L’acqua del mare si sa, è una di quelle componenti che associamo, assieme ai ponti e alle gondole, alla città di Venezia. Tutti noi abbiamo visto le immagini dell’acqua alta, fenomeno troppo spesso visto in chiave “romantica”, come una sorta di attrazione turistica. Ci sono altri casi in cui tale evento assume i connotati di una spaventosa e tremenda sciagura ed è questa la situazione che la Serenissima e i suoi abitanti si trovano ad affrontare in questi lunghi giorni. Sono ore drammatiche quelle che sta vivendo la città lagunare, ore in cui i danni e le preoccupazioni aumentano. La città dei canali è stata infatti sommersa da ben 187 centimetri d’acqua, la peggiore inondazione che si ricordi dal 1966, anno in cui si arrivò a toccare ben 194 centimetri. Drammatica è anche la situazione nel campo dei beni culturali con danni gravissimi e situazioni assai preoccupanti.
“Come è triste Venezia soltanto un anno dopo” cantava Charles Aznavour nel 1964 ma tale frase è oggi più attuale che mai. Già l’anno scorso, tra i mesi di ottobre e novembre, la città veneta fu ostaggio di una straordinaria ondata di maree, tra le più alte mai registrate nella Serenissima, che causarono ingenti danni alla stessa Basilica di San Marco. Quest’anno la situazione si è ripetuta ancora più violentemente: non solo il livello dell’acqua si è alzato sensibilmente ma mai si era verificata, da quando si registrano tali eventi, due fenomeni di acqua alta superiori a 150 cm centimetri nello stesso anno. Ciò è avvenuto tra martedì e oggi, giovedì 15 novembre, mentre il mercoledì si sono registrati ben 144 cm. Solo nel lontano 1872 la città fu vittima di una serie ravvicinata di questi fenomeni, ma in quel caso l’altezza dell’acqua si aggirò intorno a 140 centimetri.
San Marco deve resistere – il difficile rapporto tra la Basilica e il Mare
Sta facendo il giro del mondo la foto di un crocifisso ligneo settecentesco, conservato presso la Chiesa di San Moisè, riverso a testa in giù nell’acqua che ha invaso il tempio. L’immagine, per quanto faccia comprendere quanto sia persistente il problema della tutela e salvaguardia del patrimonio della città, è solo la punta dell’iceberg dei danni di questi giorni. Ad essere stata pesantemente colpita è la Basilica di San Marco e la sua cripta. Quest’ultima, posta sotto il presbiterio, è stata completamente allagata da più di un metro d’acqua. l’acqua del mare sarebbe entrata, una volta superati i 165 centimetri di altezza, rompendo le finestre e riversandosi nella cripta. “La cosa preoccupante”, afferma il procuratore della Basilica Campostrini, “è che l’acqua avrebbe potuto dare problemi statici alle colonne che reggono la basilica”. Anche il nartece è stato allagato col certo danneggiamento del mosaico che lo riveste, particolarmente sensibile alla salsedine.
“La chiesa ha una struttura di mattoni che imbevuti di acqua salata si ammalorano, mettendo a rischio la tenuta delle strutture e dei mosaici” si diceva già l’anno passato. Nel 2018 la marea aveva raggiunto i 90 centimetri d’altezza ed era durata circa sedici ore. Se questa volta i danni appaiono momentaneamente ridotti, a causa della assenza di oggetti di valore, va però ricordato che per l’edificio medievale l’acqua rappresenta un pericolo nascosto. “Resta il danno invisibile, quello delle infiltrazioni e della risalita dell’acqua lungo le pareti. Siamo stanchi e arrabbiati” chiosa Campestrini.
La parola ai Piani Alti
L’area maggiormente colpita è ovviamente la zona attigua a Piazza San Marco, una delle più soggette all’acqua alta. Salvo Nastasi, segretario generale del MIBACT, ha dichiarato che “i soprintendenti sono al lavoro e hanno messo a disposizione tutti i loro restauratori. In attesta delle valutazioni stiamo verificando ogni capitolo di spesa del MIBACT per fare il punto sui fondi da destinare al patrimonio artistico veneziano” ha dichiarato all’ANSA. Ad essere colpite sono state anche alcune delle chiese poste in area marciana, come riporta Artribune, oltre alla già citatachiesa barocca di San Moisé, famosa per conservare una Lavanda dei piedi di Jacopo Tintoretto e una Ultima cena di Palma il giovane.
