venerdì, 20 Dicembre 2024

L’ora degli Eurobonds

E se la risposta al Corona Virus fossero gli Eurobonds?

L’imminente crisi economica per cui non siamo preparati

Scuole chiuse, musei chiusi, ristoranti e pub chiusi, per non parlare di commercianti senza più clienti. In Italia il lockdown va avanti ormai dal 10 Marzo, e pare che ne avremo ancora per molto. Da Lunedì 23 Marzo, poi, la chiusura si estenderà ad “ogni attività produttiva che non sia strettamente necessaria”. E’ questo lo scenario da Corona Virus, e non ci vuole un genio per prevedere che il PIL di quest’anno sarà caratterizzato da una crescita con il segno meno. A riguardo non mancano pessime stime per il PIL: l’agenzia di rating Fitch prevede un -2% per l’Italia nel 2020 mentre il centro di ricerca italiano Ref Ricerche prevede una contrazione di addirittura l’8% nel primo semestre di questo anno.

Piazza Duomo a Milano deserta durante i giorni di quarantena.

La crisi virale si è trasformata in una crisi del sistema sanitario e presto, lo sta già facendo, porterà ad una nuova crisi economica mondiale. Sì, dopo la crisi finanziaria del 2008 e la crisi dei debiti sovrani del 2011 siamo di fronte ad una nuova, imminente, crisi economica, e l’impressione è che non sarà meno devastante. In più, rispetto al passato, l’imminente crisi si inserisce in un quadro già debilitato per l’economia, che vive una fase di rallentamento in tutta Europa.

Si tratta di una tragedia economica che si inserisce nella ben più grave tragedia umana, che sta registrando migliaia di morti in tutto il mondo, in un quadro in peggioramento.

Quale politica economica?

Gli Stati, generalmente, hanno due strumenti per spingere l’economia nei momenti di crisi: politica monetaria e politica fiscale. Il rischio più grande, oggi, è che non riusciremo ad utilizzare efficacemente nessuno dei due strumenti.

L’arma spuntata della politica monetaria

La Banca Centrale Europea si trova nella cosiddetta trappola della liquidità: per tenere l’inflazione al 2% (obiettivo della stabilità dei prezzi) ed evitare la spirale deflattiva che minacciava l’economia europea fino a pochi anni fa, ha già utilizzato al 100% i propri strumenti di politica monetaria e non potrà spingersi oltre, se non con strumenti non convenzionali. In realtà, la BCE utilizza già strumenti di politica monetaria non convenzionale dal 2015, con il cosiddetto Quantitative Easing, un ingente programma di acquisto di titoli pubblici e privati. Queste azioni però, hanno bisogno di essere abbinate a politiche espansive da parte dei governi nazionali, e questo non è avvenuto negli ultimi anni.

Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea dal 1° Novembre 2019

Gli strumenti non convenzionali

Certo la BCE si sta muovendo e ha già annunciato un nuovo programma di acquisto di titoli per 750 miliardi di euro (il Pandemic Emergency Purchase Program), da aggiungere ai 120 miliardi di aumento del Quantitative Easing, ma non potrà abbassare ulteriormente i tassi d’interesse, che sono già negativi. Ed abbassare i tassi d’interesse è fondamentale per aumentare gli investimenti all’interno dell’economia.

Esisterebbe poi sempre un’ultima cartuccia da sparare per la politica monetaria, quello che gli economisti chiamano Helicopter Money. La felice formula rimanda all’idea di “moneta che piove dagli elicotteri” e nella sua forma più radicale prevede il diretto accreditamento di moneta da parte della Banca Centrale nei conti correnti di imprese e famiglie. Questo strumento costituisce però una sorta di ultima spiaggia per la politica monetaria, “l’arma finale” da utilizzare solo quando tutti gli altri strumenti falliscono nel raggiungere i propri obiettivi. Insomma, uno scenario più da assalto all’arma bianca che da paradiso in cui siamo ricchi pur senza lavorare.

Helicopter Money: “Moneta che piove dagli elicotteri”

L’impossibilità di fare deficit

Pare quindi che, con la BCE nella trappola della liquidità, il fardello della recessione sia in gran parte sulle spalle della politica fiscale. Il problema è che alcuni paesi dell’Eurozona sono già enormemente indebitati e i mercati saranno restii a prestare denaro a paesi con un’economia in contrazione e con alti debiti pubblici. Banalmente se l’economia cala, il gettito fiscale cala e sarà molto più difficile ripagare i debiti in futuro. Voi prestereste i vostri soldi a chi forse non potrà restituirveli? Ovviamente no.

