“In New York, concrete jungle where dreams are made of, there’s nothing you can do”. Così canta la canzone Empire State of Mind, perfetta colonna sonora che riecheggia dalle casse radio dei risciò in giro per New York. Un luogo dalla mille possibilità, in cui l’hustle americano risucchia chiunque, compresi gli studenti provenienti da altre parti del mondo, giunti nella Grande Mela per mettersi in gioco. Imparare l’arte della diplomazia, porsi domande e trovare risposte ai mille dilemmi che si presentano in un mondo in cui siamo tutti fortemente collegati sono stati gli obiettivi di questo viaggio.
Quale occasione migliore della simulazione diplomatica dell’ONU, meglio nota come Model UN, in cui ragazzi e ragazze diventano, per quattro giorni, delegati in rappresentanza di uno dei 193 Stati membri?
Model UN: un sogno di cooperazione
Il progetto Model UN, nato nel 1968, ha l’obiettivo di rafforzare il senso di favorire il dialogo tra giovani di diverse nazionalità oltre che studiare la cultura, la storia e le dinamiche sociali all’interno del Paese che si è chiamati a rappresentare.
I partecipanti di Model UN si riuniscono in varie commissioni (ECOSOC, General Assembly, ecc.) e lavorano assieme per stendere le risoluzioni. A ogni commissione viene assegnato un tema di attualità su cui i delegati devono discutere, contrattando e alleandosi per cercare soluzioni comuni. Le risoluzioni, naturalmente, sono finte; i problemi, invece, reali. Model Un rappresenta un esperimento sociale di democrazia: fa emergere le capacità di instaurare alleanze e venirsi incontro. Il singolo si annulla per mettere in primo piano gli interessi del Paese che rappresenta.
L’inizio
Imbarcarmi in questa esperienza è stata una decisione spontanea e un po’ impulsiva. Un giorno estivo qualunque, oberata dallo studio universitario, scorrendo distrattamente i post di Instagram, mi sono accorta di un annuncio postato da un’associazione che organizza questi progetti. Tutto quello che ho dovuto fare è stato inviare la mia candidatura e fare un colloquio motivazionale in inglese; e il gioco era fatto.
Prima di partire ho partecipato ad un corso di formazione online, in cui ho imparato come redigere documenti specifici tra cui lo speech (discorso) e soprattutto ad avere l’attitudine di un diplomatico. Ho rappresentato la Repubblica del Guatemala all’interno della Commissione dell’energia atomica (IAEA): il compito mio e di quello dei miei colleghi è stato discutere della, purtroppo attuale, minaccia del nucleare in Iran.
I giovani e le sfide del futuro
Durante la mia esperienza a Model UN, ho potuto vedere la passione e al dinamismo dei miei coetanei attraverso le loro capacità oratorie. Una grande energia è trasparita dalle lunghe ore di dibattito, scambi di idee da cui sono scaturiti i frutti finali di questa collaborazione. C’è tanta voglia di imparare a costruire un mondo migliore, specie in un simile periodo di incertezza per il futuro. Alcuni affrontano questa esperienza per diventare i leader di domani; altri, come nel mio caso, per entrare nelle scarpe di un diplomatico e capire quanto è difficile mettere tutti d’accordo. Riunire menti divergenti è la vera arte, e insieme la sfida, del sistema democratico.
In questa simulazione hanno partecipato anche rifugiati ucraini. Ospiti onorati dagli applausi alla cerimonia di apertura, lì per ricordare che mentre noi fingevamo di risolvere problematiche reali, là fuori gli equilibri del mondo erano sempre più instabili proprio per la mancanza di comunicazione e rispetto dei diritti. In questi tempi in cui tutto è più fragile, i giovani rappresentano l’unica speranza affinché parole come cooperazione, pace e fratellanza abbiano di nuovo valore.
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Francesca Fabbri