Qualche mese fa ho acquistato “Cime Tempestose” di Emily Brontë . Si trattava di un’edizione speciale, ispirata alla collezione Cranford dell’epoca vittoriana. Se è vero che non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina, questo purtroppo non vale per me, che in quel caso ero stata attirata proprio dal rosa albicocca, su cui dei meravigliosi intarsi dorati creavano un delizioso motivo floreale. Alti papaveri in cui l’usuale colore rosso lasciava spazio ad un più edulcorato rosa scuro, immobilizzati in posizioni dall’impianto decisamente liberty.
Heathcliff, it’s me, Cathy, I’ve come home i’m so cold,
let me in your window
Ooh, let me have it
Let me grab your soul away
(Wuthering Heights, song by Kate Bush)
Mi immaginavo di trovare al suo interno una storia d’amore gustosamente (o fastidiosamente) ottocentesca che riflettesse la copertina. Una storia di passione, con la giusta quantità di tormento, come il titolo poteva far intendere, ma ben distribuito, ben equilibrato. Avevo impressi nella mente alcuni aforismi di Emily Bronte che si trovano sul web, come il più famoso: “Di qualsiasi cosa siano fatte le nostre anime, la sua e la mia sono fatte della stessa cosa”.
Sono bastate poche pagine per capire che non fosse esattamente così. L’amore viene completamente scarnificato di qualsiasi componente melensa, ogni personaggio ne è talmente succube da esserne condotto ad una lenta, progressiva, straziante rovina. La rosa di sensazioni e di conseguenze di cui l’amore è causa creano un intricato sistema di rapporti e relazioni umane perverse e malvagie.
L’autrice
Emily Jane Brontë nacque il 30 luglio 1818 a Thornton, nello Yorkshire. Quinta di sei figli, la sua infanzia fu precocemente segnata dalla morte della madre Maria Branwell nel 1823. Tuttavia, tutti i figli ricevettero una buona educazione e nel 1824 Emily e le tre sorelle maggiori (Charlotte, Elizabeth e Maria) frequentarono la “Clergy’s daughter school” di Cowan Bridge, nota per la sua impostazione rigida e bigotta. La possibilità di approcciarsi alla scrittura e allo studio non mancò a nessuna delle sorelle, dettaglio non indifferente nella maschilista Inghilterra vittoriana.
Per passare le lunghe giornate ventose della brughiera inglese, i fratelli e le sorelle Brontë si dedicarono tanto alla scrittura fin dall’infanzia, inventando storie e cicli narrativi come Young Men, Our Fellows e Tales of Islanders (1826-27). Qualche anno dopo il ciclo Islanders evolse nel Ciclo di Gondal, oggi perduto.
Crescendo, Emily lavorò come insegnante per una scuola del West Yorkshire, accompagnata sempre dalla vocazione per la scrittura che la portò a comporre alcune poesie che pubblicò sotto pseudonimo nel 1856.
Cime Tempestose fu pubblicato invece nel 1947 e colpì la critica tanto quanto colpisce ancora oggi chi lo legge: l’assenza di un “vissero felici e contenti” e di qualsiasi fine morale sconvolse la critica vittoriana.
Mentre era impegnata nella stesura di un secondo romanzo, oggi andato perduto, Emily morì di tubercolosi nel 1848.
La trama del romanzo
La novità del romanzo parte proprio dalla sua struttura narrativa: definita “a matriosca” a causa delle narrazioni dei singoli che si intrecciano l’una dentro l’altra. La storia è raccontata come una sorta di lungo ricordo che Ellen Dean, o Nelly (la governante della famiglia) racconta al signor Lockwood, il nuovo affittuario di Thrushcross Grange; il finale è invece ambientato l’anno successivo alla partenza di Mr. Lockwood.
