Era il 1978 quando il re Juan Carlos I approvò la Costituzione, dando così inizio a cambiamenti epocali nella sfera politica spagnola: stabilì i principi di sovranità, divisione dei poteri, organizzazione territoriale, suffragio universale e progresso culturale. Da quel giorno, ogni 6 dicembre, si commemora l’arrivo della Costituzione spagnola.
La democrazia arriva in Spagna ponendo fine alla transizione dopo la dittatura di Francisco Franco. Approvata da un referendum in cui la maggioranza della società spagnola era pronta ad accettare i cambiamenti a venire. Sulla scheda referendaria la domanda era semplice e diretta: “¿Aprueba el Proyecto de Constitución?” Due possibili risposte: “sì” e “no”. Più dell’88% dell’elettorato votò a favore dell’approvazione. Al referendum partecipò il 67,11% della popolazione avente diritto di voto, l’appoggio totale del censo al progetto costituzionale fu del 58,97%.
Non è la prima costituzione spagnola. L’hanno preceduta quelle del 1812, 1837, 1869 e 1931. Nessuna di queste però aveva un valore “normativo” e tutte, a differenza di quest’ultima, hanno vissuto un percorso breve e accidentato.
La crisi costituzionale
Ormai da anni sono venuti a galla alcuni problemi che non consentono una governance ottimale. La costituzione stessa sembra aver bisogno di essere riformata su alcuni punti. Uno di questi è quello che interessa le Cortes Generales, l’organo attraverso il quale viene definito il principio di legittimità democratica definito all’art. 1.2 CE.
Non ci sono stati problemi di rilievo in nessuna delle legislature per la formazione del governo o per l’esercizio delle tre funzioni parlamentari stabilite dalla Costituzione spagnola: la funzione legislativa, la funzione di bilancio e la funzione di controllo dell’azione del governo. Se aggiungiamo che l’alternanza tra destra e sinistra è avvenuta fin da subito, 1982 con González e successivamente riprodotta in quattro occasioni: Aznar 1996, Zapatero 2004, Rajoy 2011 e Sánchez 2018, cosa rara nel diritto comparato, è evidente che Durante tutte queste legislature, le Cortes Generali hanno svolto in modo ragionevolmente soddisfacente il compito che le è stato affidato costituzionalmente.
Gli indicatori di questa crisi
Dal 2015 non è più così. La composizione del Congresso dei Deputati e del Senato e il sistema elettorale previsto dalla LOREG non consente alla società spagnola di esprimersi politicamente in modo da garantire la formazione di un governo e, di conseguenza, le stesse Cortes Generales non possono esercitare le funzioni parlamentari che ho appena menzionato. La Spagna è stato il primo Paese dell’Europa occidentale in cui si sono dovute ripetere le elezioni per l’impossibilità di effettuare l’investitura del candidato alla presidenza del governo nei termini stabiliti dalla costituzione.
Un altro indicatore interessa la Costituzione Territoriale, entrata in crisi con la sentenza della Corte Costituzionale 31/2010 sulla riforma dello Statuto di Autonomia per la Catalogna e che ha portato ad un conflitto politicamente fuori controllo, provocando lo spostamento presso i tribunali di giustizia. È un indicatore che riguarda esclusivamente l’esercizio del diritto all’autonomia in Catalogna, ma che incide materialmente sulla costituzione territoriale dell’intero Stato. Non ci sarà più “normalità costituzionale” fino a quando la Catalogna non sarà integrata nello Stato in un modo accettabile sia per i cittadini della Catalogna che per quelli delle altre comunità che compongono la Spagna.
Il terzo riguarda la monarchia, rispetto alla quale nessun problema degno di nota era stato sollevato fino al secondo decennio del XXI secolo. Nel 2014 ha cessato di essere il caso, il che ha portato all’abdicazione del re Juan Carlos I a favore di suo figlio Felipe VI. Da allora il dibattito sulla monarchia è entrato nell’agenda politica definitivamente.
Questi sono indicatori di una grave crisi di legittimità. Ognuno a modo suo. Ma il sistema politico spagnolo deve avere una risposta per tutti, se non vuole scivolare sul pendio del crollo dell’edificio costituzionale.
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