Le vittime più numerose sono i libri
Danni da migliaia di euro per la famosissima libreria Acqua Alta, mentre alla Fondazione Querini Stampalia l’acqua ha invaso diverse zone tra cui la caffetteria, l’auditorium, alcuni spazi di servizio e l’area Scarpa in cui si stava svolgendo una mostra, chiusa anticipatamente, su Luigi Pericle. Si registrano anche danni nei depositi librari: “35 metri lineari di miscellanee di fine ‘800 dovranno essere urgentemente sottoposte a trattamenti di conservazione, altri 600 metri lineari circa di pubblicazioni della biblioteca moderna e periodici sono stati completamente sommersi dall’acqua” riporta il sito della fondazione. Anche il bookshop è stato invaso dalla marea, causando la perdita di molto materiale librario e di alcuni oggetti di design. Si sono invece salvate le numerose opere della fondazione tra cui la famosa Sacra Famiglia di Giovanni Bellini.
Ca’ d’Oro – da cartolina a simbolo
Nella zona di Piazza San Marco il Palazzo Ducale ha subito allagamenti al pian terreno senza però che le opere qui esposte subissero danni. La Basilica dei Frari, la Biblioteca Marciana e la Chiesa di Santa Maria Maggiore hanno subito allagamenti ma la situazione più grave si registra alla Ca’ d’Oro. La Galleria Giorgio Franchetti alla Ca d’Oro è forse il simbolo di questa ondata di maree sensazionale, tanto da essere chiusa a data da destinarsi. Per quanto anche in questo caso non siano state toccate le collezioni, va segnalato che l’intero piano terra è sommerso dall’acqua e con esso la corte interna. Se a prima vista le foto possono sembrare possedere un certo piglio “romantico”, dovuto ai riflessi dell’acqua e alla situazione inusuale, esse nascondono una realtà di danni materiali ingentissimi. Gli apparecchi elettrici sono ovviamente fuori uso e, mancando l’elettricità, viene meno la possibilità di usare le pompe.
Dall’acqua può nascere il fuoco
Sempre a causa delle apparecchiature elettriche è scoppiato un cortocircuito presso la Galleria Internazionale d’Arte Moderna Ca’ Pesaro. L’incendio che ne è scaturito è divampato al piano terra e, per quanto sia stato domato in tempo, ha causato il crollo di un solaio nel medesimo settore. Anche qui, fortunatamente, non si registrano danni alle opere d’arte ma resta solo tanta paura e la consapevolezza del pericolo scampato. Ca’ Pesaro è dunque chiusa e l’inaugurazione della mostra dedicata a Umberto Moggioli rinviata. Pure la struttura che ospita la Collezione Peggy Guggenheim ha subito allagamenti senza però riportare danni. Caso particolare è invece quello della Biennale che già si stava avviando alla chiusura dell’evento, previsto per domenica 24 novembre. Qui sono stati l’Arsenale, i Giardini ed alcuni padiglioni dislocati ad essere stati allagati. Se alcuni di essi sono stati riaperti il giorno dopo, altri, come quello dell’Islanda, attendono ancora la riapertura.
Solidarietà alla Cultura
Situazione diversa per il celebre Teatro la Fenice dove l’acqua ha allagato tutta la parte sottostante alla struttura e i locali tecnici. Senza che tutto il comparto elettrico e le pompe fuori uso La Fenice si sarebbe apprestata ad iniziare la sua stagione teatrale il 24 novembre, data che però è stata al momento sospesa. Bello il gesto del primo cittadino di Milano Giuseppe Sala che ha deciso di attuare, presso il Teatro alla Scala, una raccolta fondi in sostegno del teatro veneziano durante lo spettacolo del trittico di balletto con il Boléro di Ravel in programma per venerdì 29 novembre.
Tantissimi sono stati dunque i danni alle attività commerciali, al patrimonio pubblico e agli edifici di interesse culturale. Un quadro completo dei danni lo si avrà solo ad emergenza conclusa, solo allora saremo in grado di definire quanto si è realmente perduto. Venezia è una città fragile ed è dovere di tutti cercare di assicurare, alla Serenissima e ai suoi abitanti, un futuro saldo e certo. Il problema della tutela del patrimonio è cosa oggi più presente che mai ed è ora che si prendano provvedimenti seri, non solo vagheggiarli in occasione di tali catastrofi.
Danilo Sanchini