Da host dei mondiali di calcio 2022 a Doha, al “Qatar-gate”, fino al ruolo di mediatore nel conflitto tra Hamas e Israele, questa piccola penisola affacciata sul Golfo Persico vuole che il mondo la veda e che la percepisca come la Svizzera del Medio Oriente.
Dove sta il Qatar: la geopolitica dei piccoli Stati del Golfo
Negli ultimi 30 anni, il concetto di diplomazia è divenuto un mandato imperativo esistenziale per la penisola Qatariana.
Il Qatar si posiziona in una delle regioni più tese del mondo, con tradizioni tribali e familiari costrette a conciliare la visione islamica dell’ordine mondiale con una westphaliana tipicamente occidentale.
La recente politica estera del Qatar è influenzata dalle Guerre del Golfo degli anni ’90, soprattutto dall’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq.
L’episodio dell’invasione del piccolo stato di Kuwait ha messo in stand-by la solidarietà Pan-Araba. Da quel momento in poi Qatar ha compreso che non solo l’Iran ma anche gli altri paesi arabi sono un pericolo per i piccoli stati del Golfo.
Come l’Iraq rivendicava il Kuwait, così l’Arabia Saudita rivendica la sovranità sul Qatar.
La strategia del Qatar
Con Hamad bin Khalifa Al Thani al potere (1995-2013), il Qatar rivendica la sua autonomia a livello internazionale e basa la strategia su tre punti.
In primo luogo, vede nel gas naturale la chiave per influire maggiormente sugli affari internazionali. Per raggiungere ciò, era necessario incrementare la produzione di gas naturale (LNG): obiettivo più che raggiunto dato che poi è diventato uno dei maggiori esportatori al mondo.
Il secondo aspetto si focalizza sulla sicurezza. Non potendo contare sulla solidarietà Pan-Araba, il Qatar si affida agli Stati Uniti. Inizia così un rapporto basato su una reciproca necessità, battezzato dalla base militare ad Al Udeid, il portaerei di Washington nel Medio Oriente, costruita con fondi qatarioti.
L’ultimo aspetto si concentra sulla campagna di soft power in media, educazione, turismo e sport per migliorare la propria reputazione a livello mondiale. In questo ambito, l’istituzione ed il finanziamento del giornale musulmano Al Jaazera ne testimonia il successo. Un’altra vittoria in questo ambito è stata dimostrata dai Mondiali di calcio FIFA 2022 tenutisi proprio a Doha, la capitale qatariana.
Diplomazia: l’imperativo costituzionale per tutelare la propria esistenza
La Costituzione del Qatar, in vigore dal 2003, afferma la mediazione come capi-saldo della politica estera del Paese. È proprio nel ruolo di mediatore che la penisola qatariana riuscirebbe a raggiungere la tanto ambita autonomia e rilevanza internazionale.
Tale principio ha permesso a Doha di adottare un approccio equilibrato nelle relazioni internazionali, mantenendo rapporti sia con i paesi occidentali che non, con l’obiettivo finale di influenzare le politiche regionali.
Uno dei primissimi esempi è stata l’influenza qatariana in supporto dei rivoluzionari della primavera araba in Libia. Supportandoli economicamente e militarmente, sfruttando la rete Al Jaazera per favorire una parte a scapito dell’altra, il Qatar ha contribuito all’eliminazione di Mu’ammar Gheddafi.
Tuttavia, la sua importanza a livello internazionale è legata al suo ruolo di mediatore. Il recente temporaneo cessate-il-fuoco nel conflitto in Palestina, per favorire il rilascio di alcuni ostaggi, ne è solo un ultimo esempio.
Il piccolo emirato sul golfo persico non soltanto contribuisce al finanziamento di Hamas, ma ospita a Doha gli uffici politici dei suoi esponenti più importanti. Hamas non è l’unico gruppo estremista a godere di questo privilegio, il Qatar adotta lo stesso approccio anche con i Talebani Afghani.
Questo suo rapporto speciale con entrambe le fazioni, “major non-NATO ally” degli Stati Uniti e compagno in oil business dell’Iran, ha portato ad elevare le sue politiche apparentemente incoerenti.
Hostage negotiations
L’emirato qatariano è stato spesso invocato per la negoziazione del rilascio degli ostaggi durante un conflitto. Durante i primi tempi dell’invasione Russa in Ucraina, è stato proprio il Qatar a riportare quattro bambini ucraini alle loro famiglie.
Per negoziare la ritirata americana dall’Afghanistan, il Qatar è stato un intermediario indispensabile tra la Casa Bianca e i Talebani, riuscendo ad arrivare al controverso peace agreement, che è stato firmato proprio a Doha.
Il suo ruolo risulta fondamentale anche ora con l’escalation tra Hamas e Israele. Parlando con i rappresentati del gruppo Hamas a Doha, Qatar è riuscito a raggiungere il rilascio di alcuni ostaggi, a patteggiare per un cessate-il-fuoco e ad estenderlo.
Citando una recente pubblicazione di Vox sul tema, possiamo descrivere la strategia qatariana con queste parole:
«Qatar is trying to carve out a global role» Gause said. «We saw that with the World Cup. We see that with Al Jazeera and with all these mediation efforts, and we see it with the Islamist strategy, and we see it with the American airbase. It’s all an attempt to make Qatar relevant and make Qatar necessary so no one will say, ‘Why do we need this little place?’»
O forse, come sostengono altri, vuole rendersi indispensabile per la stabilità internazionale così da rendere obsolete agli occhi degli altri paesi le criticità interne all’emirato, come le accuse contro il rispetto dei diritti umani.