venerdì, 20 Dicembre 2024

In una sera, Bologna ha dimostrato di avere due facce

Qualche sera fa ero a Bologna, qualche ora prima che 15 mila sardine si prendessero Piazza Maggiore. Non era una sera qualunque e già dal pomeriggio in Via Zamboni si era capito che qualcosa di grosso sarebbe successo. Matteo Salvini sarebbe stato in città per un comizio: un evento non da tutti i giorni insomma ed era chiaro, senza girarci attorno, che Bologna la Rossa, Bologna la Dotta, avrebbe risposto. 

Ne parlavano tutti: ci sarebbero state due manifestazioni. Una da Piazza San Francesco fino al PalaDozza. Una in Piazza Maggiore. Una, la prima, dei centri sociali; l’altra, la seconda, organizzata da qualcuno. Chi? “non si sa. Dei ragazzi. Insomma qualcuno. Niente bandiera però, mi raccomando, in Piazza Maggiore non ci sarà nessun colore politico”. 

Ore 18.00, Piazza San Francesco dietro l’omonima basilica

Sono andato con curiosità, la curiosità di chi non aveva mai visto le manifestazioni dei centri sociali ma, come tutti, ne aveva sentito parlare. 

Piazza San Francesco era piena di ragazze e ragazzi, grandi e piccoli, qualche cartellone. “Bologna non si lega” scriveva qualcuno, o  “L’unica cosa che si lega a Bologna sono le biciclette” scriveva un altro cartello che poi avrebbe fatto il giro del web. 

C’erano persone a vista d’occhio e un microfono da cui si alternavano parole di incoraggiamento, parole di critica e sì, anche di lotta. Tipico dei centri sociali. 

Dopo un momento di raccolta iniziale la piazza si è fatta fiume e come una marea ha invaso Via del Pratello, famoso luogo di ritrovo serale. C’erano poliziotti e camion blindati ad ogni angolo, negozi che si chiudevano e saracinesche che si abbassavano: non capivo. Non stava succedendo niente eppure sembrava esserci una tensione nell’aria. La testa del corteo intanto intonava cori contro chiunque: Lega, Pd, Unione Europea e chi più ne ha più ne metta. I muri gialli e rossi delle case, in tutto ciò, assistevano immobili ai fumogeni che sotto i portici e sull’acciottolato venivano accesi come torce. 

La manifestazione lungo Via del Pratello

Sembrava una manifestazione come tante altre. Piena dell’esplosività dei giovani sì, ma anche riempita della calma dei tanti adulti (alcuni con dei bambini) che marciavano tra la gente. 

Ed ecco invece che in un attimo, girando l’angolo, ho capito. Ho capito la tensione, ho capito che al PalaDozza non ci saremmo mai arrivati. 

Via Riva di Reno, la grande strada che conduce al palazzetto, era sbarrata. C’erano transenne e camion e poi tanti, tanti poliziotti con caschi e scudi antisommossa. 

Io, che a quella manifestazione neanche partecipavo, se non da osservatore, ho deciso, appunto, di osservare. C’era un gruppo di giornalisti e reporter che, telecamere alla mano, si facevano strada raschiando i muri al lato della strada: li ho seguiti fino alla testa del corteo ma a debita distanza.

Il corteo prosegue tra cori e proclami. Sullo sfondo, un cartellone recita “LEGA – PD due facce della stessa mon€ta”

Gli scontri in Via Riva di Reno

(Lo riferisce anche BolognaToday qui)

Cinque metri alla mia sinistra, sotto a un colonnato, altri poliziotti erano barricati dietro delle transenne. Nel frattempo, al centro della strada, si era creato un clima surreale: le forze dell’ordine da un lato, ferme come impassibili statue dietro una trincea di ferro e nastri di nylon; i manifestanti dall’altra parte, coperti di sciarpe e cappucci. 

Erano tutti in attesa, tutti a cercare di capire cosa sarebbe successo, quando nell’arco di un attimo, senza preavviso, è partito un getto d’acqua fredda. Un getto potente e inaspettato proveniente da uno dei blindati al centro della strada che subito ha innescato la risposta dei centri sociali che, cartelloni alla mano, hanno cominciato ad avanzare urlando e lanciando oggetti. 

