lunedì, 18 Novembre 2024

Jackie: l’intramontabile First Lady

Jackie non è stata solamente la più intramontabile First Lady degli Stati Uniti ma anche un’icona di stile del suo tempo.

Jacqueline Lee Bouvier nasce il 28 luglio 1929 a Southampton, vicino New York, primogenita di una famiglia dell’alta società. Studia alla Sorbona di Parigi e consegue la laurea in belle arti alla George Washington University. Nel 1952, grazie all’incarico ottenuto dal giornale presso cui lavorava come articolista, fa l’incontro che cambia per sempre la sua vita. Doveva intervistare colui che sarebbe diventato il futuro Presidente degli Stati Uniti d’America, John Fitzgerald Kennedy, allora senatore del Massachusetts. Tra loro fu un vero e proprio colpo di fulmine. Solamente un anno dopo il loro incontro convolarono a nozze.

Il matrimonio fra il rampollo di casa Kennedy e la primogenita di casa Bouvier fu celebrato il 12 settembre nella Chiesa di St. Mary a Newport, a Rhode Island con 800 invitati selezionatissimi: oltre ai parenti della sposa e all’intero numerosissimo clan Kennedy, era presente l’altra società americana che annoverava banchieri, miliardari, aristocratici e magnati, cui se ne aggiunsero altri 400 al sontuoso ricevimento alla Hammersmith House, la meravigliosa tenuta della famiglia Bouvier.

Alla Casa Bianca

Jacqueline è stata la terza First-Lady più giovane della storia degli Stati Uniti. Varca le porte della Casa Bianca all’età di 31 anni. L’ingresso di Jackie (come veniva chiamata da tutti) nella White House fa la differenza sin da subito. Amante della cultura e delle arti fece della capitale statunitense un centro culturale di spiccata importanza. È autrice del progetto per la realizzazione di un museo della storia americana, che sorge proprio a Washington. Inoltre, fu promotrice di numerosi eventi culturali. Le porte della Casa Bianca si aprirono alle avanguardie artistiche e letterarie dell’epoca. Non tutti sanno che Jacqueline venne anche premiata con un Emmy Award per lo spirito innovatore che profuse nel ri-arredare la Casa Bianca. Lei stessa si occupò in prima persona della scelta di mobili ed opere d’arte.

Maestra di stile

Jackie era una donna dal carattere mite ma estremamente resiliente, una moglie devota e una madre irreprensibile. Jacqueline era amata da tutti per la sua grazia innegabile. Il suo portamento regale e lo stile inconfondibile la rendono indimenticabile. Sempre composta ed elegante in ogni sua apparizione pubblica al fianco del marito, fu vera a propria maestra nell’arte del Bon ton. Impossibile non notare la sua predilezione per i colori pastello, i copricapo raffinati e le mantelline dai grandi bottoni. Raramente appariva in pubblico vestita di nero.

Nel 1964 il suo volto compare in un’opera del pittore americano Andy Warhol. Warhol realizzò infatti delle serigrafie, traendo ispirazione da alcune foto della First-Lady colte poco prima del tragico assassinio del marito. L’opera è intitolata “Jackie”.

“Jacqueline Kennedy ha dato al popolo americano una cosa che gli era sempre mancata: la maestà”

Il London Evening scrisse così di Jacqueline Kennedy, quando perse il grande amore della sua vita. Era il 22 novembre 1963 quando Jackie dovette assistere inerme all’attentato in cui cadde vittima John F. Kennedy. Emblematico è il tailleur rosa firmato Chanel da lei indossato, entrato tristemente nella storia. Nonostante fosse completamente sporco di sangue, Jackie pretese di tenerlo indosso. Ancora una volta, in quella atroce circostanza, non si smentì. Una donna ricca di dignità e coraggio. Un simbolo per l’intera Nazione, che partecipò commossa al suo dolore.

Il lutto

John Kennedy non morì subito e lei lo tenne abbracciato stretto durante la corsa forsennata e inutile al Parkland Memorial Hospital.

