lunedì, 18 Novembre 2024

L’uomo della provvidenza. Uno sguardo all’ultimo libro di Antonio Scurati

Alcune considerazioni di impatto sulla nuova fatica letteraria di uno degli accademici più apprezzati in Italia. Dopo “M. Il figlio del secolo”, pluripremiato dalla critica nazionale e internazionale, con “M. L’uomo della provvidenza”, Antonio Scurati aggiunge un’altra pennellata ad una trilogia che racchiude in se i documenti e le storie di un’epoca.

Un incipit all’insegna del noir

“L’alito è pesante, il dolore addominale opprimente, il vomito è verdognolo, striato di sangue. Il suo sangue”. In questa atmosfera pesante e quasi dark inizia il nuovo libro di Scurati, edito dalla casa editrice Bompiani. Una narrazione della nascita, della vita e della morte del fascismo, e ovviamente dell’uomo che ne fu al centro, Benito Mussolini. Il titolo, “L’uomo della provvidenza” si rifà ad un commento di Papa Ratti, al secolo Pio XI. L’occasione è quella della firma dei Patti Lateranensi del 1929. Un colpo d’occhio volutamente provocatorio per il lettore, che aprendo il manoscritto si confronta con una realtà totalmente differente rispetto a quanto suggerito dalla copertina. Un colore rigorosamente nero, volto a creare un contrasto (o un parallelismo) con il bianco candore del frontespizio del romanzo precedente.

Debolezza di un capo

Sicuramente intrigante appare l’occasione e la maniera con cui Scurati decide di aprire questo secondo libro. Egli mostra infatti le debolezze del personaggio che più di tutti ha saputo fare suo uno dei motti e dei principi base dell’amico Gabriele D’Annunzio. Questa citazione, presa da uno dei componimenti più famosi del poeta, “Le vergini delle rocce”, e che proclama come “Il mondo non può essere costituito se non su la forza, tanto nei secoli di civiltà quanto nelle epoche di barbarie”, diventerà in seguito il simbolo della presupposta forza del superuomo fascista.

Benito Mussolini e Gabriele D’Annunzio in una foto del 1925 (intellettuale.net)

La debolezza del Duce si accompagna, nelle prime pagine del romanzo, a quella del Vate d’Italia, in maniera eguale ma in un certo senso opposta. Il primo, infatti, seppe riprendersi dalla malattia che lo affliggeva, identificata da Scurati nel libro con un caso di ulcera lancinante, in poche settimane. Il secondo, invece, rimase il relitto di se stesso e del poeta ed eroe nazionale della Prima Guerra Mondiale. Il grande letterato lasciò definitivamente il palcoscenico nel giro di pochi mesi, dopo l’incontro del 25 maggio 1925 al Vittoriale.

Due volte nella polvere, due volte sull’altar

Debolezza di un corpo, quello fisico, che è anche debolezza del corpo politico. L’anno di riferimento per l’overture del libro, infatti, non a caso è il 1925. Il fascismo si trova in profonda crisi in questi mesi e l’omicidio Matteotti, non autorizzato preventivamente dal Duce per le sue possibili conseguenze a livello politico (secondo quanto viene ricostruito da Scurati), rischia di annientare quel gruppo di fanatici costituitosi anni addietro nella piazza San Sepolcro di Milano.

Nonostante il momento sia critico il re sembra rimanere insensibile a quanti chiedono un’azione decisa e repentina contro l’antipolitica fascista. Primi tra tutti i secessionisti dell’Aventino, guidati da Giovanni Amendola e Luigi Albertini, gli ultimi oppositori di un’Italia sempre più “smatteottizzata”. Il movimento fascista si trova dunque nella possibilità di reagire, mentre le condizioni del suo leader migliorano e le ultime opposizioni si spengono. L’immagine della malattia di cui sono intrise le prime pagine del libro di Scurati sembra quasi scivolare via, davanti alla massa delle folle che seguono i grandi discorsi dai balconi e i proclami di fascistizzazione a Montecitorio, inneggiando al redivivo Benito Mussolini.

