Il Rinascimento italiano. Ah…e subito ci affollano la mente pensieri nostalgici di un’epoca che non abbiamo mai nemmeno vissuto, ma che abbiamo studiato sui libri, ammirato nei musei e nelle vie delle più belle città della penisola. La mostra in questione si trova a Fano (città natale dell’architetto Vitruvio) e sarà aperta al pubblico fino al 13 Ottobre. Con l’acquisto di un unico biglietto si potranno visitare tre mostre nella nostra provincia: a Fano, Pesaro e Urbino. Quella di Fano racconta in modo assolutamente speciale il tormentato rapporto tra Leonardo e il suo eclettico modo di raggiungere la perfezione formale tanto ricercata nell’uomo vitruviano e nei celeberrimi disegni del Codice Atlantico. Ma non ci fermiamo qui, andiamo “oltre il cerchio e il quadrato”.
Con Paolo Clini, professore al Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura dell’Università Politecnica delle Marche e uno dei curatori di questa incredibile mostra abbiamo affrontato un viaggio alla scoperta di quello che realmente è Leonardo e quale rapporto lo lega a Vitruvio (soprattutto per quanto riguarda la meccanica) e andando persino oltre…
Nel 2019 ricorrono 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, l’idea della mostra è nata però molto prima di quest’anno, perciò come si crea una mostra di questo calibro, quali persone occorrono e soprattutto, quanta pazienza?
In Italia questa mostra ha il maggior numero di disegni di Leonardo esposti che non siano in luoghi dove sono conservati solitamente. Muovere questi disegni è di una complicazione pazzesca, la cifra di ognuno è esorbitante. Per poter portare i disegni è stato costruito un modulo con tecnologie ultramoderne che in tempo reale inviano a Milano tutti i dati microclimatici sia della stanza sia di ciascuna teca in cui il disegno è contenuto. Organizzare una mostra di questo tipo, per Fano, è un evento assolutamente straordinario. Quando si ha a che fare con i disegni di Leonardo, tutto diventa complicatissimo, richiede fondi molto ingenti soprattutto per costruire questo grande blocco tecnologico per conservarli al meglio. In più, venendo dalla biblioteca ambrosiana di Milano, ovvero da un privato, il budget sale vertiginosamente. L’organizzazione di una mostra di questo calibro impiega almeno tre/quattro anni. Anche la realizzazione dell’ambiente è molto complessa ovviamente, l’architetto Antonio Ravalli è stato un maestro nell’allestire questo spazio, perché ha una parte fondamentale nel risaltare la mostra.
È la prima volta che questi disegni arrivano al lato Adriatico dell’Italia e, per questioni di conservazione, dovranno stare chiusi al buio per ben nove anni, visto che ogni volta che il disegno resta esposto un mese sotto alcune luci, richiede ben 3 anni di riposo al buio, e la nostra mostra ha una durata di tre mesi.
Paolo Clini ci spiega con la passione e l’emozione di chi si è impegnato per anni affinché tutto fosse perfetto, descrive Leonardo come se fosse un amico di vecchia data, lo racconta così, come un eclettico genio, caparbio e inarrestabile, che voleva dimostrare come cerchio e quadrato avessero la stessa area, cosa matematicamente impossibile, ma che ha un valore molto alto: il cerchio è il simbolo dell’orizzonte e il quadrato della terra, l’uomo vitruviano tocca entrambe, la ricerca dell’armonia raggiunge un traguardo vicinissimo, l’uomo diventa la misura di tutte le cose, l’essere in cui si manifestano cielo e terra nella loro totale armonia. Il sogno degli artisti è da sempre l’equilibrio tra divino e terreno, e ovviamente anche Leonardo è ossessionato da questa ricerca.
In cosa differisce la mostra di quattro anni fa da quella con cui possiamo confrontarci oggi? Possiamo dire che è sia la versione perfetta di quella precedente, dove ormai non resta più nulla da aggiungere?
In realtà questa mostra è totalmente diversa. Nel 2014 era a tema: approfondiva l’uomo Vitruviano in modo dettagliato.
Il sottotitolo della mostra è “oltre il cerchio e il quadrato” a cosa allude questa espressione?
Il senso di questa mostra è quello di mostrare un Leonardo diverso, in qualche modo è un superamento della mostra precedente. Il rapporto tra Leonardo e Vitruvio non è solo segnato dall’uomo vitruviano che avevamo già affrontato sotto ogni punto di vista nella mostra del 2014.
Questa volta andiamo oltre il cerchio e il quadrato muovendoci verso i temi della meccanica o, ancora più ampiamente, verso l’Armonia. Questa mostra pur essendo piccola è originalissima, perché finora il Leonardo “costruttore” non era mai stato affrontato in questo modo.
Anche se vissuti in epoche e contesti differenti, che rapporto vi è tra Leonardo e Vitruvio?
Tra i due intercorre quasi un rapporto di “competizione”: Leonardo non accetta di stare sotto qualcuno, l’architetto è per lui quasi un ostacolo che cerca costantemente di superare. Vitruvio non disegna quindi i disegni di Leonardo partono dalle descrizioni ed è poi a livello mentale che egli le mette in moto, trova il modo di farle funzionare. Leonardo non è tanto interessato a Vitruvio in quanto architetto, ma da lui riprende alcuni concetti ad esempio la coerenza dell’architettura. L’artista romano disse: “Un tempio per essere perfetto deve avere le dimensioni del corpo umano” e questo è anche alla base dell’uomo vitruviano. Leonardo riprende l’idea dell’organicità, dell’anatomia del corpo umano. Entrambi sono mossi da una tensione verso una perfezione frutto di Armonia, qualsiasi sia l’ambito di applicazione: dall’architettura alla meccanica.
