Volo di notte è un libro di Antoine de Saint-Exupéry. L’autore de Il piccolo principe racconta la storia di Fabien, un aviatore che sorvola, grazie al suo aereo postale, la sconfinata America latina. Il servizio della compagnia di navigazione aerea comporta i servizi notturni, in un’oscurità che rende incerto l’esito del volo. A dirigere è Rivière, capo severo, incarnante austerità e intransigenza.
Fabien e Rivière, eroe e guida
Fabien è l’aviatore che si innalza in volo, l’eroe che sfida l’ignoto e l’incertezza. In un eroismo scalpitante, è l’ideale che va oltre l’essere e diviene azione. A lui si accompagna Rivière, la guida autoritaria che toglie da sé ciò che ritiene debolezza. Rivière vive per il lavoro e per ciò che crede essere il destino ulteriore racchiuso nel volo. Sente di muovere e di tenere tra le sue mani la vita delle persone. In un’ottica insieme lavorista e di responsabilità, Rivière tiene distante la vita per un qualcosa che crede essere più grande.
Volo di notte e la dialettica eroica
In una dialettica eroica, ciascun personaggio è caratterizzante e funzionale alla storia. Così, dall’eroe alla guida, si staglia una retorica che interpreta la notte come l’ignoto a cui si contrappone il coraggio. Se Rivière pulisce da sé qualsiasi cosa che rimandi alla “debolezza” in virtù dell’atto, Fabien è l’atto stesso. Ambedue si scagliano in un racconto che contrappone la felicità individuale al destino di Rivière. E la felicità individuale è custodita dalla moglie di Fabien: raffigura una realtà personale, un focolare domestico. Canonicamente uomo e donna si spartiscono l’eroe e la parte intima dell’eroe, a cui fa da contrappeso l’occhio vigile di una guida stoica nel suo dolore. Ma, in un quadro ove ogni essere ha un suo ruolo, si fa spazio un ispettore che porta a fatica se stesso.
L’ispettore è Robineau: l’uomo impacciato, in ricerca d’amore.
Robineau, una melanconia estemporanea
Robineau è l’ispettore della compagnia. Non può uscire dal suo ruolo, non può stringere amicizia, non può essere creativo. È bisognoso d’amore, Robineau. Sa di non piacere: è un ispettore e ciò che fa si antepone alla sua persona. Robineau scuote la testa e redige i rapporti. Come un funambolo valica tra il dovere del suo ruolo e l’amore che manca alla sua persona. Non ha la cucitura di Rivière, non sa cosa dovrebbe fare. Segue le regole e dubita, ma segue le regole lo stesso. In una melanconia latente e costante, sembra ritrarsi su di sé e al contempo proseguire. La sua unica consolazione è la geologia: in pietre conserva una dolcezza che non ha altrimenti.
Se Rivière, pur talvolta con esitazione, continua e crede nella sua traversata, Robineau è al confine tra esterno e interno.
L’essere incagliato nell’eroismo
Robineau cammina goffo in un mondo ove l’eroismo esiste su di lui. E in un mondo ove il suo è un ruolo necessario ma mediocre, la sua solitudine trova conforto in sassolini estranei al mondo stesso. In un’incertezza che stona e che è eccezione all’eroismo in volo e in terra, Robineau raccoglie in una pietra una miseria unanime. Rivière è la guida che sacrifica per un senso ulteriore, Fabien è l’azione, Simone il focolare.
Robineau è l’uomo impacciato, in cerca d’amore.
Volo di notte, un viaggio dentro l’umano
In un contesto quale “Volo di notte” i personaggi sono topoi chiari, parlanti nella loro definizione. Attraverso loro prende voce una sorta di maschera pirandelliana, che suddivide l’essere dall’apparire. E per Pirandello l’individuo è costretto al contesto e alla relativizzazione di sé. L’angustia di vivere è una catena che si risolve nella pazzia, concedente un riposo altro dal ruolo. La fatica del proprio carico è tale da comprimere e far sentire il treno fischiare.
In “Volo di notte” il dovere collettivo è portato da Rivière, l’essere che si obbliga in nome di un qualcosa che va oltre. E tra Fabien, Rivière e Simone, Robineau è colui a cui sta stretta la definizione.