Lo scorso 13 Luglio un attentato contro l’ex Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, lo ha colpito, ferendolo all’orecchio. Pochi centimetri hanno salvato la vita di Trump, di nuovo in corsa per la Casa Bianca.
La notizia ha riempito le prime pagine delle testate di tutto il mondo, eppure il Paese non è nuovo a tali manifestazioni di violenza.
Proiettili nella storia
Andando indietro nella storia, ma neanche troppo indietro, notiamo che sono stati molteplici gli attentati a Presidenti, o candidati a tale carica, negli Stati Uniti.
Nel 1865 il Presidente Abraham Lincoln viene ucciso mentre assiste ad uno spettacolo teatrale al Ford’s Theatre di Washington. Lincoln guidava gli stati “unionisti” del Nord nel contesto della guerra civile, che era ormai giunta alle battute finali. L’assassinio, infatti, avvenne pochi giorni dopo la resa delle truppe confederate guidate dal generale Robert E. Lee. Si trattava, quindi, di una situazione di estrema polarizzazione.
Nei decenni successivi il ventesimo e venticinquesimo Presidente degli Stati Uniti, rispettivamente James A. Garfield e William McKinley, furono uccisi durante il proprio mandato. Garfield viene ucciso a pochi giorni dall’ottenimento del mandato, nel 1881, da un suo sostenitore che pretendeva ruoli di spicco nell’amministrazione. McKinley, invece, era stato da poco rieletto quando, nel 1901, viene ucciso da un anarchico.
Nel 1963 viene ucciso J.F. Kennedy, trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti, a Dallas. Si trattava di una figura estremamente esposta per le sue decisioni interne e, soprattutto, di politica estera, nel quadro della guerra fredda.
Come si spiegano tali attentati?
Nonostante simili attentati non siano nuovi per gli USA, diversi interrogativi riguardo le ragioni di tale violenza emergono. In contesti politici e istituzionali particolarmente instabili, ad esempio nella regione latinoamericana, simili episodi si spiegano più facilmente. Qui ci troviamo, invece, in una democrazia avanzata, che, nonostante gli estremismi degli ultimi tempi, mantiene saldi i propri checks and balances.
Nonostante ciò, la storia e il sistema elettorale statunitensi favoriscono idealismi politici. Lo scenario partitico è, di fatto, costituito da democratici da una parte e repubblicani dall’altra. L’identificazione con uno o l’altro gruppo dipende sempre più da concezioni valoriali e personali. Questo estremizza la posizione di parte della società statunitense, caratterizzata, inoltre, da profonde disuguaglianze.
Inoltre, l’attentato riapre il ricorrente tema della cultura delle armi negli USA, specialmente tra i repubblicani. Ben il 45% degli elettori repubblicani possiede armi da fuoco contro il 20% di quelli democratici. Per i primi, infatti, non porre limiti al possesso di armi equivale a garantire sicurezza.
Ciò che non uccide fortifica
Torniamo al 13 Luglio. Donald Trump si trova a Butler, in Pennsylvania, per incontrare i suoi sostenitori. Il ventenne Thomas Matthew Crooks spara all’ex Presidente, sfiorando il suo orecchio destro. La scena ha una portata storica: Trump, sanguinante, alza il pugno, esclamando “fight, fight”.
L’attentato non è solamente fallito, ma diventato strumento stesso di una campagna elettorale già forte. La morte sfiorata di Trump non fa altro che alimentare il linguaggio simbolico del popolo MAGA (Make America Great Again).
There was blood pouring everywhere. And yet, in a certain way, I felt very safe because I had God on my side. I felt that.
Donald Trump, presidential nomination speech
Con tutta probabilità l’ex Presidente esce fortificato dalla vicenda.
Qualcosa di simile accadde nel 1981, quando l’allora neo-Presidente Ronald Reagan rimase gravemente ferito in un attentato che coinvolse anche la sua scorta. La grande attenzione attorno a tali fatti e l’abilità dell’amministrazione di allora di volgerli a suo favore contribuirono a creare l’immaginario di una figura forte e degna al potere.
Mancano pochi mesi alle elezioni americane e l’attentato di Luglio rappresenta per Trump un ulteriore, seppur imprevisto, tassello di una campagna fondata su un linguaggio tanto evocativo quanto violento.