Nunc est bibendum! Celebre e iconica è la frase del poeta Orazio che nelle sue Odi invitava a lasciarsi andare ai piaceri del vino e dell’ebbrezza. Allegria, Euforia e Spensieratezza sono i doni che si spera possa portare con sé il dolce nettare rosso. Il vino, rosso o bianco che sia, appartiene alla nostra cultura ed è uno dei prodotti che da sempre caratterizza le civiltà del Mediterraneo. Se il greco Alceo invitava nei suoi componimenti direttamente ad “ubriacarsi” e Catullo cercava rimedio alle sue pene d’amore per Lesbia nel vino, un motivo ci sarà. I suoi tratti dionisiaci, come dei liquori in generale, sono da sempre celebrati e grandi artisti hanno voluto cimentarsi nella goliardica rappresentazione di essi. Guido Reni, Vermeer, Gherardo delle Notti, e chi più ne ha più ne metta, tutti accumunati dal voler rendere il vino vero e indiscusso protagonista delle loro composizioni.
Tutto principiò dal dio del Vino: Bacco
Da chi iniziare se non con la personificazione stessa dell’ebrietà, Bacco. Il dio del vino e della dissolutezza ci viene rappresentato in maniera assai curiosa dal pittore bolognese Guido Reni. Reni compone una immagine molto particolare, allegorica e goliardica al tempo stesso. Un Bacco infante, con la sua caratteristica corona di grappoli e pampini, beve lietamente da una ampolla il vino rubicondo.
Bacchino, bello paffuto quasi a tradire anche una certa dissolutezza in fatto di cibo, è talmente annebbiato dall’alcool da non riuscire a reggersi in piedi. Quasi inciampando, si appoggia a una botte piccola (…col suo vino buono) da cui stilla il succo rubicondo. Il pittore ironizza anche su un altro effetto del troppo bere. Bacco infatti, come il barilotto vicino, “perde liquidi”. È chiaro qui un rimando alla tradizione del putto mictans, una tipologia di raffigurazione molto in voga al tempo e spesso presente nelle fontane.
Bacco, Tabacco e Venere…
Un’altra chiara rappresentazione dell’ebbrezza ce la lascia il pittore Dosso Dossi. La tavola, dall’insolito formato romboidale, doveva in origine a far bella mostra di sé, con altri otto dipinti, sul soffitto della camera da letto del duca di Ferrara Alfonso I d’Este. La serie aveva chiaramente intenti moraleggianti, un invito a non cedere ai vizi.
La tavola raffigura l’Ebbrezza e ci mostra sempre il solito Bacco, questa volta con le fattezze di un uomo maturo. Il dio, dall’aspetto trasandato, ha in testa dei pampini rinsecchiti e tiene in mano un grosso calice di vino. Il suo sguardo, tutt’altro che sveglio, ci squadra con una espressione tra lo straniato e lo sorpreso che ben definisce il suo livello di ebrietà. Alle sue spalle vi è una giovane donna, personaggio perfettamente in sintonia col carattere moraleggiante del dipinto, in quanto allusivo ai piaceri carnali che al vino spesso si accompagnano.
Vino, Musica e Sorrisi dalle Fiandre
Il vino non è però solo e sempre ebbrezza fine a sé stessa. Nell’Olanda del XVII secolo era diffusa una specifica tipologia di dipinti in cui venivano rappresentati gli effetti “piacevoli” del bere. Uno dei campioni di questo particolare genere di pittura è Gerard van Honthorst, meglio noto come Gherardo delle Notti. Sono molte le tele che il grande maestro fiammingo ha dedicato alla gioia che il vino è capace di regalare. Gherardo fu un attento osservatore di Caravaggio tanto da derivare dalle opere del maestro lombardo l’uso attento delle luci e il taglio delle composizioni.
Nel 1623 Van Honthorst dipinse l’Allegro violinista con bicchiere di vino, un’opera dove riuscì a conciliare la tradizione fiamminga con la pratica caravaggesca. Lo spazio pittorico pare come essere sfondato, è come se oltre la superficie pittorica esistesse uno spazio vuoto da cui si affaccia, scostando il variopinto e pesante tendaggio, il nostro musico.
In vino veritas…
Il primo dettaglio che si scorge dell’opera del Rijksmuseum di Amsterdam è il paonazzo viso dell’uomo che, in un eccesso di felicità, ci mostra un bicchiere con del vino bianco, quasi volesse brindare. L’opera si presenta come un invito a lasciarsi andare all’allegria, al gusto del vino e al ritmo della musica: una vera e propria occasione di festa. Gherardo compone molti dipinti di analogo soggetto. Gli stessi elementi scenici ricorrono anche nel ritratto di un altro suonatore. Anche quest’opera, in collezione Tyssen-Bornemisza, è pervasa dallo stesso clima di euforia e spensieratezza.
Alcuni studiosi hanno però osservato che queste composizioni possano celare allegorie dei sensi e, in alcuni casi, rimandi alla sfera sessuale. La pittura fiamminga, come ci mostra anche Vermeer, è spesso caratterizzata da questi momenti, quasi tratti dalla quotidianità, dove attimi di leggerezza sono spesso accompagnati dalle dolci note del vino.
Il Vino del Convento
Un altro filone caratteristico è quello che vede protagonisti frati e monaci intenti a trattenersi con fiaschi di vino e pinte di birra. A cavallo tra la fine dell’800 e l’inizio del XX secolo si diffuse una tipologia di genere che mostra pingui fraticelli, il più delle volte ebri, in situazioni paradossali ma pur sempre verosimili. Tra i pittori più famosi che si dedicarono a questo genere va annoverato Eduard von Grützner.
Fra le sue opere più caratteristiche si può ammirare La Catastrofe. Il dipinto ci mostra dei monaci all’interno di una cantina. Uno di questi è però caduto in terra, rompendo alcune bottiglie di vino. L’autore del misfatto, probabilmente non del tutto sobrio, guarda confuso la pozzanghera rossa mentre il suo collega, avvinazzato anch’egli, quasi non riesce a trattenersi dal ridere. Grützner dipinse moltissimi dipinti simili a questo ma furono in molti a cimentarsi in opere di analogo soggetto, diffuso specialmente tra paesi mitteleuropei e Italia.
Alcool come denuncia sociale
Dall’800 in avanti il vino viene visto sempre meno come portatore di euforia e molto di più come responsabile di dissolutezza e disgregazione sociale. Lo vediamo nell’Assenzio di Edgar Degas dove l’attrice Ellen Andrée è completamente persa e annebbiata a causa del potente distillato tanto da far affermare al critico Giulio Carlo Argan come il dipinto rappresentasse “una umanità smunta e sprecata”.
Per quanto un intento moraleggiante fosse quasi sempre presente nei dipinti del passato, dal XIX secolo in poi l’idea che l’alcool costituisca un pericolo per sé e per la comunità si fa sempre più presente negli artisti. Ad un momento di gioia e di divertimento si sostituirà sempre più l’aspetto di critica sociale e di denuncia. Non più euforia e spensieratezza ma oblio e perdizione.
Alcool e pittura nell’800: https://youtu.be/QvQjDCtEawQ
Quando si beve troppo: https://www.sistemacritico.it/2021/10/21/la-bella-morte-ovvero-immortalare-il-trapasso/