Una situazione critica

Per queste ragioni siamo alle porte di uno scenario fortemente problematico. Di fronte all’imminente recessione la risposta da parte dei paesi europei sarà disordinata ed eterogenea: i paesi a basso debito innalzeranno i propri deficit pubblici per dare respiro all’economia e gli altri paesi, ad alto debito, potrebbero non riuscire a fare altrettanto. Probabilmente ci troveremo di fronte ad uno scenario in cui le differenze tra i paesi del Nord Europa e quelli dell’Europa Mediterranea si allargheranno, in cui i paesi già in difficoltà saranno costretti ad affrontare ulteriori difficoltà, mettendo in dubbio la propria capacità di ripagare i debiti e creando tensioni sui mercati finanziari.

Problema globale, strumenti europei

E’ in questo scenario che gli Eurobonds, potranno, attraverso una condivisione del rischio, evitare il peggio.
La crisi economica che seguirà il diffondersi del Corona Virus sarà una crisi globale e simmetrica, ovvero colpirà tutti i paesi indistintamente. Non è un caso che il contagio si stia allargando anche agli altri paesi dell’Unione e che questi stiano adottando le stesse misure adottate dall’Italia. Problemi simmetrici vanno affrontati con strumenti simmetrici, in questo caso un’efficace politica fiscale europea e non 27 diverse politiche fiscali nazionali. Il problema è transnazionale, e transnazionale deve essere la soluzione.
Veniamo quindi agli Eurobonds.

Cosa sono?

Gli Eurobonds sono dei titoli di stato emessi dall’Unione Europea e non dai singoli Stati Membri. In parole povere, si tratta di permettere all’Unione Europea di prendere a prestito denaro dai mercati finanziari e di utilizzarlo per investimenti e per stabilizzare l’economia della zona euro.

Perché sarebbero la soluzione?

Perché gli Eurobonds potrebbero contare su una tra le economie più solide al mondo. L’Unione Europea nel suo insieme è la prima potenza economica mondiale (ha infatti un PIL più grande di quello sia degli Stati Uniti che della Cina), è il più grande mercato al mondo ed è la prima potenza manifatturiera mondiale. Prestare soldi all’Unione Europea sarebbe considerato a bassissimo rischio dai mercati e in questo modo l’Unione potrebbe beneficiare di tassi di interesse particolarmente vantaggiosi, insomma, indebitarsi ad un bassissimo costo. Senza Eurobonds ogni paese si indebiterebbe a tassi d’interesse diversi, bassissimi per paesi come la Germania, altissimi per paesi come l’Italia. Con gli Eurobonds riusciremmo tutti ad indebitarci a tassi bassissimi, e tramite una politica fiscale europea riusciremmo a superare insieme anche questa imminente crisi economica.

Quante probabilità ci sono che vengano effettivamente impiegati?

Sinceramente? Poche. Occorre essere realisti, anche se gli Eurobonds sarebbero un’ottima soluzione ad una crisi economica come quella che provocherà il Corona Virus, non verranno adottati. Nonostante gli incoraggianti segnali che provengono dalle istituzioni europee (sospensione del Patto di Stabilità) e da alcuni paesi membri (la proposta di Giuseppe Conte di utilizzare il MES e di creare i Coronavirus bonds), rimangono ostacoli politici troppo grandi. Per esempio, chi glielo fa fare ad un paese come la Germania di condividere il rischio del debito con paesi che si sono dimostrati finanziariamente indisciplinati come la Grecia e l’Italia?

L'ora degli Eurobonds
La Presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen e il Presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte

Un progetto ambizioso come quello degli Eurobonds infatti, non può essere messo in piedi dall’oggi al domani, e non può che fondarsi su un rilancio complessivo dell’integrazione europea. Ecco, fino ad oggi questo rilancio è sembrato piuttosto flebile. Pur nella consapevolezza di dover rompere molti tabù della politica economica dell’Unione per far fronte alla crisi, pare che, purtroppo, gli Eurobonds siano destinati a rimanere solo su qualche manuale di Politica Economica per ancora tanti, tanti, anni.
Mai come oggi spero di sbagliarmi.

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Alessandro Fabbri
Alessandro Fabbri
Classe '97. Dottorando in Economics all'Università di Ginevra. Cerco di raccontare il mondo con gli occhi della mia generazione, credo nell'informazione libera e nella ricchezza che nasce dallo scambio di opinioni.

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