Il giorno del funerale, con il cognato Bob che la tiene per mano, tutti si commuovono vedendola vestita a lutto, dignitosa, gli occhi asciutti sotto quel velo nero che le copre il volto.

Jackie vuole offrire il ritratto di una donna consapevole, perfetta nel suo autocontrollo, colta e certa di sé, del proprio ruolo nel mondo, delle proprie responsabilità nei confronti dell’eredità dei Kennedy, e capace di affrontare la solitudine e la disperazione, trasformando il dolore in forza. Superbamente perfezionista nel controllo di ogni dettaglio della propria immagine pubblica.

Ha voluto per suo marito lo stesso rito che era stato riservato a Lincoln e mentre la banda della Marina esegue la Marcia Funebre “Sulla morte di un Eroe” dalla terza Sinfonia di Beethoven, lei prende per mano i loro due bambini: Caroline di sei anni e John-John (tre anni compiuti proprio in quel giorno).

A Washington, nella cattedrale di San Matteo dove si svolgeranno le esequie, lei s’inginocchierà e bacerà la bandiera americana che avvolgeva la bara del marito.

È un dolore contenuto ma devastante il suo che si ripete cinque anni dopo quando viene ucciso anche Bob, di cui si era scoperta nel frattempo innamorata. Le parole dello scrittore e sceneggiatore Truman Capote che li frequentava non lasciano dubbi: la loro fu «una passione rovente e senza speranza».

Jackie O

Quando il 20 ottobre di quello stesso anno lei, vestita con un abito corto di pizzo avorio di Valentino sposa il magnate greco Aristotele Onassis, l’America tutta insorge.

Fu il titolo del New York Times a colpire al cuore e a dare voce all’indignazione generale: John Fitzgerald Kennedy muore per la seconda volta.

Quel matrimonio non era visto solo come una deprecabile operazione di marketing fra una donna avida e uno spregiudicato magnate: era percepito come un vero e proprio tradimento alla memoria del loro Presidente, un affronto verso l’intera nazione, verso il “sogno americano” che Jack e Jackie avevano rappresentato.

Il matrimonio non fu di certo un successo. Tuttavia, non si concluse con un divorzio. Jackie rimase infatti legata a Onassis fino alla morte di quest’ultimo, nel 1975.

Gli ultimi anni

L’aveva detto fin da giovanissima, Jackie: «Voglio vivere, non essere una testimone della mia vita» e in effetti Jackie fu protagonista assoluta di un’epoca irripetibile, ma quando in una delle ultime interviste da lei concesse il giornalista le chiese a bruciapelo «com’è stata la sua vita, Mrs Bouvier?», lei, con un bagliore freddo negli occhi, rispose:

“Interessante”

Trascorse gli ultimi anni della sua iconica esistenza, fino alla morte dovuta ad un tumore maligno, dedicandosi alle sue più grandi passioni, l’arte e la letteratura.

Colei che aveva dapprima esaltato e poi fatto indignare l’America fu sepolta nel cimitero di Arlington, accanto alla tomba del marito John.

Sulla sua lapide, oltre alle date di nascita e di morte, si legge: Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis, le sue tre anime, le sue tre vite. La first lady Jacqueline Lee “Jackie” (Bouvier) Kennedy Onassis è stata un simbolo di forza per una nazione traumatizzata dopo l’assassinio di una delle figure politiche più energiche del paese, il presidente JFK, che ha servito dal 1961 al 1963.

«E la canzone che amava di più era alla fine di uno di questi dischi. Una frase gli piaceva sentire: non dimenticate che ci fu un luogo che per un breve splendente momento fu chiamato Camelot».

Jackie durante un’intervista con il premio Pulizer Theodore White

Graziana Minardo

Graziana Minardo
Graziana Minardohttps://violedimarzo.com/
Graziana Minardo, siciliana trapiantata a Milano. Studentessa di Chimica e Tecnologie Farmaceutiche all’Università degli Studi. Amante delle scienze, attivista e appassionata di scrittura. Co-Founder di Viole di Marzo, blog e associazione femminile di interesse medico e culturale che unisce sul territorio milanese decine di professioniste e donne di talento. Per Sistema Critico scrivo di femminismo.

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