lunedì, 18 Novembre 2024

Quando la zucca era ancora verde – Arte e Letteratura di un ortaggio nostrano

Mancano ormai pochi giorni a novembre, Halloween è alle porte e l’autunno ci accompagna oramai da diverso tempo. Gli alberi, già da tempo vestitisi d’arancione, si stanno lentamente spogliando e addormentando in vista del prossimo inverno. In questo periodo dell’anno siamo in quale modo accompagnati dai dolci sapori delle castagne, delle melagrane e soprattutto delle zucche. Proprio quest’ultimo ortaggio è divenuto nel tempo quasi l’emblema del mese di ottobre e, soprattutto, della festa pagana di Halloween. Ma prima che la nostra società, mediterranea, venisse raggiunta da questa tradizione celtica, la zucca aveva già da secoli ricoperto un ruolo di primaria importanza per i nostri antenati. Sebbene la classica zucca arancione sia giunta dalle America nel XVI secolo, furono molte le tipologie diffuse nel Vecchio Mondo. Proprio quest’ultime hanno lasciato tracce indelebili, non solo nel folklore e nei ricettari ma anche nel mondo della cultura, a cominciare da scrittori e artisti.

La Zucca beffarda dei romani

Prima che l’immagine tipica della zucca divenisse quella grossa e arancione, ci si poteva imbattere in diversi tipi e varietà di tale prodotto. Già i romani usavano ampiamente la zucca nel preparare le loro pietanze e tracce di ciò ci sono giunte grazie alle pagine di alcuni grandi letterati e poeti. Plinio ci racconta nella sua Naturalis Historia di come si coltivasse tale pianta e ci informa che essa è “refrigerio della vita umana e balsamo dei guai”. In uno dei componimenti di Marziale, grande compositore di epigrammi, ci viene invece riportata l’idea della zucca come “cibo povero”. Marziale mette in versi la storia di un cuoco chiamato Cecilio, celebre per servire nella propria osteria solamente piatti a base di zucca. Cecilio era talmente abile nel preparare l’ortaggio da poterlo spacciare per un altro tipo di alimento, risparmiando e spendendo “appena un asse per portare sì varie e numerose”.

Marco Valerio Marziale, Epigrammi, Liber XI, XXXI

Cecilio è l’Atreo delle zucche
così bene le taglia in mille pezzi,
come se fossero i figli di Tieste.
Subito le avrai nell’antipasto
e ne avrai ancora
alla prima portata e alla seconda
e alla terza ancora zucche avrai
e infine ancora zucche per dessert.
Torte insipide ne fa il pasticciere,
manipola con esse piatti vari
e bocconcini simili a quei datteri
che vengono mangiati nei teatri.
Con esse il cuciniere fa un impasto
che ti sembra di fave e di lenticchie,
imita ancor con esse
portate di boleti e sanguinacci
e code di tonno giovane
e piccole sardine. Il dispensiere
prova con esse la sua abilità
e, furbo diplomato,
con varia mistura di sapori
e con foglie di ruta
certe ghiottonerie confeziona
che sembran specialità capelliane.
Cecilio in questo modo
riempie scodelle e piatti lunghi,
salsiere e capace vasellame.
Tutto questo è magnifico per lui,
lo giudica elegante,
spendere appena appena un asse
per portare sì varie e numerose.

Marco Valerio Marziale, Epigrammi, Liber XI, XXXI

Una zucca per imperatore

L’opera che più di tutte ha consacrato la zucca a protagonista indiscussa della letteratura latina spetta a un intellettuale e filosofo di età imperiale: Lucio Anneo Seneca. L’Apokolokyntosis, termine greco traducibile letteralmente con “apoteosi di una zucca”, è l’unico testo di Seneca a carattere satirico. L’opera, conosciuta anche col titolo latino di De ludus de Morte Claudii, pare essere stata concepita subito dopo la divinizzazione dell’imperatore Claudio da parte del senato di Roma. L’Apokolokyntosis si fa chiaramente gioco di questa umana decisione, giocando anche sul fatto che l’imperatore aveva la fama di “non essere particolarmente sveglio”. Seneca avrebbe composto tale satira menippea per vendicarsi di un torto arrecatogli dallo stesso Claudio. Il sovrano aveva infatti esiliato il filosofo in Corsica con l’accusa di aver insidiato la sorella di Caligola, Livia. L’opera di Seneca inverte il processo di glorificazione dell’imperatore, rendendolo solo un comune ortaggio, insomma una “zucca vuota”.

