Ali, uno dei grandi
Nella storia dello Sport è difficile lasciare il segno, essere grandi nella propria disciplina. E non è un caso che spesso, quelli che lasciano il segno, prima di essere dei grandi sportivi sono dei grandi, grandissimi Uomini. Da Michael Jordan a Kobe Bryant, da Valentino Rossi a Michael Schumacher, passando per Ayrton Senna, Carl Lewis, Usain Bolt, LeBron James, Michael Phelps, e tanti altri. Il denominatore comune di questi campioni è senza dubbio il Carisma: quell’impatto che danno alla loro disciplina sia a livello sportivo quanto a livello mediatico e sociale.
Ebbene oggi, 17 Gennaio 2017 vogliamo celebrare l’iniziatore di tutto ciò, la figura guida, il primo vero Uomo capace di cambiare lo Sport, la concezione di ciò che dovrebbe dare lo Sport e forse, senza cadere nell’iperbole, il mondo intero.
Esattamente 75 anni fa nasceva il pugile Cassius Clay, a Louisville, meglio noto come Muhammad Ali. Inutile sottolineare i suoi successi, i 5 regni da Campione dei Pesi Massimi e l’Oro olimpico a Roma 1960, dei mediomassimi. Il suo stile di lotta era inconfondibile, “Volava come una Farfalla, pungeva come un’Ape”, dotato di un’agilità ed una forza che spesso, non possono coincidere in uno stesso atleta. Oltre alle doti tecniche e a quelle fisiche, Clay ci sapeva fare a livello mediatico: famosissimi i suoi “Trash-Talking” prima degli incontri più importanti, per provocare l’avversario, stuzzicarlo e poi colpirlo.
The Greatest
La folla impazziva per Ali, tanto che ogni suo avversario non era quasi considerato, al massimo odiato. Celeberrima la rivalità con George Foreman, e la “Rumble in the Jungle”, il match disputato a Kinshasa, nello Zaire. La folla in quell’occasione era tutta per Ali, incitandolo con i più che noti cori “Ali boma ye” (Ali uccidilo!). E quello di Kinshasa è solo un granello di sabbia nella vastissima spiaggia qual è la carriera di Muhammad Ali. In ogni incontro, in ogni rivalità, in ogni occasione dava l’anima, combatteva non solo per se stesso, combatteva per una popolazione, un’etnia, quella afroamericana. Solo la malattia, quel maledetto Morbo di Parkinson, è riuscito a sconfiggerlo, nel Giugno 2016. L’ultimo ricordo che abbiamo di Ali è l’Olimpiade di Londra 2012 dove, visibilmente malato e aiutato dalla sua consorte, ha portato la Bandiera olimpica.
Il suo vero successo è però l’impatto che la sua immagine ha avuto nella società, ha cambiato lo spirito di generazioni, in primis verso il rispetto della disciplina, ma anche e soprattutto verso le altre persone. E’ stata la prima vera figura sportiva ad andare oltre lo Sport, a mandare un messaggio sociale, attraverso la consapevolezza della sua Grandezza. Fu cacciato da un ristorante per “bianchi” con ancora la medaglia olimpica al collo, gesto che lo spinse a gettare la medaglia stessa nel fiume. Aveva rappresentato e vinto per una Nazione che gli rifiutava persino un pasto, e che lo aveva portato a un’azione di un’assoluta forza psicologica. Senza dimenticare il rifiuto di partecipare alla guerra in Vietnam, con la giustificazione <<Nessun Vietcong mi ha chiamato Negro come fanno qui in America. Morirò qui combattendo contro di voi.>>
La vittoria più grande
Nessuno mai aveva lottato contro il nemico più grande a quell’epoca, il pregiudizio e la superiorità manifestata dai bianchi, ma soprattutto nessuno mai lo aveva sconfitto. Ali resterà sempre nel cuore e nella mente della gente, oggetto di citazioni di film, libri, canzoni, documentari, la sua anima e il suo messaggio resteranno indelebili in eterno. E se anche noi che apparteniamo a diverse generazioni successive riusciamo a parlarne in quest’ottica e ad esserne così legati è senza dubbio merito della sua personalità, della sua volontà, del suo carisma, quelle caratteristiche che gli hanno attribuito (e che nessuno staccherà mai) l’etichetta, o meglio dire la giusta denominazione, di “The Greatest”.
Enrico Boiani