venerdì, 20 Dicembre 2024

Rappresentare l’amore in un incerto 2021: la rubrica umanistica consiglia ancora

Qual è il nostro concetto di amore? Cosa associamo a questo complesso sentimento. Gli autori, nonostante non siano giunti ad una risposta concorde, hanno provato a dare forma ai loro stati d’animo ed è qui per condividerli.

#prosa

Frammenti di un discorso amoroso

Quello che viene proposto è, se si vuole, un ritratto; ma questo ritratto non è psicologico, bensì strutturale: esso presenta una collocazione della parola: la collocazione di qualcuno che parla dentro di sé, amorosamente, di fronte all’altro (l’oggetto amato), il quale invece non parla.

Chi è l’innamorato? Chi è l’uomo immobile e in movimento nell’attesa dell’amore?  Roland Barthes, in “frammenti di un discorso amoroso” delinea il vocabolario dell’amore in ordine alfabetico e non causale: il caos genera mostri. L’autore ricompone l’innamorato ed analizza il linguaggio amoroso in quanto tale. Nel definire la grammatica amorosa si serve di letture d’origine diversa, quali il Werther di Goethe e il Simposio di Platone. Insinuandosi nella collettiva necessità d’amore, Barthes traduce, con una punta d’ironia mista a consapevolezza, il cuore in parole. E le parole dell’innamorato, incompiute nell’esprimere l’illogico, sono sospese in un limbo senza pace.

L’innamorato è immerso nell’idea, parla con lei e non con l’amata:  mischiando angoscia e desiderio, gioia e dolore. Il giovane Werther di Goethe, ripreso da Barthes, è contraddizione interiorizzata: è la protesta dell’amore, irrazionale e romantica, a discapito del razionale.

Nonostante tutto, è il valore dell’amore che l’innamorato cerca, nell’attesa d’essere amato. Nonostante tutto, l’innamorato sì è felice, ma è triste. Perché ci si innamora proprio di quella persona? L’innamorato non lo sa dire, la grandezza dell’inquieto è astratta e non concretizzata. L’incapacità d’esprimersi, di realizzare il tumulto e il dialogo unilaterale è fondamento e fine di un soggetto che cattura l’immagine nella speranza di renderla eterna. È dinamicità ferma, ricordo che si ripete e voce che non sa parlare, ma dura un po’ più a lungo. L’innamorato è il volto non definito, il conflitto inevitabile. E, quando descrive l’amata, dice solo: adorabile. Adorabile: una parola priva di logica, ma piena di dolcezza.        

Non riuscendo a precisare la specialità del suo desiderio per l’essere amato, il soggetto amoroso non trova di meglio che questa parola un po’stupida: adorabile!

L’intrattabile soggetto afferma l’amore come valore in un continuum incongruente. Barthes designa l’innamorato come colui che ama l’amore, non l’oggetto amato. In un venire meno della realtà delle cose, l’irreale si sovrappone al reale e Werther cade dentro se stesso, mentre è felice e triste.

Francesca Garavalli

Le ultime lettere di Jacopo Ortis: amore e morte, suicidio e libertà

Conosciuto come il primo romanzo epistolare italiano, Le ultime lettere di Jacopo Ortis non è il classico libro d’amore, tutt’altro. L’opera è intrisa di lirismo e ispirazioni politiche, ideali, classici e la frugalità di un Veneto ancora diviso.

Foscolo dedica all’innamoramento di Jacopo e Teresa pagine meravigliose, il loro è un amore panico, puro, casto.

I due si conoscono grazie alla frequentazione della casa del signor T., padre della fanciulla, la quale, per motivi puramente economici è già promessa sposa ad Odoardo.

Essa è per Jacopo l’unica consolazione per suoi deliri politici e per la sofferenza che prova per l’esilio politico a cui egli è destinato dopo il trattato di campoformio.

Dopo estenuanti viaggi il ragazzo torna da lei e passano ore immersi nella natura e nella contemplazione. durante questi momenti essi si scambiano il primo e l’unico bacio e si confessano amore reciproco.

“Vi amo. A queste parole tutto ciò ch’io vedeva mi sembrava un riso dell’universo.”

Nonostante essi siano innamorati, lei resta comunque fedele alla promessa di matrimonio e il già fragile Jacopo si sente svuotato anche dell’ultima illusione che gli era rimasta. Privato della speranza di poter riscattare la patria e della scintilla d’amore egli decide di togliersi la vita. 

