Non solo una storia di amore e morte tra due giovani, Achille e Patroclo. Madeline Miller con il suo romanzo trova uno squisito equilibrio tra la classicità e modernità, tra poesia epica e racconto pop moderno. Per un pubblico che non coinvolge solamente gli addetti ai lavori ma si amplia all’intera platea dei lettori contemporanei.
Il ciclo dei vincitori…
“Canta o dea, l’ira del Pelide Achille, rovinosa…“. Ogni persona che si sia almeno in minima parte approcciata alla classicità antica conosce alla perfezione l’inizio dell’Iliade, il più famoso poema epico. La prospettiva omerica sulle vicende della guerra di Troia, oltre alla straordinaria capacità poetica dell’autore, contribuiscono certamente a plasmare la solennità immortale di quest’opera. Le battaglie, le parole e le gesta degli eroi costituiscono un tòpos letterario dal quale è assai difficile distaccarsi.
Cosa viene a mancare dunque ad un capolavoro del genere? Sicuramente l’aspetto sentimentale. Un punto di vista alternativo, che metta in secondo piano le dinamiche epiche e belliche e si concentri sulle relazioni personali che intercorrono tra i protagonisti della vicenda.
Ne La canzone di Achille, il rapporto preso in esame è uno dei più paradigmatici di questa vicenda, ovvero l’amore ancestrale ed eterno tra Achille e Patroclo. Una scelta che ha certamente contribuito a condurre quest’opera al successo globale che è stata in grado di raggiungere in pochi anni.
…e il ciclo dei vinti
Pubblicato per la prima volta nel 2013, questo romanzo si è dimostrato infatti una delle rivelazioni letterarie del decennio. L’autrice è Madeline Miller, insegnante di lettere classiche in alcuni prestigiosi licei americani e originaria di Boston. Questo suo esordio, dopo una gestazione letteraria che ha richiesto quasi un decennio di lavoro, è stato tradotto in venticinque lingue diverse, scalando le classifiche in tutto il mondo fino a raggiungere il prestigioso premio letterario Orange Prize.
Il taglio della storia permette al lettore di addentrarsi nella profonda intimità della relazione più famosa della storia, quella tra il più celebre eroe greco ed il suo fedele compagno d’armi e di vita. È proprio a partire dalla prospettiva di quest’ultimo che si sviluppa l’intero romanzo. La nascita, la difficile infanzia e il percorso di formazione di Patroclo costituiscono il punto di inizio dell’intera vicenda. In questo modo vengono approfonditi anche alcuni aspetti della giovinezza dello stesso Achille, sconosciuti alla maggior parte dei lettori.
Un personaggio secondario del mondo omerico riesce dunque a rendersi protagonista fin dalla tenera età di nove anni, quando viene condotto dal padre a Sparta per presentarsi come un possibile pretendente di Elena, una fanciulla che nell’economia generale del ciclo troiano avrà poi una certa importanza.
Un eroe moderno
Patroclo non è tuttavia il tipico eroe omerico. Ciò che lo caratterizza è il suo “non stare” nel mondo, la sua goffaggine e la sua incapacità nell’arte della guerra. In questo senso la Miller caratterizza il suo personaggio con una sfumatura sveviana, da eroe inetto del 1900. Una vera e propria rivoluzione dell’etica omerica, che viene comunque fortemente declinata all’interno del romanzo.
Proprio il mondo eroico classico, infatti, è la cornice nella quale si trova a lottare Patroclo, unico narratore degli eventi dell’opera. La svolta arriva dentro la cornice dell’infamia: un omicidio involontario e l’inevitabile esilio che ne consegue consegnano il giovane alla realtà del regno di Ftia, governato dal saggio re Peleo. Lì Patroclo conosce Achille, figlio del sovrano, ritenuto già da giovane il migliore tra tutti i Greci, l’aristos achaion. Un ragazzo totalmente diverso da Patroclo e con il quale tuttavia si crea subito una sintonia complice, un rapporto che diventa il centro di gravità attorno al quale ruota l’intera storia.
