La qualità di un sistema scolastico è data da quattro cose: qualità della cultura, qualità delle relazioni umane, qualità dell’apertura alla società, qualità strutturale.
Le scuole non sono chiuse in sé, ma partecipano alla vita sociale, alla quale offrono un loro contributo, e le strutture sono tali da rispecchiare l’importanza del lavoro che si svolge in esse.
Occorre quindi che la scuola, anche per precetto costituzionale, offra il suo qualificato contributo, prima che alla formazione del cittadino e del lavoratore, alla formazione della persona umana e che questa formazione sia integrale.
Ma, oggi, la scuola si occupa più della formazione del lavoratore oppure dell’individuo?
Formare è diverso da istruire
Secondo il filosofo Umberto Galimberti, anche se non sempre ne sono consci, i giovani stanno male e la scuola si limita a istruire, ma non educa.
La formazione del lavoratore non si fa con l’alternanza scuola/lavoro: quando uno va per 80 ore a vedere qualche cosa non sta lavorando né impara a lavorare. Dal punto di vista del lavoro, non fa niente, dal punto di vista della formazione dell’individuo ancor meno. La formazione non è l’istruzione.
L’istruzione è il passaggio di contenuti mentali da una testa all’altra. La formazione ( o, se preferiamo, l’educazione) è la cura della formazione del sentimento di una persona.
I sentimenti sono culturali
I sentimenti si imparano dalle tribù primitive che raccontavano miti, alle nostre nonne che ci raccontavano storie per far capire cosa è il bene e cosa è il male, cosa è giusto e cos’è l’ingiusto, ai miti greci: Zeus era il potere, Atena l’intelligenza, Afrodite la sessualità, Apollo la bellezza, Dioniso la follia, Ares l’aggressività. Questi concetti si imparano attraverso la conoscenza.
Oggi abbiamo la letteratura come luogo dove imparare che cos’è l’amore in tutte le sue declinazioni, che cos’è il dolore, cos’è la tragedia, cos’è la noia, cos’è la disperazione. E se non parti da questi concetti come fai a gestire i tuoi stati d’animo? Perché uno che ha un sentimento non arriva a mettere in atto queste azioni che appartengono ai bulli i quali, non avendo il linguaggio, usano i gesti.
E cosa fa la scuola? Li mette fuori, li sospende? In entrambi i casi, l’educazione non viene attuata.
Meno soggettività, più prestazione
La scuola favorisce più il pensiero convergente ed il conformismo che il pensiero critico. Lo studente a scuola per lo più impara, spesso a memoria, le cose dette a lezione dal docente, che a loro volta rispecchiano quanto è scritto nel manuale, e le ripete durante l’interrogazione.
Perché a Milano, nei licei classici, non si fanno più i temi? Perché i temi sono sostituiti da quelle prove della comprensione di un testo scritto? In cui io ti do 10 parole, ogni parola che sbagli nella indicazione del significato un punto in meno? Cosa vuol dire questo?
Vuol dire che la tua soggettività (perché nel tema viene fuori la soggettività) a me non interessa perché non è valutabile. A me interessa la tua prestazione. Allora li abituiamo così, che quello che conta nell’uomo è la prestazione? No, questo non va bene.
Cosa cambiare?
Secondo Galimberti, bisogna riformare la scuola su due livelli.
Sul piano oggettivo, occorre creare delle classi di 12, 15 studenti: è impossibile seguire ed educare 35 ragazzi a livello emotivo/sentimentale.
Ed è necessario selezionare i professori sottoponendoli a un test di personalità, in modo da verificare se siano empatici: l’empatia non si impara: o si ha o non si ha, e se non si ha non si fa il professore. Se abbiano passione per il loro lavoro e se posseggano la capacità di affascinare, trascinare, sedurre, non con la propria persona, ma con la propria cultura. Non è un problema se un professore plagia una classe, il problema è se la demotiva.
La scuola deve aprire la mente, ma prima della mente deve aver aperto il cuore. Tutti noi abbiamo studiato con piacere quelle materie insegnate dai professori che ci hanno affascinato. Il bravo insegnante è quello che apre il cuore e cattura l’emotività dello studente. Non è vero che gli studenti non abbiano voglia di studiare: non vogliono studiare materie che vengono proposte male.
Più letteratura, meno lavagne elettroniche
Infine, secondo Galimberti, la scuola oggi pensa troppo a dotarsi di lavagne elettroniche e altre strumentazioni tecnologiche, quando invece “dovrebbe essere strapiena di letteratura, sopratutto di romanzi, che permettono di definire le proprie emozioni immedesimandosi nella vita degli altri”.
E’ fondamentale educare i ragazzi a prendere coscienza anche delle emozioni, a saperle riconoscere, accettare, amare e gestire.
Che tu faccia il liceo classico, il magistrale, l’istituto tecnico, costruiamo l’uomo!
Alice Mauri
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