I protagonisti delle vicende sono Heatcliff e Catherine Earnshaw. Il primo, adottato dalla famiglia di lei, viene cresciuto ed educato assieme ai due fratelli, Catherine e Hindley. Fin dal primo momento in cui Heatcliff varca la porta della casa colonica chiamata “Wuthering Heights” ( traducibile proprio con “Cime Tempestose“) si risveglia un legame inscindibile tra lui e la sua sorella adottiva.
Un legame sempre ostacolato ma mai davvero spento. In questo possiamo ben riconoscere una sensibilità pienamente romantica, ma ciò che questo scatena non ha mai nulla di idealizzato. Al contrario, sarà la rovina di tutti i personaggi del romanzo. L’analisi psicologica raggiunge nuovi orizzonti, soprattutto nel descrivere la gelosia, che acceca irrimediabilmente tutti i personaggi. Un sentimento che viene approfondito in tutte le sue declinazioni possibili.
Il podcast di Michela Murgia
Proseguendo nella lettura, continuavo a non trovare un singolo momento di quello spirito romanticheggiante che tanto mi aspettavo. Ogni fugace attimo in cui sembrava pallidamente delinearsi l’idea che io mi ero fatta di questo romanzo era presto distrutta dalle righe successive. Eppure l’immaginario che ci è stato tramandato del libro si riconfermava edulcorato. Il film del 2004 diretto da Fabrizio Costa non è che la perfetta rappresentazione delle aspettative che si hanno quando si inizia a leggere il libro. Un film bellissimo ma così distante dalla brutale perversione della prosa della Brontë.
Alla fine mi sono imbattuta nella serie podcast Morgana di Michela Murgia, uno dei quali dedicato proprio alle sorelle Brontë . Ho finalmente trovato qualcuno che confermasse le mie sensazioni riguardo al romanzo. Charlotte stessa, sorella di Emily , disse, dopo averlo letto:
“La forza di Cime Tempestose mi colma di rinnovata ammirazione e tuttavia sono oppressa. Al lettore non viene quasi mai concesso di gustare un piacere puro. Un raggio di sole si fa largo tra nere schiere di nubi massicce. Ogni pagina è sovraccarica di una specie di elettricità morale.”
(Charlotte Brontë)
Emily mostra come l‘odio e l’amore siano in fondo la stessa cosa. La Murgia parla di “Un capolavoro brutale e allucinato, capace di infrangere in un istante tutti i perimetri della narrativa domestica vittoria”.
Nessun personaggio è descritto positivamente, anche i protagonisti non sono affatto buoni. Catherine è viziata, irascibile e nasconde un animo selvaggio che viene in qualche modo sopito da un’educazione da “signorina per bene” ricevuta. Heatcliff, sebbene nell’immaginario sia ormai dipinto come il tipico animo tenebroso e affascinante “alla Byron“, ha in realtà una ferocia vendicativa che lo rende completamente anti-eroico. Il desiderio di vendetta, di rivalsa e questo amore viscerale per Catherine lo guidano e lo tormentano.
Un amore che- nel desiderio di essere uno nell’altro- sfocia quasi in un misticismo panteista e che Kate Bush, con la sua voce cristallina, un abito bianco e i capelli sciolti, anticipatrice delle atmosfere di Florence Welch, ha cantato negli anni ’70. Il suo capolavoro “Wuthering Heights” non è altro che il richiamo dello spirito di Catherine che tormenta Heatcliff anche dopo la morte, come lui stesso chiede:
“Catherina Hearnshaw, possa tu non riposare mai fin che vivo io! Hai detto che ti ho uccisa io.. perseguitami dunque! […] Rimani con me sempre, prendi qualsiasi forma, fammi diventar pazzo! Soltanto non lasciarmi in questo abisso, dove non posso trovarti!.”
Il loro amore non è “finché morte non ci separi”. Al contrario: sarà solo la morte a ricongiungerli.
Un romanzo figlio dei suoi tempi. Figlio di una mente geniale che – probabilmente – conobbe più sofferenza che piacere. Fin troppo tormentato anche per il gusto romantico ottocentesco, forse. Di sicuro mai rosa, e mai e poi mai harmony.