giovedì, 19 Dicembre 2024

Un Cile diverso: la svolta di Gabriel Boric

In Cile il ballottaggio per le elezioni presidenziali ha visto vittorioso il socialista Gabriel Boric con il 55,8% dei voti. Nonostante ciò, l’appuntamento alle urne ha mostrato un paese profondamente diviso. Una tale radicalizzazione non si vedeva dalla vigilia del golpe dell’11 settembre 1973, quando l’esercito con l’aiuto della CIA aveva preso il controllo dei gangli economici e istituzionali del paese e aveva raso al suolo la Moneda, il palazzo presidenziale a Santiago. E oggi, come allora Salvador Allende, Boric è un presidente socialista, un unicum nella storia recente del Cile con un precedente dall’esito cruento.

La voce delle piazze

Sono due anni che la società cilena è alle prese con un delicato tentativo di ridefinizione di sé stessa. Un cambiamento inaugurato con le imponenti proteste di piazza dell’ottobre 2019, poi confermato con l’approvazione tramite referendum della stesura di una nuova costituzione che sostituisce quella risalente alla dittatura di Augusto Pinochet. In questo senso, l’elezione di Boric alla presidenza del Cile è il frutto diretto di questa transizione. Il sintomo di un paese nel mezzo di una crisi sociale, in cui i malumori si sono sommati fino a esplodere il 7 ottobre di due anni fa, quando a Santiago era stato annunciato l’aumento del prezzo dei biglietti della metropolitana. L’annuncio ha provocato l’ira di migliaia di cittadini scesi in piazza, sfociata nella violenza di alcune frange di manifestanti e la repressione brutale dei carabinieri.

In quel momento, la frustrazione e l’insofferenza di milioni di persone si è riversata nelle proteste contro il carovita, la corruzione, le enormi disparità sociali ed economiche, l’assenza di un sistema di welfare adeguato, ma anche la rappresentanza politica delle minoranze indigene e le disuguaglianze di genere. La svolta a sinistra dell’elettorato cileno è dunque l’esito della crisi sociale che sta ancora attraversando, la traduzione alle urne dello slogan delle proteste del 2019, “Chile despertó”, il Cile si è svegliato.

Chile despertó”: Susana Hidalgo, la famosa actriz que tomó la imagen más  icónica de las protestas - BBC News Mundo
L’immagine più emblematica delle proteste del 2019, tra le bandiere cilene e quelle della minoranza dei nativi mapuche (Fonte: Susana Hidalgo – BBC)

Il programma di Boric in rottura con il Cile neoliberale

Il nuovo capo di Stato che si insedierà a marzo 2022 batte diversi record. Non solo è il presidente più a sinistra che il paese abbia mai avuto, ma a soli 35 anni d’età è anche quello più giovane. La stampa lo ha spesso definito come il presidente “millennial”, espressione di una nuova generazione impegnata in politica, dinamica e improntata al cambiamento. Con una lunga storia di militanza politica all’interno di gruppi studenteschi, Boric è diventato sempre più popolare durante le proteste e ha vinto le primarie della coalizione di sinistra Apruebo Dignidad. È un outsider che esce dai binari della classe politica che ha caratterizzato il passaggio alla democrazia liberale del Cile post-dittatura.

Il suo programma raggruppa le varie richieste espresse dai manifestanti. Infatti, maggiore attenzione viene posta sull’agenda sociale che, oltre alle riforme del lavoro e del sistema educativo, dà maggiore attenzione ai diritti umani, alle questioni ambientali e ai problemi evidenziati dai movimenti femministi. Inoltre, Boric è il primo capo di Stato cileno che si schiera apertamente con le rivendicazioni dei Mapuche, il popolo indigeno che vive nelle zone meridionali del paese. Il presidente neoeletto ha promesso più autonomia e rappresentanza politica agli indigeni, nonché un maggiore impegno nella preservazione della loro cultura. In più occasioni ha salutato il pubblico utilizzando anche la lingua mapudungun e ha parlato di un nuovo Cile dall’identità “plurinazionale”, un concetto del tutto nuovo nel dibattito politico cileno.

Inoltre, un’importante riforma riguarda una politica fiscale maggiormente redistributiva che permetterà a una più ampia fetta della popolazione di godere del “miracolo economico cileno”. Infine, il sistema pensionistico diventerà pubblico, rivoluzionando il sistema di fondi pensione giudicato inefficiente. Tuttavia, la priorità di Boric sarà quella di tranquillizzare gli investitori internazionali e stabilizzare i mercati. Infatti, questi hanno risposto negativamente al risultato delle elezioni.

La radicalizzazione del dibattito politico

L’identità dei due candidati del ballottaggio dello scorso 19 dicembre sono il sentore di un’ampia polarizzazione verso i due estremi dello spettro politico. Infatti, a sfidare Boric c’era José Antonio Kast, fondatore del Partito Repubblicano del Cile e dagli ideali che sfociano nell’estrema destra. Appoggiato da personaggi politici come Trump e Salvini, Kast è contro il mondo LGBTQ+, l’aborto e i flussi migratori provenienti dal resto dell’America Latina. Inoltre, si dichiara apertamente un nostalgico della dittatura di Pinochet e la sua storia familiare è a dir poco controversa. Infatti, parte della sua famiglia di origine tedesca ha avuto stretti legami con il regime hitleriano.

L’ascesa in politica di Kast deve molto alla fuga degli elettori di destra moderata verso posizioni più radicali, delusi dell’attuale presidente Sebastian Piñera. Infatti, quest’ultimo, dopo aver risposto duramente alle proteste, ha cercato di instaurare un dialogo con i manifestanti. Infine, cosciente della gravità della situazione si è anche dichiarato favorevole al referendum costituzionale. Perciò Piñera viene visto come un traditore da parte di molti elettori di destra, impauriti dalla violenza delle manifestazioni e dalle rivendicazioni dei dimostranti. In sintesi, gli elettori di Kast credono che il Cile con la sua nuova costituzione e una presidenza di sinistra diventerà presto un altro Venezuela. Un paese fallito economicamente governato da un regime che affamerà il popolo. In tutto ciò, poco importa se Boric si sia spesso dimostrato critico nei confronti dei regimi di Caracas o dell’Avana.

“Il presidente di tutti i cileni”

Allo stesso modo, poco importa che Boric abbia tentato di rassicurare i votanti di destra dicendo che sarà il “presidente di tutti i cileni”. Se da un lato Kast si è congratulato per la vittoria incontrandolo personalmente e facendo trasparire un segno di distensione e dialogo tra i due schieramenti politici, il giovane neopresidente è consapevole che dovrà far fronte a posizioni sempre più radicali in un tessuto sociale lacerato da profonde tensioni ideologiche. Al contempo, sulla traccia dei lavori dell’Assemblea costituente, Boric dovrà dare un’attuazione concreta alle riforme domandate a gran voce da milioni di cileni.

Massimiliano Marra
Massimiliano Marrahttps://www.sistemacritico.it/
Di radici italo-cilene ma luganese di nascita, attualmente studio economia e politiche internazionali all’Università della Svizzera Italiana e mi interesso di storia e relazioni internazionali con un occhio di riguardo ai contesti extraeuropei. Nel tempo libero suono il basso elettrico e vado in burn out di musica.

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