La sentenza conosciuta come Roe v. Wade del 1973 garantiva l’accesso all’aborto negli States a livello federale. Ieri, 24 giugno 2022, la Corte Suprema ha revocato questo caposaldo della legislazione sull’interruzione volontaria della gravidanza, demandando di fatto a ciascuno stato la competenza di decidere su come regolamentare la materia. Così facendo, gli Stati Uniti fanno un passo indietro di 50 anni.
Molti stati governati dai Repubblicani avevano già in serbo apposite leggi da far entrare in vigore subito dopo la decisione dei giudici: si tratta delle cosiddette “trigger laws”. Infatti, già da venerdì nove stati hanno vietato l’aborto nella gran parte dei casi e si prevede che nei prossimi giorni o nelle prossime settimane molti altri faranno lo stesso. A causa di tali provvedimenti per milioni di donne sarà da adesso estremamente complesso veder garantito il diritto all’aborto.
I primi provvedimenti
I nove stati che hanno vietato fin da subito l’aborto nella gran parte dei casi sono: Alabama, Arkansas, Kentucky, Louisiana, Missouri, South Dakota, Utah, Wisconsin e Oklahoma, dove già a maggio era stata approvata una legge che lo vietava quasi del tutto.
Se lo Utah consente l’interruzione di gravidanza in caso di stupro, incesto e grave pericolo per la vita della donna, l’Arkansas invece lo prevede solo per quest’ultimo caso. Così come il Missouri, il primo ad aver approvato una “trigger law”, che permetterà l’aborto solo in caso di grave rischio per la salute della donna, prevedendo di punire chiunque lo provochi per altri motivi con pene fino a 15 anni di carcere.
È molto probabile che questi stati siano solo i primi a prendere tali provvedimenti e che con il ribaltamento della sentenza “Roe v. Wade” l’aborto verrà proibito o comunque fortemente limitato anche in altri dodici stati. Celebre ad esempio è il caso del Mississippi, stato da cui era partita la causa esaminata dalla Corte, che punta ad approvare nuove restrizioni entro il prossimo mese. E ancora, i casi dell’Idaho, del North Dakota e del Texas, che già l’anno scorso aveva introdotto una legge estremamente restrittiva. Altri stati stanno riflettendo sulla possibilità di introdurre ulteriori limitazioni, tra cui Pennsylvania, Kansas e Indiana. Se anche questi dovessero restringere l’accesso all’aborto, sarebbero più di 37 milioni le donne in età riproduttiva a rischiare di non poterlo ottenere nel proprio stato.
Lo zampino di Trump
Ma come è stato possibile che la Corte Suprema abbia rimesso in discussione un diritto sancito all’inizio degli anni Settanta? La risposta è estremamente semplice: le tre nomine fatte da Donald Trump. Pochissimi presidenti hanno avuto la possibilità di nominare più giudici della Corte Suprema rispetto a lui. L’ex presidente, però, ha sfruttato questa chance per fare eleggere tre giudici ultraconservatori nel corso del suo mandato. L’ultima, Amy Coney Barrett, è arrivata proprio pochi giorni prima delle elezioni perse nel 2020, dopo la morte della progressista Ginsburg. Le decisioni di Trump hanno fatto così spostare gli equilibri del tribunale molto a destra. Va inoltre considerato che il giudice della Corte Suprema è una carica a vita, quindi la nuova linea politica dell’organo non cambierà per molti anni, a meno di capovolgimenti radicali.
A causa delle nuove leggi, milioni di donne saranno costrette a dover viaggiare per poter abortire legalmente e, cosa più importante, in sicurezza. Ma, come ha sottolineato anche il presidente Biden, le donne delle fasce più povere della popolazione difficilmente potranno permettersi di effettuare tali spostamenti. Per fortuna, ci sono alcuni esempi virtuosi come California, Oregon, New York e New Jersey che hanno annunciato di voler rafforzare il diritto all’aborto, offrendosi di dare assistenza alle donne provenienti dagli altri stati che lo richiedono.
Nel frattempo, un buon esempio viene anche da alcune aziende private che hanno annunciato di voler sostenere economicamente le proprie dipendenti che vogliono abortire, ma che potranno farlo soltanto al di fuori del proprio stato. Tra queste ci sono per esempio Netflix, Amazon, Disney, Condé Nast, Sony e Warner Bros.