Paese: Stati Uniti d’America. Anno: 1986. Regista: Rob Reiner. Cast: Wil Wheaton (Gordie), River Phoenix (Chris), Corey Feldman (Teddy), Jerry O’Connell (Vern), Kiefer Sutherland (Asso), Richard Dreyfuss (Gordie adulto), John Cusack (Denny, fratello di Gordie).
Nell’estate del 1959 a Castle Rock, una cittadina immaginaria dell’Oregon, quattro dodicenni (Gordie, Chris, Teddy e Vern) partono alla ricerca del cadavere di Ray Brower, un ragazzo scomparso da qualche giorno. I quattro amici vogliono ritrovare il corpo per essere considerati eroi da tutta Castle Rock. Ma per farlo, devono superare una serie di ostacoli e sfidare un gruppo di bulli, guidato da Asso. L’intera vicenda viene narrata da Gordie, ormai adulto, nel suo nuovo romanzo.
Vita e morte
«Nel pieno della vita, camminiamo con la morte»: dice George Dusset, il proprietario del Florida Market, prima di raccontare a Gordie di aver perso un fratello in guerra. E vita e morte si intrecciano spesso in Stand by Me: fanno parte di una grande avventura, che spinge quattro dodicenni lontano da Castle Rock. Ci torneranno dopo due giorni, un po’ più adulti, e con una maggiore consapevolezza di sé.
Bisogna crescere, del resto, per scoprire quanto vita e morte siano legate: stanno vicine, per parafrasare la colonna sonora, Stand by Me. Il film prende il titolo proprio dalla canzone di Ben E. King, ma è a un libro di Stephen King che si ispira la trama: si chiama Stagioni diverse, una raccolta di quattro racconti, uno per stagione. E se dalle storie sulla primavera e sull’estate nascono i film Le ali della libertà e L’allievo, è invece da quella sull’autunno – The Body (Il Corpo) – che trae spunto Rob Reiner.
Il regista ricostruisce uno spaccato dell’America degli anni Cinquanta, e ci aggiunge gli inconfondibili tratti caratteristici dell’Oregon: i paesaggi brulli e deserti, il sole che si riflette sui binari della ferrovia, il bosco e il fiume Royal.
L’infanzia
La storia raccontata da Gordie inizia con quattro ragazzini in una casa sull’albero. Quattro dodicenni, che però vorrebbero sembrare adulti per resistere ai dispiaceri della vita: allora fumano e giocano a carte, come i grandi. Per loro, d’altronde, l’infanzia non sempre coincide con quel momento magico – e spensierato – in cui realtà e finzione si fondono.
Sin da piccoli hanno dovuto imparare a essere duri, chi per via di un genitore violento (Teddy) o di un fratello scomparso (Gordie). Chi per colpa della società giudicante, che cataloga al primo sbaglio (Chris) o per l’aspetto (Vern). Ecco allora che ogni occasione è buona, e anche la ricerca di un corpo può diventare la scusa perfetta per un lungo viaggio, che li allontani dal dolore. Verso un’avventura, in cui non conta la meta, ma mettersi alla prova in compagnia degli amici di sempre.
L’età adulta
Viaggiare non è sinonimo solo di fuga: le difficoltà da affrontare sono ovunque. Lo scopriranno anche i quattro ragazzini, che scappano dai treni in corsa e sfidano i bulli del paese. Per farcela, però, devono rinunciare a qualcosa del passato: a un oggetto simbolico, come il pettine che Vern usa per sentirsi bello; o all’immagine da duro, che Chris si è costruito negli anni.
Ma più i quattro amici avanzano, e più scompare l’insicurezza tipica della giovinezza. Le prove li forgiano, si confrontano e insieme maturano, riscaldati dal tepore di un piccolo fuoco. E quando vita e morte tornano a intrecciarsi, Gordie, Chris, Teddy e Vern traggono dal corpo di Ray Brower la forza per rituffarsi nelle loro vecchie esistenze, a Castle Rock. Così fanno ritorno in città, cresciuti e pronti ad affrontare nuove sfide: quelle degli adulti.
Ancora una volta, tuttavia, dovranno rinunciare a qualcosa a cui tengono molto: quell’amicizia, pura e incondizionata, che solo alla loro età si può avere. Ed è così che Stand by Me, un film dal sapore dolce e amaro, incornicia con malinconia le stagioni della vita, che «vanno e vengono», come gli amici, o «i fattorini in un albergo».