Ecco allora un altro getto d’acqua, un secondo, più lontano, e molti che correvano a ripararsi. 

Non avevo mai visto nulla del genere, nulla di paragonabile a quel momento: così ho capito di essere troppo esposto, troppo avanti. In un attimo i manifestanti avrebbero potuto reagire con più forza e la polizia avrebbe potuto rispondere avanzando. Essere in mezzo ai giornalisti non sarebbe comunque stato un punto di sicurezza. 

E la conferma è arrivata qualche secondo dopo quando, inaspettatamente, anche noi siamo stati colpiti da un forte getto d’acqua. Quasi accecato da quell’improvvisa onda d’acqua e da quella situazione inaspettata, sono tornato indietro passando tra la folla. Non si capiva più niente: tutti spingevano e avanzavano. In tutto questo c’erano dei bambini che, seduti dietro un’edicola chiusa, piangevano. 

In quell’attimo mi sono reso conto che quella non era una manifestazione di protesta. Forse non lo era mai stata.

In Via Riva di Reno, i manifestanti ricevono la doccia fredda degli idranti della polizia

A qualche metro di distanza e mezz’ora più tardi, ecco Piazza Maggiore

Vista la doccia inaspettata, non ci sono andato; ma il giorno dopo ne parlavano tutti. 

Quindicimila persone, nessuna bandiera ma tante, tante sardine di cartapesta all’ombra della Basilica di San Petronio. Un successo incredibile nato e diffusosi sul web che ha saputo portare nella piazza grande, una marea umana che tra le note di Lucio Dalla e quelle di Bella Ciao, chiedeva a Matteo Salvini di andarsene da Bologna. 

Nessun idrante o fumogeno, nessun insulto, nessuna prova muscolare. Solo la gioia di essere tutti assieme nella più pacifica delle manifestazioni di dissenso contro una persona, un partito, che si sia vista in Italia da alcuni anni a questa parte.

Sarebbero dovuti essere simbolicamente 6 mila nelle idee degli organizzatori – 100 in più della capienza massima di un PalaDozza peraltro riempito con autobus provenienti da Lombardia e Veneto – ma sono stati molti più del doppio. L’Italia intera ha visto questo esempio di opposizione pacifica e Bologna è diventata in un attimo (almeno secondo interpretazioni di parte) un modello di resistenza all’avanzata della destra italiana. Chiave di lettura peraltro condivisa anche da osservatori europei, come la testata francese Obs che, il giorno dopo, titolava eloquentemente À Bologne, mobilisation monstre contre Salvini à l’approche d’élections clés pour la gauche – A Bologna, manifestazione monstre contro Salvini all’avvicinarsi di elezioni chiave per la sinistra.

La foto che ha fatto il giro d’Europa: Piazza Maggiore gremita di persone. Le stime parlano di un numero che si aggira attorno alle 15.000 “sardine”

In una sera Bologna ha dimostrato di avere due facce

Reazionaria e pacifica. Agitata e tranquilla. E’ inutile negarlo, Bologna non è una città come le altre ma, anche grazie all’incredibile presenza di studenti che da tutta Italia vengono a studiarvi, è una continua pentola piena di idee ma anche tensioni, di bellezza ma anche moti. 

La sera del 15 Novembre ci ha comunque insegnato altro: l’opposizione, di qualunque colore sia, quando è pacifica, quando si fa sentire con i fatti più che con i proclami, è un arricchimento per tutti, per avversari e compagni, per manifestanti e forze dell’ordine. 

Per fortuna, in questa strana lotta per il titolo di giornale, a prevalere è stata infine la straordinaria prova di civiltà di Piazza Maggiore, un modello da seguire che, viste anche le tante repliche, ci ha già insegnato tanto.

Lorenzo Alessandroni
Lorenzo Alessandroni
Laureato in Giurisprudenza all'Università di Bologna, ora sono praticante avvocato di diritto penale all'ombra delle Due Torri. Amo leggere, scrivere e viaggiare, anche se poi mi limito a commentare in modo boomer cose che vedo sulla home di Instagram. In politica alterno momenti sentimentali a spinte robespierriane, nel mentre sono ancora in attesa del grande Godot italiano: un vero partito di sinistra.

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