Educazione e immortalità di Achille
Due sono i momenti salienti dell’opera. Il primo racconta l’esperienza educativa dei due giovani presso il mitico centauro Chirone, il quale si fa carico dell’addestramento dell’eroe acheo. Per Achille il periodo passato presso questo maestro non è solo un’occasione di conoscere sè stesso come eroe, ma anche per approfondire il suo legame con Patroclo. Un legame che da platonico diventa estremamente fisico e sentimentale.
La Miller, tuttavia, pur nella sua bravura nel descrivere le emozioni e i sentimenti che intercorrono tra i due giovani ricorda comunque al lettore che questi aspetti non rientrano nelle coordinate principali del racconto omerico. Ecco dunque, come un fulmine a ciel sereno, l’arrivo della guerra. Non un semplice conflitto, ma il più grande che il mondo abbia mai conosciuto fino a quel momento.
Il richiamo della gloria e le astuzie di Odisseo non possono che avere un’unica conseguenza. Achille deve partire per Troia e compiere il suo destino. Anche in questo caso la prospettiva della Miller è estremamente originale: Patroclo, infatti, accetta di seguire il suo amato non come compagno d’armi, ma come compagno di vita. L’esito tragico del viaggio di questi due giovani è solo una cornice nella quale il loro rapporto trova il suo punto più alto, il riposo eterno comune. Un’urna in cui le ceneri di entrambi vengono mescolate, immagine che pur non essendo declinata tramite l’esametro greco assume una fortissima valenza poetica.
Dei del cielo, dee degli abissi
Si capisce come uno dei punti di forza di quest’opera sia la particolare caratterizzazione dei personaggi, che l’autrice approfondisce in maniera assai differente rispetto all’Iliade. La figura di Patroclo costituisce una prova importante di questo aspetto. Tralasciando il fatto che, con l’eccezione del suo ultimo e tragico assalto alle mura di Troia, in tutto il romanzo egli non brandisca un’arma per più di qualche istante, è il ruolo che assume la scienza medica ad essere estremamente interessante. La passione per le arti della guarigione che si sviluppa in questo personaggio, infatti, costituisce uno strano contraltare all’opera del suo compagno di vita. Achille distrugge gli uomini, Patroclo li ricompone.
L’esempio più paradigmatico della strana caratterizzazione dei personaggi, tuttavia, può essere ravvisato nella rappresentazione del divino. Gli dei greci in questo romanzo non sono particolari, sono totalmente assenti, con l’eccezione di alcune fugaci apparizioni.
A questo sistema sfugge la figura di Teti. Non appare come la madre amorevole e preoccupata per le sorti del figlio, come viene descritta da Omero. La ninfa del mare evidenzia fin dall’inizio due elementi principali: la rabbia e il disgusto nei confronti di tutti gli uomini. Dal marito Peleo allo stesso Patroclo, nessuno si può salvare dalla furia vendicatrice di questa dea, stuprata dal marito nel momento del concepimento dello stesso Achille e da quel momento dedita solamente a portare il figlio verso la grandezza.
Achille ti sta aspettando
Una grandezza che lungo tutto il dipanarsi del romanzo sembra quasi essere messa a repentaglio dalla figura di Patroclo, che in Teti trova un ostacolo quasi insormontabile sulla strada del suo rapporto con Achille.
Forse è proprio per questo motivo che la conclusione del racconto colpisce particolarmente il lettore nella sua esposizione. Proprio grazie all’aiuto della ninfa, infatti, Patroclo può riunirsi al suo amato nell’oltretomba per l’eternità. Che cosa causa questo cambiamento da parte di Teti? L’anello di congiunzione tra la Miller ed Omero, il fatto che Patroclo diventi aedo della storia del suo amato Achille di fronte al pubblico più importante di tutti, quello costituito da sua madre, che solo grazie al racconto dell’amico-amante del figlio defunto riesce a comprendere totalmente la sua grandezza.
Lo sperimentalismo con il quale Madeline Miller impregna il suo romanzo raggiunge qui il suo apice. Il fatto che questo taglio particolare possa piacere o no rimane affidato al gusto personale del singolo lettore. Non c’è dubbio, tuttavia, che l’autrice abbia saputo dare un taglio estremamente moderno ad un poema antichissimo. Le vicende narrate, poi, permettono di riscoprire vicende e poemi del ciclo troiano che esulano dall’Iliade e che sono poco conosciuti. Di questo anche il classicista più intransigente potrà dirsi contento.