La prima pagina de “IL POPOLO” (newsitalia.com)

Epoche conflittuali

La scabrosità con cui viene narrato questo incipit non si risolve tuttavia in se stessa, ma accompagna in molti modi tutte le 625 pagine dell’opera. Dalle prodezze sessuali dei gerarchi fascisti e dei membri dell’opposizione lo spunto per un’altra vivida fotografia degli aspetti nascosti del Ventennio.

“L’ossessione sessuale. Ecco quel che resta”. Sono le parole che l’autore mette in bocca ad Augusto Turati. Il termometro di un’epoca conflittale non solo a livello politico ma anche a livello intellettuale e morale. Il fatto poi che la narrazione si concentri non solo su Mussolini ma anche su alcuni altri protagonisti di quest’epoca, come Rodolfo Graziani, contribuisce ancor di più a focalizzare gli aspetti oscuri e nascosti della figura del Duce e degli anni in cui esercitò il suo potere.

Dal 1925 al 1932, un inquadramento difficile

Passando attraverso i disastri della campagna coloniale africana, delle leggi fascistissime del 1926 e del rapporto faticoso tra Stato e Chiesa, il libro di Scurati assume alle volte un ritmo vertiginoso. Questo percorso tuttavia non ha il sapore di una scalata liberatoria verso la vetta altissima ma lascia più il sentore di una discesa in un pozzo molto profondo. La luce che si intravede in fondo al tunnel, con la narrazione in chiusura dell’opera della mostra della Rivoluzione Fascista del 1932 in occasione dei dieci anni dalla marcia su Roma, non sembra bastare per restituire anche solo in minima parte un rigurgito della “gloria fascista” tanto decantata dal suo condottiero.

Difficile è dare una sistemazione precisa a quest’opera in un genere letterario ben definito. Il libro di Scurati è stato definito un romanzo, una storia di fantasia, una scrittura pulp e molte altre cose ancora. Ciò ovviamente ha portato a dei giudizi estremamente negativi sul lavoro dell’autore, considerando il fatto che la confusione favorisce facilmente critiche di ogni genere. Quello che non si può negare, tuttavia, è che “M. L’uomo della provvidenza” costituisca un vero e proprio “caso letterario”, esattamente come il suo predecessore.

Non c’è due senza tre

Certamente scrivere un libro sul fascismo non è mai facile, specialmente in Italia, e di questo Scurati sembra essere consapevole. Per questo motivo probabilmente l’autore si concentra sugli aspetti vividi della realtà, creando quella sensazione di realismo che sembra essere scevra di giudizi e opinioni. Queste vengono lasciate ad appannaggio del singolo lettore. L’accusa di serialità avanzata all’autore da parte della critica, secondo la quale svanita la sorpresa del primo volume (per inciso, Premio Strega nel 2019 e in corso di traduzione in 39 paesi) Scurati sarebbe caduto in un limbo ripetuto, non può essere presa in considerazione in ragione di un semplice fatto: non è possibile staccare gli occhi da questo libro fino alla sua conclusione.

Antonio Scurati (auditorium.com)

Certamente alcune sue parti, come ad esempio quella riguardante la narrazione di Patti Lateranensi, mostrano delle lacune più o meno evidenti. Tuttavia il giudizio complessivo sul libro di Scurati non può che essere considerato positivo. In attesa ovviamente di sapere cosa riserveranno le vicende narrate nel terzo libro della serie, atteso in Italia per i primi mesi del 2022.

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Matteo Moglia
Matteo Moglia
Di marca bellunese dal 1994, laureato in Lettere Classiche e Storia Antica all'Università degli studi di Padova. Professore di greco e latino, giornalista e speaker radiofonico, lavoro tra Belluno e Padova. Plasmato della storia e della scrittura, oscillo tra il mio carattere perfezionista ed il mio pensiero relativista (non a caso sono un grande fan del maestro Battiato). Appassionato di politica, liberale convinto.

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