Divorare un luogo è possibile, eppure il confine tra sapere e sapore rimane costante. La scrittura di viaggio esiste, ma solo dopo i sensi. Le sensazioni sanno fungere da manuale sussidiario per vivere un luogo nella sua interezza, superando anche la pre raffigurazione creata dalla natura stessa dell’uomo: Esperimento Marsiglia può essere il maestro.
Cibo come essenza del luogo
Esiste una collana di libri che si chiama Allacarta e raccoglie scrittori contemporanei che raccontano il mondo attraverso il cibo. Paolo di Paolo è uno di loro ed Esperimento Marsiglia è la sua rappresentazione.
Se siamo come pesci dello stesso mare, se giochiamo con questa metafora, allora non è assurdo pensare al mondo come a una zuppa, un’immensa bouillabaisse. (Esperimento Marsiglia, Paolo di Paolo, EDT editore)
La famosissima zuppa di pesce di Marsiglia diventa la trasposizione dell’essenza stessa della città: deve essere un sapore che rievoca le vibrazioni del luogo, quindi rimandare a un posto poco passionale, omogeneo, come le voci locali narrano della cucina di Provenza.
A questo punto il lettore non si sorprende quando l’autore-citando lo scrittore Jean-Claude Izzo- aggiunge che bisogna diffidare da chi non apprezza la semplicità, purezza degli ingredienti ultimi della Bouillabaisse e che diffida del basilico: è la cucina povera che disdegna la ricca borghesia, il sapore accessibile a pochi, ma al tempo stesso di tutti.
E se a Izzo, quando mangia, piace sentire vibrare Marsiglia sotto la lingua, allora Paolo di Paolo propone, attraverso un itinerario culinario, una nuova mappa autentica: una geografia culinaria fatta di ristoranti, tavoli, profumi e sapori del luogo, per poter vivere totalmente Il luogo.
Il senso del gusto ricorda altro
Lungo cours Julien si incontrano cucine multietniche e quindi spezie ed odori che non appartengono propriamente a Marsiglia, eppure contribuiscono a definire il modo in cui è stata smussata e allora diventano propriamente di Marsiglia. Di conseguenza, la scrittura di viaggio si sofferma anche su ciò che sembra non essere mai appartenuto al luogo: i ristoranti etnici.
Taine, il filosofo naturalista del xix secolo, scrisse che Marsiglia è come una Liverpool nel sud della Francia. (Paolo di Paolo, Esperimento Marsiglia, EDT editore)
Per poter cogliere il vero significato di cucina etnica è necessario richiamare l’antropologia alimentare, che definisce “cibo etnico” l’insieme degli alimenti originari del patrimonio e della cultura di un gruppo etnico , elementi che, al di là del caso specifico di Marsiglia, sono ampiamente diffusi anche in luoghi di turismo. Paolo di Paolo tenta di andare oltre alla divisione “cucina locale e cucina estranea” e individua un binomio: dal sapore delle spezie straniere il viaggiatore deve capire altro.
Sapori ognuno con una propria storia, migrazione, ma anche contaminazione: il cinese presentato a cours Julien cosa propone del cinese take away che si ordina dalle proprie case? E perché la scrittura di viaggio dovrebbe interessarsi anche di questo melting pot culinario?
Il taccuino di viaggio deve essere autentico, riproporre il luogo in carne ed ossa, allora deve considerare ogni elemento, ogni variazione e crescita del posto: andando al di là della divulgazione virtuale e delle aspettative tradizionali.
L’illusione e la sovrapposizione del luogo
Quale esperienza alternativa offre la scrittura di viaggio? In un’intervista rilasciata al Festival del Giornalismo Culturale nella città di Fano, l’autore di Esperimento Marsiglia ricalca la necessità di non affidarsi alla pre raffigurazione del luogo, ma di definire tutti i lineamenti, anche inaspettati, che si incontrano della località.
E’ necessario porre attenzione a due fenomeni: la travel blog\travel influencer e la pre-immaginazione del luogo tipica della natura umana. Chiariamo: la travel blog è un modo di raccontare un’esperienza di viaggio tramite diverse piattaforme, variano da blog a canali social; la pre-immaginazione del luogo, invece, la vedremo tra poco. Sentire come se si avesse già vissuto quel luogo, illudersi di esserci già stati, illudersi di aver già visto tutto. Esistono una quantità di sensazioni che non c’entrano con l’esperienza diretta e così anche i luoghi più estremi ci sembrano familiari.
La geografia emozionale esiste, ma è difficile definirla. Secondo la scrittrice Giuliana Bruno, secondo la sua pubblicazione Atlante delle emozioni:
Vedere e viaggiare – sostiene l’autrice – sono inseparabili, e lo dimostra grazie a un montaggio evocativo di parole e immagini che trasformano il voyeur in voyageur, rivelando che non solo sight (vista) e site (luogo), ma anche motion (moto) ed emotion (emozione), sono irrevocabilmente connessi.
Atlante delle emozioni o geografia emozionale, Giuliana Bruno registra la nostra percezione dei luoghi, antiscientifica, un’emozione stratificata ai luoghi ma che si sofferma anche su come i materiali culturali agiscono su di esso. Di conseguenza, è possibile una sovrapposizione tra l’immagine che l’uomo ricerca nel luogo e quella reale che trova: allora il luogo perde la sua purezza primitiva ed è solo una conferma della pre-raffigurazione umana.
E appena ebbi riconosciuto il sapore del pezzetto di madeleine, inzuppato nel tiglio, (…)subito la vecchia casa grigia sulla strada, dove era la sua camera, si adattò, come uno scenario di teatro(…)così, ora, (…) tutto questo che sta prendendo forma e solidità, è emerso, città e giardini, dalla mia tazza di tè. (M. Proust, Alla ricerca del tempo perduto, vol. I: Dalla parte di Swann)
Dalle madeleine di Proust, gli amati biscotti evocatori dei più profondi ricordi dell’autore, fino all’esaltazione dei cinque sensi -tranne la vista e il tatto, l’opera è rimasta incompiuta- nel Sotto il sole giaguaro di Italo Calvino, i sensi sono elementi fondamentali, e forse dimenticati, per l’esperienza dell’uomo.
Ci si chiede se la scrittura di viaggio può prescindere dai dettagli, in che modo può offrire un’esperienza totale: affidarsi ai sensi è una scelta.
Sentire vibrare Marsiglia sotto la lingua è una scelta necessaria: un’ educazione per imparare a vivere pienamente qualcosa. La scrittura di viaggio allora bisogna rinnovarla, mantenerla accesa nel giusto modo: sentire visceralmente l’essenza del viaggio, andare al di là della divulgazione virtuale, rompere il confine tra sapere e sapore.
Accorgersi al di là della tecnica di scrittura, che vita è anche tutto questo e che il linguaggio può coincidere con l’esperienza, se con le giuste parole.