La Zucca medievale, utile per la pancia e per la salute

La storia e la fama della zucca subiscono un mutamento abbastanza deciso con i secoli del medioevo. In tutta Europa, e anche in Italia, tale ortaggio rimane molto diffuso e ampiamente coltivato. Memorie di così largo utilizzo rimangono in numerosi Tacuina sanitatis. Uno di questi scritti fu composto dal più grande agronomo del medioevo occidentale: il bolognese Pietro de’Crescenzi. Nel suo Rurarlium Commodorum Libri XII (1304) tratta della coltivazione e delle proprietà di varie piante e, tra di esse, cita ovviamente la nostra zucca. De’ Crescenzi parla del nostro ortaggio col termine di “cucurbita”, nome latino, e, oltre a descriverne i metodi di semina e coltivazione, ne espone le proprietà medicinali. La Zucca e i suoi semi, preparati in particolari modi, a suo dire, aiuterebbero contro le febbri acute e i dolori del petto, a far funzionare meglio sia i reni che il fegato e a migliorare la diuresi.

Pietro de’Crescenzi, Rurarlium Commodorum Libri XII, Pagina sulla “cucurbita”

Zucche per il re di Boemia

Un altro esempio di questo genere di letteratura è l’Historia Plantarum, codice conservato a Roma presso la Biblioteca Casanatense. Databile agli ultimissimi anni del ‘300, il manoscritto fu realizzato a Milano, presso la corte di Gian Galeazzo Visconti, come dono per il re di Boemia Venceslao di Lussemburgo, meglio noto come Venceslao il Fannullone. Le sue pagine ci tramandano preziose memorie, in formato di miniatura, di come venivano attuate le varie coltivazioni sul finire del XIV secolo. Tra di esse vi è naturalmente la zucca. L’illustrazione di accompagnamento è davvero un documento formidabile. La miniatura ci mostra un tipico orto medievale, cinto da piante e staccionate, al cui interno un contadino è intento a raccogliere gli ortaggi maturi. L’immagine non solo ci testimonia alcune delle varietà di zucche che si potevano trovare nel nord Italia ma anche come potesse vestire, e con che mezzi lavorare, un agricoltore di quel tempo.

Miniatore lombardo, Historia Plantarum, miniatura dedicata alla zucca

Bere con la Zucca

La zucca è un ortaggio dalle molteplici caratteristiche e utilizzi. Anche il suo involucro, escluso ovviamente l’uso che se ne fa per Halloween, è stato nel tempo largamente impiegato. La sua scorza, indurita appositamente, fu spesso utilizzata come leggero contenitore per liquidi e oggetti. Il mondo dell’arte ci testimonia molto spesso questo suo particolare utilizzo. Non è infatti raro imbattersi in statue o dipinti in cui la zucca assume questo uso come in alcune iconografie di San Giacomo Maggiore o di San Rocco. La borraccia ricavata dalla zucca divenne, tramite questi due santi, quasi l’emblema del pellegrino tra l’epoca medievale e moderna. Si dice che con l’involucro della zucca si potessero ricavare anche comode “lampade” domestiche. è forse questo il caso che ci viene proposto in una delle più belle e celebri incisioni dell’artista tedesco Albrecht Dürer, il “San Girolamo nel suo studio”, bulino realizzato dopo il 1512.

