Sono passati 52 anni
52 anni da quando hanno provato a soffocare una voce che, senza sosta, ha tentato di cambiare il mondo. Eppure, a distanza di così tanto tempo quei versi restano vivi, come echi nelle grande pieghe della storia. Era il 4 aprile 1968 quando a Memphis spararono a Martin Luther King, un essere umano che ha dato tutto se stesso per l’intera umanità, che ha segnato gli anni 50 e 60 del novecento con le sue battaglie per i diritti civili, per la parità, contro il razzismo e per la non violenza. Le sue manifestazioni non violente, le sue marce e i suoi comizi sono ricordati ancora oggi, a testimonianza dell’importanza che hanno avuto. Premio nobel per la pace nel 1964, in America viene tutt’oggi ricordato. Il 20 gennaio infatti si festeggia il Martin Luther King day.
Ho deciso di riprendere alcune sue frasi
Perché questo tentativo? Perché credo che in quelle parole pronunciate tanti anni fa, risieda l’essenza della speranza, la forza necessaria per rendere tutto ciò che ci circonda, noi, un po’ migliori. Ho deciso di farlo adesso perché credo che noi, tutti, ne abbiamo un disperato bisogno. Violenza, odio, antisemitismo, razzismo, disprezzo, discriminazione, sessismo, inuguaglianza, bullismo, silenzio, immobilismo. Giorno dopo giorno mi sto rendendo conto di quanto queste non siano semplici, banali parole. No, questi sono dei problemi seri e che vengono affrontati, spesso, con troppa leggerezza. Per questo, nel mio piccolo sto cercando di provare a riflettere e di far riflettere. E per fare ciò prenderò in prestito le parole di chi sicuramente, meglio di me, ha saputo lottare contro questi mali e per un mondo migliore.
“Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli.”
Anno dopo anno, anzi che dico, giorno dopo giorno, l’essere umano impara a fare qualcosa di nuovo. Più passa il tempo più il confine che separa l’impossibile dal possibile si riduce. Come disse lo stesso King, abbiamo imparato a nuotare, abbiamo imparato a volare ma ancora non abbiamo imparato ad amare. Vivere insieme, come fratelli e sorelle. Perché è vero, forse l’essere umano sarà capace di infrangere le barriere della scienza, della legge di natura, ma ancora oggi non è riuscito ad abbattere la barriera che separare se stesso dagli altri. Allora mi chiedo: e se smettessimo di volare, di nuotare e cominciassimo a camminare, fianco a fianco, fratelli e sorelle insieme, per il bene comune del nostro mondo? Una cosa è certa, vivere insieme è una semplice arte, ma restano sempre le cose più semplici quelle di più difficile attuazione.
“Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla.”
L’immobilismo, lo status quo. Come allora e credo anche oggi, sia uno dei problemi principali che ci affligge. Come individui e come collettività. Questo lasciarsi scorrere tutto addosso. Paura? Pigrizia? Soddisfazione? La dirompente energia capace di smuovere masse intere si è affievolita. Questa possente forma di energia è stata imbrigliata e ora ci ritroviamo inermi, dinnanzi alle decisioni di altre persone. Siamo ingabbiati nel pensiero immediato del: tanto cosa vuoi che conta la mia opinione. Ecco, di certo possiamo fare qualcosa in più rispetto al non fare nulla. Perciò forse dovremmo ritornare a marciare, con entusiasmo, perché si fa subito a passare da due, a cento, a mille e così via dicendo. Cerchiamo di pensare criticamente, di ragionare e di agire, perché restando fermi da che mondo è mondo, non si va da nessuna parte.
“Fino a che tutti non sono liberi, nessuno è libero.”
Queste sono parole atemporali e lo dico senza incertezza. Potremmo chiamarlo quasi il fine ultimo del nostro percorso come umanità. Arrivare ad una situazione di totale e vera libertà. E si badi bene, non si parla di anarchia. Si parla di libertà fondamentale, basilare, il requisito minimo in quanto esseri umani. Ma la cosa che più mi colpisce e lo fa da sempre è quel: o tutti o nessuno. Non c’è traccia di: prima noi, poi loro e poi gli altri. No. O tutti o nessuno. Questa grande coesione, questa forza e voglia di non lasciare nessuno indietro. Credo che questo sia uno dei più grandi insegnamenti che dobbiamo trarre dalle tante lotte del sig. King e delle sue compagne e compagni. Potremmo imparare dalle loro storie a mettere da parte il nostro ego, quei malsani pensieri del tipo: se non mi riguarda non è un problema mio. Siccome siamo tutti qua, insieme, su questa terra, il problema di uno è il problema di tutti. Ciò significa tendere al bene comune e spero che prima o poi, riusciremo a farlo veramente.
“Ho un sogno.”
Sono passati 52 anni, le cose sono cambiate, il mondo è cambiato, ma la potenza di queste parole resta solenne. Ebbene si, anche io ho un sogno, come tutti credo. Ho il sogno di vedere l’essere umano imparare la semplice arte del vivere insieme. Di vederlo abbastanza forte per camminare e cercare di cambiare le cose, gettando via il silenzio e la passività. E sogno con tutto me stesso il trionfo dell’amore. Se questo sogno è possibile o anche solo pensabile, molto lo dobbiamo a quel signore che ha messo in gioco la propria vita pur di rendere eterne delle parole, delle emozioni e dei sogni. Se oggi possiamo ambire a quel grande sogno che è la pace, l’uguaglianza e l’amore fraterno, lo dobbiamo a Martin Luther King e tutte quelle persone che si sono battuti per costruire dei ponti, capaci di far marciare generazioni e generazioni. Perciò abbiamo il dovere di non dimenticare chi ha cambiato sostanzialmente la storia recente del nostro mondo.