Abbiamo poi testimonianze di Leonardo che cerca strenuamente il De architectura rivolgendosi ad amici, tra cui Francesco di Giorgio Martini, cartolai, botteghe e copisti. Purtroppo però non conosce il latino e ha sempre bisogno di aiuto per comprendere un testo già di difficile lettura. C’è una sezione della mostra che espone alcuni testimoni a stampa del cinquecento del trattato sopracitato. Tuttavia, la prima risale al 1486 e ciò fa presupporre che Leonardo consultò anche dei manoscritti del testo che allora circolavano.
Lei pensa che l’uso della tecnologia possa aiutare il mondo dell’arte ad aprirsi ad un pubblico più ampio e non di nicchia?
Certamente sì e questo fa parte del mio lavoro. Bisogna però stare molto attenti a mettere la tecnologia al servizio dell’arte e non il contrario. Se si tende ad esagerare con la tecnologia si perde completamente il senso del contenuto, soprattutto alle mostre. In questa mostra attraverso la tecnologia siamo riusciti ad andare “oltre la visione” di Leonardo, attraverso una trasposizione digitale dei disegni leonardeschi che permette di analizzare lo strumento, sviscerandolo nei più intimi dettagli e provando anche a testarne l’uso: tutto digitalmente.
Abbiamo voluto trasformare la visione di un foglio di carta nella visione del pensiero. Accanto ad ogni disegno si può vedere su un piccolo schermo tale trasposizione digitale. Abbiamo progettato una piattaforma che permette di osservare e anche di provare a utilizzare la balestra o l’odometro come se fossimo in un videogioco.
Nella prima parte della mostra, usando occhiali particolari lo spettatore può prendere parte ad un’esperienza immersiva e trovarsi guidato da Vitruvio nella leggendaria basilica fanese. C’è anche un video che cerca di spiegare il senso del disegno per Leonardo. Il disegno è il vero strumento che ci permette di conoscere l’artista, rappresenta la purezza del pensiero, ciò che si avvicina più alla sua anima. Questi disegni che rappresentano le macchine mostrano la genialità di Leonardo perché non parte da modelli esistenti che ricopia ma il processo di creazione parte dalla sua testa, e una volta costruite funzionano. Leonardo disegna di tutto, anche soggetti presi dal mondo animale o vegetale, sempre mosso da un interesse di analisi scientifica.
Lei crede che ci siano altre mostre su Leonardo ad avere una tecnologia così avanzata?
Sulle macchine siamo di fronte al primo caso di ricostruzione digitale di Leonardo con questo preciso criterio, in caso vengono costruite fisicamente ma restano statiche, non funzionano e non le si può studiare: questo approccio digitale ha permesso di analizzare il macchinario, scomporlo e capire quali forze esercitare per farlo funzionare, permette una simulazione che è esattamente quella di Leonardo quando disegnava, perciò mi piace definirlo il primo disegnatore digitale della storia. Leonardo non disegna in scala, disegnava tutto con una genialità pazzesca e una precisione unica. Disegnava tutto perché era necessario per capire al meglio come progettare la macchina e come farla funzionare.
Cosa ci dice invece su questa piattaforma che misura quanto perfette sono le proporzioni di chi ci sale? Quanto si è “vitruviani”?
Questa piattaforma viene dalla mostra del 2014, è un gioco ma non troppo, c’è un sistema di intelligenza artificiale che misura la persona che assume le posizioni del famoso disegno, misura tutte le parti del corpo e calcolando le proporzioni tra queste parti ci dice quanto siamo perfetti nella logica dell’uomo vitruviano. Quando Leonardo disegna l’uomo di Vitruvio non pensa alla bellezza come dimensione assoluta, ma pensa al concetto di bellezza che come tipico del Rinascimento si ritrova nelle stesse proporzioni e non è detto che chi è alto 1.80 m sia più “bello” di chi è 1.40 m.
A questo punto, dopo aver tanto parlato di digitale, Clini ci mostra la novità più grande di questa esibizione, che senz’altro è anche il suo punto più speciale: una macchina che in modo multimediale, attraverso i nostri gesti ci permette di scomporre le macchine di Leonardo, di ricomporle o di vederle messe all’opera. Ad esempio vediamo all’opera la macchina della balestra valorizzata attraverso un accattivante gioco digitale (come Angry Birds, n.d.a.) in cui trascinando il dito sullo schermo esercitiamo pressione per poi lasciare la presa e lanciare la pietra verso il muro in lontananza, e se siamo stati bravi, il muro crollerà.
In poche parole questa “piccola grande” mostra è un gioiello degno dei più grandi musei, la fortuna di averla qui, proprio a Fano, è impagabile e grazie ad un viaggio tra multimediale e antico ma non troppo, data la modernità di Leonardo, è stato possibile capire meglio le dinamiche del lavoro di un uomo così enigmatico e geniale: il primo disegnatore digitale della storia. Ovviamente un grazie speciale va alla nostra guida d’eccezione, Paolo Clini, che ci ha prestato gli occhi del genio rinascimentale per capire meglio il suo modus operandi e chissà, capire fino in fondo quanto sarebbe stato facile per lui lavorare e creare in un mondo come quello odierno, dove non esiste un confine tra tecnologia e arte, ma dove la prima è al servizio dell’altra.
Valentina Basili, Benedetta Mancini