Domenica a Minsk è andata in scena una delle più grande marce di protesta, con migliaia di bielorussi scesi in strada e nelle piazze, a manifestare contro il regime di Lukhashenko, accusato di aver truccato le elezioni del 6 agosto, con cui è stato riconfermato presidente con l’80% dei voti. La protesta arriva dopo giorni di tensione tra manifestanti e polizia, che è stata accusata da opposizione e altri paesi europei di aver represso violentemente il dissenso contro il regime, arrivando a trasformare le carceri in luoghi di tortura nei confronti dei manifestanti arrestati. Il bilancio di queste proteste, vede almeno un morto e migliaia tra feriti e fermati.
L’ultimo alleato della Russia
Quella di Minsk, per molti, rimane l’ultima dittatura nel cuore dell’Europa, con Aleksandr Lukhashenko al potere da 26 anni. Egli, è e un ex militare bielorusso, diventato successivamente direttore, nel 1985, di una sovchoz(grande fattoria) dello stato. Scende in politica nel 1990, venendo eletto deputato del soviet bielorusso. Nel 1994 alle prime elezioni democratiche del paese,vince al primo turno e al secondo, con l’80% dei voti. Da quel momento, le successive elezioni hanno visto sempre una sua rielezione, sempre con il sospetto di brogli elettorali. Parallelamente con lui al potere, la Bielorussia, ha instaurato un forte alleanza con la Russia, cercando, però, di mantenere rapporti con Bruxelles. Ma negli ultimi anni il paese, è entrato sempre più nell’orbita di Mosca, diventando, rispetto agli altri ex paese satelliti, ultimo alleato della Russia nell’Europa dell’est.
Una nuova Maidan
Quello che sta accadendo in Bielorussia, rischia di creare un nuovo strappo tra l’occidente e la Russia. Mosca, che difende il risultato del voto e sostiene la repressione del regime bielorusso, teme che il paese si trasformi in una nuova Ucraina; che nasca un movimento ispirato alla rivolta di piazza Maidan a kiev nel 2014, costringendo la Russia ha dover affrontare un nuovo terreno di scontro con Bruxelles e Washington, e spaventata dal perdere uno degli ultimi alleati nel continente, soprattutto nell’est Europa, in un momento di crisi causata dalla pandemia di covid-19. La stessa Ue e gli Stati uniti, non sembrano intenzionate a prendere una posizione netta, nonostante siano state paventate possibili sanzioni contro il governo di Minsk, stremati dalla crisi economica, sanitaria e sociale, legata a covid-19, e impegnate prevenire una seconda ondata della pandemia.
Tra paura e speranza
Per l’opposizione al regime, rappresentata dalla sfidante di Lukhashenko in queste elezioni,Svetlana Tikhanovskaya, costretta a rifugiarsi in Lituania; la rivolta rischia di diventare un’occasione persa di cambiamento, senza il sostegno dell’occidente. Il regime, forte dell’alleanza con Mosca, ha dimostrato di essere pronta a usare qualunque mezzo per non perdere il potere. In questi giorni la repressione ha raggiunto livelli inimmaginabili, con le foto e le testimonianze dei manifestanti torturati nelle carceri di Minsk. Il rischio è che la rivolta si trasformi in uno scontro armato, con lo spettro di una nuova Maidan e una nuova guerra, come nell’est dell’Ucraina, nel cuore dell’europa. In un momento in cui sia Washington Bruxelles e Mosca devono affrontare le conseguenze dell’emergenza Covid-19.