervistato da Enrico Mentana a “Bersaglio Mobile”, Alessandro Di Battista assume posizioni decisamente più morbide che in passato in merito alla possibilità di governi di coalizione, supporti esterni verso (o da parte di) altri partiti e governi di scopo, fermo restando, ovviamente, il non mettere in discussione i valori del movimento. Decisamente un cambio di posizione sensibile rispetto al passato.

Programma

Tra i punti forti del programma svetta certamente il reddito di cittadinanza, per quanto il nome sia fuorviante. E’ bene ricordare, infatti, che la proposta risulta assai più vicina ad un reddito minimo garantito, piuttosto che ad un reale reddito di cittadinanza. Oltre a questo, di grande rilevanza resta la questione della netta separazione tra banche d’affari e banche commerciali, con il preciso intento di tutelare maggiormente i risparmiatori, e nuove leggi sul conflitto di interessi, in modo da slegare la finanza dalla politica.

Ma ad essere mutate, o perlomeno ad essersi temperate, sono molte delle posizioni. Il Movimento è sempre stato un partito dall’elettorato composito, le cui idee su una miriade di argomenti differiscono anche grandemente, ragion per cui, usciti dalla battaglie classiche dell’M5S, le posizioni su immigrazione, Europa e diritti civili si fanno più ambigue. Il referendum sull’euro è passato da una questione di principio, in quanto mai gli italiani si erano espressi a riguardo, ad una extrema ratio. In generale, si è passati dalla vicinanza a Ukip e movimenti lepenisti a posizioni molto più moderate.

Discorso analogo si può fare su molte questioni spinose, come ad esempio quella dei vaccini, su cui il movimento cerca di tenere il piede in due scarpe, rifiutando l’obbligo, da un lato, ma senza negare l’importanza della vaccinazione, il tutto per accontentare la grande varietà del proprio elettorato.

Questo, dunque, è forse il più grosso limite del movimento: il suo non essere “né di destra, né di sinistra”, lo pone nella condizione di frammentare le opinioni al suo interno con una scarsa capacità di omogeneizzazione del pensiero che potrebbe rendere complicato la traduzione degli intenti in atto. Quando si va alle elezioni, il programma di un partito è certamente importante, ma, specialmente in un contesto parlamentare come il nostro, non è che una parte degli oneri di un governo. Come farà il movimento a gestire le crisi del nostro paese, le proposte di altri partiti e, in generale, tutto ciò che nel programma non strettamente riportato, senza che una parte del suo elettorato se ne dissoci?

Alleanze

Il discorso precedente si può estendere in modo naturale anche alla questione alleanze. Se, infatti, una parte consistente della forza politica e degli attivisti resta movimentista e favorevole al “mai con nessuno”, si sono visti all’interno della dirigenza degli ammorbidimenti sulla questione. Ma come potrebbe un elettore tradizionalmente di sinistra vedere di buon occhio, ad esempio, un appoggio esterno o un’alleanza con la lega? Ed un leghista con il PD? O LeU?

Conclusioni

Il Movimento 5 Stelle resta una forza politica con cui fare i conti, che non è possibile liquidare con facilità. Essi godono di un forte sostegno popolare e rappresentano una fascia di elettorato multicolore, raccolta sotto la sfiducia verso la politica ed il sistema. Come detto questa è la loro grande forza, ma anche la loro grande debolezza.

Per quanto manchi un meccanismo efficace di selezione della classe dirigente e metodi di democrazia interni collaudati, propri invece di altre forze politiche più vetuste, è innegabile che il processo di istituzionalizzazione di quello che era un movimento di rottura si stia compiendo a grandi passi. Resta da vedere quanto ancora il Movimento potrà permettersi un’ambiguità su una miriade di temi, tipicamente di destra o di sinistra (come immigrazione e diritti civili), tollerabile forse all’opposizione, ma impensabile in un contesto di governo. E’ probabile che quando i 5 stelle governeranno compiranno la maturazione decisiva, delineando meglio il proprio orientamento. Se questo significherà una fine rovinosa o una stabilizzazione del fenomeno grillino lo si vedrà solo con il tempo.

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