Nella seconda giornata del viaggio del Papa in Iraq, il Pontefice ha incontrato Al-Sistani, importantissimo Ayatollah e uno dei religiosi più rispettati dell’Islam sciita. L’incontro è stato storico per diversi motivi: fa parte di un percorso di apertura al mondo sciita, nell’ottica di una coesistenza pacifica fra le diverse religioni, ma ha anche un preciso significato geopolitico. Al Sistani non è amico dell’Iran, si è sempre opposto all’influenza iraniana nel paese, e la città irachena di Najaf, in cui l’Ayatollah risiede, è da sempre in competizione con quella iraniana di Qom per la supremazia tra i fedeli dell’Islam sciita. Le due scuole sono in contrasto anche perché hanno una visione opposta su quale dovrebbe essere il ruolo della religione nella politica, con al Sistani molto lontano dall’idea iraniana del clero gestore diretto e quasi assoluto del potere. Quindi, oltre che un’esplicita missione di pace in Iraq, anche un modo per definire chiaramente i rapporti di interlocuzione nell’area.
Il Vaticano nel mondo
«L’incontro è stata l’occasione per il Papa di ringraziare Al-Sistani perché, assieme alla comunità sciita, di fronte alla violenza e alle grandi difficoltà degli anni scorsi, ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l’importanza dell’unità del popolo iracheno» ha riferito il portavoce Matteo Bruni. E dal leader sciita un segno di grande rispetto: l’ayatollah non si alza mai in piedi per ricevere chi gli fa visita, ma questa volta ha fatto una eccezione, nel’incontro durato quarantacinque minuti. «Le grandi potenze diano priorità alla ragione e alla saggezza, rinunciando al linguaggio delle guerre» ha detto Ali al-Sistani, al termine dello storico incontro con Papa Francesco a Najaf, nel sud dell’Iraq. «Auspico che i leader religiosi e spirituali esortino le parti interessate, e specialmente le grandi potenze, a dare priorità alla ragione e alla saggezza rinunciando al linguaggio della guerra», si legge in una nota diffusa dall’ufficio di al-Sistani.
Il Vaticano preparava una visita del genere da decenni, senza mai essere riuscito nella missione di avvicinamento. L’incontro si inserisce nel solco della rete di rapporti internazionali con cui il Vaticano cerca di recuperare autorità ed influenza, e di ergersi ad arbitro della pace internazionale. Al-Sistani non è una figura religiosa qualunque: nei decenni passati è stato uno dei protagonisti della politica del Paese, come quando nel 2005 un suo invito convinse moltissimi iracheni a partecipare alle elezioni di quell’anno, le prime dopo l’invasione statunitense dell’Iraq e la destituzione del regime sunnita di Saddam Hussein. O come quando Barack Obama nel 2010 gli chiese aiuto per la formazione della coalizione di Governo nel Paese. Ciò che ha sorpreso dall’incontro tra i due è che normalmente Al-Sistani riceve le persone seduto, e non si alza mai. Con il Papa invece, come segno di rispetto e di fratellanza, Al-Sistani si è alzato per salutarlo e lo ha accompagnato nel divano blu a forma di L in cui tiene gli incontri, ed il Pontefice si è tolto le scarpe per ricambiare. Gesti apparentemente irrilevanti, ma di grande importanza simbolica.
L’importanza del momento
L’incontro ha assunto subito un’enorme carica simbolica: in un momento difficilissimo come questo, con la pandemia in atto e la profonda crisi economico-sociale, in un Paese come l’Iraq che vive una fase di instabilità politica cronica e che non ha ancora superato completamente il trauma ISIS, la visita del Papa ad Al-Sistani lancia un messaggio fortissimo di pace tra i popoli. Un tentativo di marginalizzare i refusi estremistici ancora presenti in Iraq ed in diversi Paesi medio-orientali, come la Siria e l’Afghanistan. Il giorno dopo il Papa si è recato ad Ur, città del patriarca dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’islam, per un incontro interreligioso per ribadire la pace tra i popoli, e nel pomeriggio è andato a Baghdad per incontrare la comunità di Caldea, la più grande minoranza cristiana del Paese, perseguitata più volte, per celebrare la Messa con rito Caldeo. Una missione duplice quella del Pontefice: consolidare le relazioni con il mondo musulmano moderato, e difendere le radici cristiane nella regione.