Il gesto di Jacopo è l’unica cosa che gli resta per autodeterminarsi e liberarsi dalle catene del destino. E’ un gesto di affermazione della propria libertà di scegliere e di non essere più vincolato all’inesorabile sorte.

T’amai dunque, t’amai, e t’amo ancor di un amore che non si può concepire che da me solo. È poco prezzo, o mio angelo, la morte per chi ha potuto udir che tu l’ami, e sentirsi scorrere in tutta l’anima la voluttà del tuo bacio, e piangere teco — Io sto col piè nella fossa: eppure tu anche in questo frangente ritorni, come solevi, davanti a questi occhi che morendo si fissano in te, in te che sacra risplendi di tutta la tua bellezza. E fra poco! Tutto è apparecchiato: la notte è già troppo avanzata — addio — fra poco saremo disgiunti dal nulla, o dalla incomprensibile eternità. 

Nikita Nanni

#cinema

Normal People: nient’altro che amore

Normal People è una miniserie composta da 12 episodi rilasciata ad aprile del 2020, con la regia di Lenny Abrahamson e Hettie MacDonald. Tratto dall’omonimo libro di Sally Rooney, giovane autrice irlandese.

Marianne Sheridan e Connell Waldron sono due adolescenti e compagni di classe che vivono nella cittadina Sligo, nell’Irlanda del nord. Marianne è strana, taciturna e spesso lo zimbello dei suoi coetanei. All’opposto c’è Connell, promettente atleta dall’aria tenebrosa, popolare e pieno di amici. La madre di Connell è assunta come donna delle pulizie a casa di Marianne, la cui famiglia gode di una certa agiatezza. Il ragazzo va spesso a prendere la madre al lavoro ed è così che comincia a conoscere Marianne fuori dalle mura scolastiche. 

So a cosa state pensando, a primo impatto sembrano esserci tutti i presupposti per un appassionante teen drama “all’americana”: mai copertina fu più giudicata male. Sebbene i protagonisti siano adolescenti e il fulcro del racconto sia l’amore giovanile, non si può minimamente comparare Normal People a qualsiasi altro prodotto che tratti i medesimi temi. Niente è artefatto, tutto è spaventosamente e irrimediabilmente reale.

Connor e Marianne si prendono e si perdono, si inseguono e si allontanano. Condividono tanto: la scelta dell’università, le notti insonni, le sofferenze più intime e nascoste. La grandezza del racconto sta proprio nel mostrare scorci di vita reale e farli sembrare tali: la vergogna di mettersi per la prima volta a nudo, in senso letterale e non, l’ubriaca felicità che in fretta si frantuma in mille pezzi, i miliardi di non detti che ci fanno infuriare e inveire contro lo schermo, per poi un minuto dopo pensare che è esattamente quello che succede nella vita di tutti i giorni.

Normal People è l’amore acerbo che si evolve e diventa maturo. Mentre lo guardiamo ci sentiamo capiti e allo stesso tempo profondamente incompresi. Normal People è una storia per antitesi, estremamente complicata nella sua semplicità, ma pur sempre una storia d’amore. D’altronde è San Valentino.  

Alessandra Sabbatini

Eternal Sunshine of the Spotless Mind: ricominciamo insieme (al nostro dolore)

«Il dolore fortifica», ci dicono, ma la sofferenza, quella viscerale, che ti blocca gli arti e ti immerge in un caos di buio è logorante e asfissiante. L’amore è una strana marea, ti innalza nel punto più alto, per poi trascinarti vorticosamente in basso, fino quasi a sprofondare. Dopo la fine di un idillio amoroso l’unica fonte di salvezza e di perdizione è aggrapparsi incessantemente ai ricordi, la sola sostanza che rimane tangibile e illusoriamente vicina. Ci si immerge in un circolo di finte sensazioni, odori passati, posti visitati, parole pronunciate, ricreando il finto mondo che lentamente, senza un perché, si è sgretolato.

Sarebbe più semplice sottoporti ad uno strano marchingegno in grado di cancellare completamente la nostra psiche, risvegliandoci non più contagiati da pensieri sofferti. Charlie Kaufman, con la sua straordinaria sceneggiatura, ci annovera questa bizzarra possibilità, costruendo il palcoscenico di uno dei film romantici più ricordati di sempre.

