Domenica 19 novembre Javier Milei vince le elezioni presidenziali argentine contro il candidato peronista Sergio Massa, Ministro dell’Economia uscente. Con un risultato del 55,69%, lo hanno votato circa 14,5 milioni di argentini.
Ma chi è il nuovo presidente?
Ministerios, Afuera!
Milei urla in un video diventato virale, ha davanti una lavagna con il sistema istituzionale argentino e inizia a strappare più della metà dei ministeri affissi su cartoncini.
Economista, inizia la sua carriera in televisione. Si dà alla politica solo di recente: è stato, infatti, eletto deputato nel 2021 e solo due anni dopo è già Presidente, correndo con il suo partito “La libertad avanza”. Un personaggio a dir poco eccentrico, a partire dall’aspetto; taglio di capelli e basette improbabili e una giacca di pelle nera che indossa sempre, indipendentemente dalla temperatura.
Si definisce “il Leone” e non manca di accompagnare ogni comizio con una breve canzone da lui stesso cantata, terminando con il motto “Viva la libertad, carajo!”. Il suo stile comunicativo attinge dagli anni in TV, è teatrale, provocatorio e aggressivo, rendendo difficile discernere il personaggio dalla persona. Ciò vale anche per le posizioni politiche.
Con l’avanzare della campagna Milei ha cercato di moderare i toni per recuperare lo svantaggio del primo turno, per cui effettivamente non è chiaro quale sarà il suo approccio da presidente. Certo è che il suo partito non ha la maggioranza né in Senato né alla Camera e che quindi sarà costretto a compromessi, ricalibrando alcune delle sue posizioni.
La retorica populista di Milei
Di estrema destra, ultraliberista e anarcocapitalista, il suo obbiettivo è quello di riportare l’Argentina alla grandeur del passato. Secondo la dinamica comune ai populisti, denuncia l’élite politica quale responsabile della disastrosa situazione economica nella quale si trova il Paese, che presenta un tasso d’inflazione medio annuo del 140%.
“Se acabò el curro de la politica”, sono finiti i giochi della politica, i privilegi accumulati da una classe sulle spalle della maggioranza, sul buon cittadino che non riesce ad arrivare a fine mese. “Buenas noches a todos los argentinos de bien”: è emblematico che nel suo primo discorso da presidente si rivolga a tutti i “veri” argentini, al popolo onesto.
Economia
“La prima cosa che dobbiamo capire è che lo stato non è la soluzione ma il problema, niente di buono esce dal settore pubblico”.
Meno lo Stato interviene nel mercato e nelle vite dei cittadini, meglio è. Per questo Milei sostiene la necessità di ingenti tagli alla spesa pubblica, in campagna parlava, infatti, di privatizzare la Sanità. La Banca centrale è da eliminare, secondo le sue parole da “far esplodere”, e bisogna promuovere la dollarizzazione dell’economia per combattere l’iperinflazione, sostituendo interamente la moneta nazionale con i dollari statunitensi, che sono già il primo bene per acquisti sul mercato nero.
Diritti
Da molti visto come il Trump latino-americano, è un negazionista del cambiamento climatico, minimizza i crimini della dittatura militare (1976-1983) e apparentemente sostiene l’indipendenza degli individui dallo Stato solo quando sono uomini. Infatti, è antiabortista e punta all’abrogazione della legge che ha legalizzato l’interruzione di gravidanza nel 2020, inoltre ha posizioni scettiche sui matrimoni omosessuali.
Persone vicine a lui ne evidenziano il carattere solitario e intollerante verso le critiche.
“Milei è profondamente antidemocratico, si arrabbia quando lo contraddicono, non vuole sentire opinioni diverse dalle sue, anche se formulate con gentilezza” afferma l’avvocato Maslatòn, ex membro de “La Libertad avanza”.
Come si può spiegare la vittoria di Milei?
Secondo il giornalista Martìn Caparròs, ad aver vinto in Argentina è stata la disperazione. Milei è stato il personaggio caricaturale in grado di rappresentare al meglio il risentimento dei cittadini verso la classe politica. La frustrazione ha portato gli argentini a votare non un programma politico ma una persona che andasse contro il sistema, che fosse dirompente, ma ora che è al potere inizia la vera sfida.
Non si sa se il nuovo presidente riuscirà ad attuare politiche concrete, ad avere un’identità a sé stante, poiché ora è lui stesso incarnazione di quella classe dirigente sulla cui critica ha basato il suo successo politico. Solo con il tempo si potrà vedere se la presidenza Milei si regge un castello di carte e se l’Argentina dovrà subire altri 5 anni di sofferenze.