venerdì, 20 Dicembre 2024

Porto Rico: indipendenza o prossimo 51° Stato?

Da quando nel 1898 gli Stati Uniti ne acquisirono il controllo, lo status di Porto Rico è un dilemma che tutt’oggi rimane irrisolto. L’isola caraibica è un “territorio non incorporato” sotto la sovranità statunitense, e i suoi 3 milioni di abitanti, in grandissima parte di lingua spagnola, possiedono la cittadinanza americana. Tuttavia, i portoricani non possono partecipare alla vita politica statunitense, nonostante un certo grado di autonomia a livello locale. Una situazione di sottorappresentanza che in molti sperano possa trovare una soluzione definitiva con la nuova amministrazione Biden alla Casa Bianca.

Il passato e il presente coloniale di Porto Rico

Dal XVI al XIX secolo, Porto Rico è stata una colonia dell’Impero spagnolo, tra le prime nel Nuovo Mondo. Ma con la guerra ispano-americana del 1898 le truppe americane sbarcarono sull’isola con successo. In seguito, il territorio venne ceduto agli Stati Uniti assieme ai domini spagnoli nei Caraibi e nel Pacifico quali la vicina Cuba, le Filippine e l’isola di Guam.

Nel 1917, il Congresso approvò una legge per concedere la cittadinanza statunitense alle persone di origine portoricana. Tuttavia, lo scopo era principalmente quello di rifornire l’esercito americano di nuovi soldati da mandare a combattere nella Prima guerra mondiale. Con il Nationality Act del 1940 lo ius solis statunitense si potè applicare anche agli individui nati sull’isola, mentre nel 1946 si ebbe la prima nomina di un governatore portoricano, carica eletta direttamente dal Presidente americano. Due anni dopo, per la prima volta un governatore venne eletto direttamente dal popolo.

Sulla scia di questi passi verso una maggiore autonomia, si ebbero forti spinte verso l’indipendenza, che culminarono nel 1950 con il tentato assassinio del Presidente Truman da parte dei due nazionalisti portoricani Griselio Torresola e Oscar Collazo. A questo punto, Washington acconsentì alla redazione di una Costituzione per Porto Rico, a patto che essa non modificasse il suo status territoriale.

Una cittadinanza incompleta

Con l’entrata in vigore della nuova Costituzione nel 1952, il dibattito sull’identità giuridica di Porto Rico si è intensificato a causa delle crescenti richieste per uscire dallo stato di incertezza. Il nuovo nome ufficiale del territorio, Commonwealth of Puerto Rico, ha lasciato molti dubbi su quale sia la sua corretta interpretazione. Infatti, molti hanno pensato a un nuovo status speciale che pone l’isola in bilico tra la definizione di “territorio” e “Stato”, mentre altri giuristi intendono il termine “Commonwealth” come titolo privo di qualsiasi significato giuridico.

A causa di queste ambiguità, i portoricani non godono degli stessi diritti dei cittadini nati in uno dei 50 Stati americani. Essi non possono partecipare alle elezioni presidenziali e la loro presenza al Congresso si limita a un singolo Rappresentante senza diritto di voto. Una situazione condivisa con altri territori d’oltre mare degli USA, come le Marianne Settentrionali, Guam, le Samoa Americane e le Isole Vergini, ma solo Porto Rico presenta un numero di abitanti tale da rendere imperativo un cambiamento sostanziale nella sua forma di rappresentanza.

Un altro ambito in cui si assite a un’evidente disparità riguarda gli aiuti economici da parte dello Stato. Nonostante riceva assistenza alimentare, fondi per la casa e per i trasporti, Porto Rico ha un minore accesso ai benefici erogati da Washington rispetto agli altri Stati federati, in primis i fondi Medicaid.

Nel settembre 2017, la risposta tardiva di Washington all’emergenza causata dagli uragani Irma e Maria è stata esemplificativa della lontananza delle istituzioni americane rispetto all’isola. Il disastro naturale ha colpito duramente Porto Rico causando più di 3.000 vittime e lasciando milioni di persone senza acqua potabile, cibo ed elettricità. La reazione di Washington è stata lenta e ha dato priorità alla Florida e al Texas. In aggiunta, il Presidente Trump nella sua visita alla capitale San Juan ha dato il peggio di sé, minimizzando l’impatto del disastro e lanciando pacchi di carta assorbente sulla folla. Un anno dopo la tragedia, Trump ha gridato al complotto affermando che i democratici avrebbero gonfiato deliberatamente i numeri delle vittime.

Porto Rico come nuovo Stato federato?