Eternal Sunshine of the Spotless Mind (Se mi lasci ti cancello, titolo discutibile nella versione italiana) diretto da Michel Gondry nel 2004, non è solo la classica pellicola strappalacrime, ma nasce e si ricrea scavando nell’abisso recondito della mente umana. Joel (Jim Carrey) e Clementine (Kate Winslet) hanno vissuto intensamente la loro storia d’amore, nonostante la grande e (insormontabile?) voragine incavata dalla loro diversità caratteriale. Clementine, dopo un litigio funesto, decide di recarsi presso una clinica, la Lacuna, per cancellare definitivamente tutti i ricordi del fidanzato e ricominciare a vivere senza un pesante tormento. Il ragazzo, dopo essere venuto al corrente della scelta della sua ex compagna, decide di sottoposi allo stesso macchinario; ma, durante la cancellazione, capisce di non voler più dimenticare e incomincia una lotta forsennata tra l’artificiosità della macchina e la lucidità della sua mente.

Eternal Sunshine of the Spotless Mind ci propone un atteggiamento alternativo alla sofferenza: non eliminare ciò che ci provoca malessere, ma accettare e convivere con esso per indirizzarsi verso una verità forse più alta. La critica lampante ruota attorno ad una società costruita di relazioni effimere, arrendevoli e velate. Togliersi la maschera e accettare sé stesso è il primo passo per accettare l’altro e per vivere l’amore senza tutte le complicazioni del caso.

Asia Vitullo

#carteggi

Corrispondenze pericolose: esistiamo perché (non) ci apparteniamo

“(tu dici che non mi hai dato sufficienti prove d’affetto, ma esiste forse un maggior affetto, un più grande onore che farmi sedere là e metterti a sedere davanti ed essere accanto a me?)” (Lettere a Milena)

Succede un giorno che uno dei massimi demiurghi dei sogni inquieti o uno dei maggiori cacciatori dell’assurdo, chiude gli occhi alla sua scrittura lucida e irreale per lasciare che sia il suo inconscio a parlare e di uno dei topoi più inspiegabili per un certo genere umano: l’amore; l’amore per Milena, per la precisione. Il Franz Kafka del Die Verwandlung (La metamorfosi), Der Prozess (Il processo), Das Schloss (Il castello) dal 1920 al 1923 intrattiene un carteggio con la sua traduttrice Milena Jesenská.

“Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda che cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta e, comunque sia, si trema sempre.”

Su un primo livello di lettura risulta, chiaramente, una corrispondenza di amore impossibile: due individui si incontrano per qualche giorno – per la traduzione di alcuni racconti di Kafka dal tedesco al ceco – e successivamente si ritrovano in una storia di pericolose comprensioni dell’altrui grammatica interiore e, di due anime che ardono l’una nella scrittura dell’altra, in preda ad astratti furori. Un manuale sussidiario di un amore vissuto nell’assenza scandisce ogni singola lettera con la fusione inesorabile del realismo magico sognante di lui e del giornalismo attivo e pragmatico di lei: è un’affinità intellettuale, creatrice di esistenze perché “in fondo non amo te, ma piuttosto la mia esistenza donatami da te.”

Su un secondo livello di lettura, emerge invece che gli strati di Lettere a Milena sono molteplici e non si soffermano solamente alla passione (quasi) amorosa di due individui conoscitori del linguaggio altrui, ma indagano profondamente alcune verità intellettuali dell’autore boemo che richiedono uno specifico lavoro critico-filologico per renderle esplicite – il successivo paragone (a cura dell’edizione critica di Guido Massino e Claudia Sonino) di Milena a donna Beatrice, i riferimenti a Dostoevskij e Nietzsche – e maneggiano una (non) materia delicatissima per il genere umano: illudersi di appartenersi per vivere nell’esistenza donata dall’Altro.

La scrittura di Kafka è resa, nell’esatto termine, personalissima: il lettore tiene per mano un carteggio di due anime che iniziano ad esistere nel miracolo della parola. Intanto, dietro Lettere a Milena l’indicibile sovrasta e domina gli autori, lasciando conversazioni mai totalmente sostitutive della loro continua mancanza: allora permane il tentativo, con un accostamento chirurgico di sillabe, di generare situazioni reali. Così, la fenomenologia scritta di questo (non) amore permette all’autore praghese, finalmente, di dare forma a ciò che dentro di sé sembrava solamente un’elaborazione visionaria, e ancora una volta, un altro realissimo sogno inquieto.

Note finali: il riferimento è rivolto a Franz Kafka in quanto le lettere di Milena a Kafka non sono state conservate. La voce di Milena rimane un mistero.