Scultore spagnolo, Busto di San Giacomo Maggiore, a partire dal XIII secolo, Santiago de Compostela
Scultore anonimo, San Rocco col cane, XVIII secolo, Vegna
Albrecht Dürer, San Girolamo nello studio, post 1512

Una zucca come corpo

Arriviamo così agli albori di quel tempo che vide giungere dalle America quella tipologia di zucca, la cucurbita maxima, che ben presto soppiantò nell’immaginario collettivo le varie tipologie di locali. Chiunque pensi alla zucca-tipo ha in mente ovviamente questa, grande, rotonda e arancione, la classica zucca che si usa decorare per Halloween. Prima di giungere a questo momento le varie tipologie nostrane fecero il loro ingresso nel genere della natura morta e della pittura moralistica. Ecco dunque che al nostro prodotto agricolo vengono affidati messaggi di vario genere, dalla fecondità alla tentazione, dalla vita alla sfera sessuale. Giuseppe Arcimboldo nel 1590 ritrasse l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo in maniera del tutto singolare, tramutando i suoi lineamenti in una composizione fatta di frutta e verdura. Alla zucca il pittore milanese, per via dell’abbondanza e dolcezza del frutto, affiderà il ruolo di sterno, sede del cuore, centro della vita e dell’anima.

Giuseppe Arcimboldo, Rodolfo II d’Asburgo come Vertumno, 1590, Castello di Skokloster, Håbo

La Zucca fa la morale

Dalla fine del Cinquecento si inizia a sviluppare tutto un filone di pittura che vedrà largamente utilizzati ortaggi e frutti con precisi intenti moralistici. È questo il caso di una serie di opere realizzate da pittori del calibro di Vincenzo Campi e Joachim Beuckelaer. Si tratta di numerosi quadri in cui alla zucca, per via del suo essere abbondante di semi e ricca di filamenti, si affidano messaggi legati alla fertilità femminile. Compaio spesso graziose contadine e fruttivendole che, mentre espongono i propri prodotti, vengono insidiate da bruti e rozzi paesani o nel momento in cui sottolineano il proprio ventre e il proprio seno. In tali raffigurazioni le zucche vengono spesso appositamente rappresentate a metà, per sottolinearne il ricco contenuto. Tale simbologia aveva il compito di mettere in guardia le fanciulle di importanti famiglie, le uniche che potevano permettersi opere del genere, contro le insidie dell’impuro mondo esterno.

Joachim Beuckelaer, Mercato di campagna, 1566, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli
Vincenzo Campi, Fruttivendola, 1578-1581, Pinacoteca di Berera, Milano

L’avvento della Zucca “arancione”

Da questo momento in poi la zucca “americana e arancione” inizierà a prendere sempre più piede nell’immaginario collettivo fino a sfociare nella celebre Jack-o’-lantern. Ci siamo limitati ad analizzare, ovviamente, un numero ristrettissimo di casi, forse alcuni noti e altri meno, ma tracce dell’importanza che il nostro ortaggio ha avuto in epoche passate sono sparse un po’ ovunque. Arte, Letteratura, Poesia, Folklore, Teatro, Musica e Cucina sono solo alcuni degli ambiti in cui il soggetto di questo articolo diviene interprete, meglio protagonista. La memoria della zucca “nostrana” è in ogni dove.

Altri articoli dello stesso artista: https://www.sistemacritico.it/?s=danilo+sanchini

Per chi volesse sperimentare un piatto medievale a base di zucca: http://www.sweetandgeek.it/geekricette/cucina_medievale/ricetta-zuppa-zucca-medievale/

Danilo Sanchini
Danilo Sanchini
Danilo Sanchini, nato a Pesaro nel 1996. Attualmente studente di Storia dell'Arte presso l'Università degli studi di Firenze. Appassionato di Racconti, Leggende, Storie e ovviamente di Capolavori. Innamorato del bello e di ogni sua sfumatura. Scrivo per Sistema Critico da Maggio 2018.

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