Il dibattito interno alla politica isolana si divide essenzialmente in tre fazioni. Da una parte gli “unionisti” del Nuovo Partito Progressista lottano a favore dell’ingresso negli USA come Stato federato a tutti gli effetti. Dall’altra, vi è il Partito Popolare Democratico (PPD), favorevole al Commonwealth, ossia al consolidamento dello status attuale di Porto Rico. Infine, una terza opzione oggi minoritaria è rappresentata dal Partito Indipendentista Portoricano.

Negli ultimi 53 anni i cittadini si sono recati alle urne ben sei volte per esprimersi sul futuro dell’isola. L’ultimo referendum non vincolante si è tenuto nel novembre 2020 e ha riconfermato la vittoria di coloro che vorrebbero Porto Rico come cinquantunesimo Stato degli USA con il 52% dei voti. Tuttavia, l’ultima parola spetta a Washington, che non sembra intenzionato ad assecondare la volontà degli abitanti dell’isola.

La riconferma data dall’elettorato portoricano è un sentore della crisi economica e sociale che da anni attanaglia l’isola. Il debito eccessivo accumulato dal paese ha portato la precedente amministrazione Trump a mettere fuori discussione la possibilità che Porto Rico possa unirsi alla federazione. Inoltre, il regime fiscale esistente sull’isola è favorevole alle aziende americane, dato che a Porto Rico non si pagano le tasse federali sul reddito. Perciò, l’adesione agli Stati Uniti comporterebbe uno svantaggio per le aziende, oltre che uno shock dalle forti ripercussioni sull’economia portoricana.

Alle considerazioni economiche si aggiungono quelle sociali. Da tempo esiste una crescente sfiducia nei confronti del governo locale. La gestione del disastro provocato dall’uragano Maria ha suscitato aspre critiche, in particolare dopo che nel 2018 furono ritrovate ventimila casse di acqua mai distribuite. L’anno seguente, l’ex governatore Ricardo Rosselló è stato travolto dallo scandalo Telegramgate, quando sono state rese pubbliche delle chat razziste e omofobe tra Rosselló e alcuni collabratori in cui venivano denigrate anche le vittime dell’uragano. Lo scandalo ha provocato le proteste della popolazione e ha costretto il governatore alle dimissioni.

In questo modo, il sentimento di sfiducia confluisce nelle istanze unioniste, nella speranza che la corsa al riconoscimento come cinquantunesimo Stato possa risolvere l’instabilità politica e la crisi economica dell’isola.

What Doomed Puerto Rico Governor Ricardo Rosselló? | Time
Le proteste del luglio 2019 contro l’ex-governatore Rosselló davanti al Congresso portoricano a San Juan (fonte: time.com / José Jimenez)

Le voci indipendentiste e il futuro di Porto Rico

Nonostante l’idea dell’indipendenza sia marginale rispetto ai movimenti per la statualità, tali fazioni hanno avuto un seguito importante lungo la storia del paese. Come rimarca Paul Lewis per NBC News, tra la popolazione vi è un patriottismo diffuso, che tuttavia non si è mai tradotto in un risultato concreto alle urne.

La deputata di origini portoricane Alexandria Ocasio-Cortez ha spesso difeso l’indipendenza di Porto Rico, identificando la possibile statualità come il culmine della colonizzazione statunitense. Anche il Comitato di Decolonizzazione dell’ONU si è dichiarato favorevole all’indipendenza e ha accusato gli USA di reiterare un rapporto di tipo coloniale con l’isola. In occasione della difficile situazione lasciata dall’uragano Maria, il Comitato ha invitato gli USA ad assumersi le proprie responsabilità per condurre i portoricani verso l’autodeterminazione.

D’altro canto, negli Stati Uniti continentali la questione di Porto Rico non sembra destare grande interesse nell’opinione pubblica. A riprova di ciò, in un sondaggio del 2017 solo il 54% degli intervistati sapeva che i portoricani fossero cittadini americani. Inoltre, alla scarsa conoscenza del tema si aggiungono le differenze culturali. Molti americani non vedono di buon occhio l’ingresso di un nuovo Stato di cultura ispanica negli USA e considerano i portoricani come una nazionalità del tutto differente.

Sarà compito della classe politica di San Juan far sentire la voce dei portoricani a Washington e rendere possibile una transizione nell’assetto politico dell’isola. In cambio, la disponibilità della nuova amministrazione Biden ad accogliere le istanze di Porto Rico è tutta da dimostrare.

Massimiliano Marra
Massimiliano Marrahttps://www.sistemacritico.it/
Di radici italo-cilene ma luganese di nascita, attualmente studio economia e politiche internazionali all’Università della Svizzera Italiana e mi interesso di storia e relazioni internazionali con un occhio di riguardo ai contesti extraeuropei. Nel tempo libero suono il basso elettrico e vado in burn out di musica.

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