Francesca Vannini

#poesia

Rainer Maria Rilke: il dualismo tra l’amore e la paura dello stesso

Rainer Maria Rilke è il più grande poeta tedesco di tutti i tempi. Uomo cosmopolita, tormentato e pensatore. Un uomo estremamente attratto e affascinato dall’amore tanto quanto spaventato.

Amante delle donne e della femminilità ha in se un dualismo anche – e soprattutto, per quanto riguarda questo aspetto, lo si può ben notare dalla raccolta di poesie Poesie d’amore edita da Passigli Poesia;

“Non scriva poesie d’amore” diceva infatti il poeta ad un altro giovane poeta nei primi anni del novecento, portando questa frase tutta la vita come leitmotiv a scandire vicende private e questioni letterarie.

Il suo grande amore fu Lou Salomé (scrittrice e psicanalista tedesca), a cui dedicò un’intera raccolta chiamata In tuo onore. Non sempre però l’autore pubblicherà tutte le poesie d’amore, perché ciò che questo sentimento è per lui si divide tra questa attrazione quasi mortale comparata a una dolcezza che lui cerca in ogni modo di allontanare ma con risultati miseri.

“[…] è come se ci trovassimo beati e tu

gioiello dentro un palmo che si schiude

liberassi dalle mie mani stanche

la tenerezza mai bramata.”

Nei delicati versi del poeta troviamo esattamente il dualismo sopracitato.

La tenerezza mai bramata”: lo si trova quasi sorpreso a lasciarsi andare al sentimento dell’amore, e a una cosa più sottile, quale la tenerezza, mai bramata e quindi, inaspettata.

 “[..] il mio corpo fiorisce da ogni vena e più intenso

è il suo profumo da quando ti conosco;

[..] all’orizzonte resta solo il tuo sorriso.

[..] sull’altare dolcemente coronato dai tuoi seni.”

È quindi il caso di farsi cullare da questa piccola raccolta, perdersi un po’ nelle parole così nitide, in un giorno così celebrativo per uno dei sentimenti che mandano, malgrado tutto, mandano avanti il mondo: l’amore.

Claudia Fontana

#musica

Un San Valentino rock

Anche nel giorno di San Valentino, si può unire il simbolo degli innamorati con della musica rock. Alcuni pezzi racconteranno questo giorno in maniera più diretta e palese, altri in modo più criptico e oscuro.

Every time I look at you – Kiss

Cominciamo consigliando una power ballad molto rock, un marchio di fabbrica dei Kiss. Qui non c’è San Valentino in persona, ma la band sceglie di prendere una fantomatica donna come personificazione dell’amore. Gene Simmons ha raccontato che questa canzone era stata scritta diversi mesi prima, nel 1991, e aveva iniziato a comporla proprio il giorno di San Valentino. In questa canzone, i Kiss cercano di capire perché la donna amata non corrisponda il sentimento. Trasformando la domanda in una dichiarazione d’amore.

You are all I need –Mötley Crüe

Elogiata persino da Jon Bon Jovi come “la migliore ballata che i Mötley Crüe abbiano mai scritto.”

“You’re All I Need” è stato ispirato da alcuni impulsi violenti della vita reale. Convinto che la sua ragazza all’epoca lo avesse tradito con l’attore Jack Wagner, che si stava godendo un assaggio di celebrità pop con il suo singolo di successo “All I Need”, Sixx scrisse la sua canzone. Poi la suonò per la sua ex.

“Ho portato la cassetta nel suo appartamento e non ho detto nulla. Avevo solo un piccolo riproduttore di cassette e l’ho ascoltato per lei, e lei ha iniziato a piangere, e sono uscito dalla porta. Sei tutto ciò di cui ho bisogno”.

Sweet Child o’mine – Guns’ n’ Roses

È sicuramente la canzone più conosciuta dei Guns, nonché quella che li ha portati all’apice del successo nell’estate del 1988.

Si tratta di una rock ballad anticonvenzionale, perché ha un ritmo incalzante. Per Sweet Child O’ Mine, il cantante riprese una poesia che aveva scritto per Erin Everly, la sua fidanzata di allora. Alla fine i due si sposarono il 28 aprile del 1990 dopo quattro anni di fidanzamento.

Una piccola curiosità: nel video della canzone è presente anche lei!

Alice Mauri

Che sia carnale, platonico, corrisposto o univoco questo è l’amore che la rubrica vi consiglia, sperando che possa accompagnarvi nel corso di questa giornata e che possa regalarvi qualche motivo per evadere dall’incerta e caotica circostanza a cui siamo costretti.

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