Il nostro mondo è costellato da simboli, essi governano l’economia, le nazioni e, altre volte, demarcano il tempo e i nostri stati d’animo. Pur nella loro semplicità, nella loro immediatezza, i simboli sono un qualcosa di estremamente complesso e variegato, mai banale, che affondano le proprie radici in un retroterra culturale e ideologico. Anche il Natale ha i suoi simboli. Lo è l’albero addobbato, lo sono le luci e i pacchi regalo ma, ancor più, lo è il Presepio, con la sua mangiatoia, la capanna e le pecorelle belanti.
Il Presepe, come raffigurazione di Giuseppe e Maria col piccolo Gesù, ha origini antichissime. La prima testimonianza conosciuta è infatti databile al IV secolo e si trova affrescata a Roma, nelle Catacombe di Priscilla. A concepire il Presepio come lo si conosce oggi fu però San Francesco. Appena tornato dalla Palestina il santo d’Assisi volle rievocare la nascita di Cristo e così, nella notte di Natale del 1223 a Greccio, ricreò tale avvenimento. Fu in tal modo che il piccolo borgo laziale divenne la sede del primo Presepe mai realizzato.
“Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme”
– Tommaso da Celano, Vita Prima S. Francisci, 1228-1229
La prima rappresentazione della natività fu dunque una sorta di presepe vivente, derivato in qualche modo dalle Sacre Rappresentazioni, brevi messinscena teatrali a carattere religioso. Il Presepio nasce quindi come qualcosa di concreto, percorribile e ben definito nello spazio. Va da sé che, con queste premesse, l’unica arte capace di rappresentarlo il più fedelmente possibile è quella della Scultura. Pietra, marmo e terracotta divengono pertanto i materiali che meglio riescono a rievocare la nascita di Cristo.
Il Presepe dei Presepi
Quasi settant’anni dopo i fatti di Greccio, nel 1291, papa Niccolò IV commissionò ad Arnolfo di Cambio una versione scultorea della Natività. Papa Niccolò fu, non a caso, membro dell’ordine francescano, nonché primo pontefice appartenente al suddetto ordine. Il Presepe era stato commissionato per essere esposto all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma che, dal VII secolo, conserva la reliquia della Mangiatoia di Cristo. Proprio per tale motivo la Basilica è anche nota col nome di Santa Maria in Praesepium. Arnolfo dovette eseguire otto personaggi ma di alcuni di essi, come la Vergine col Bambino, non rimane più traccia. La Madonna in origine doveva essere raffigurata “alla bizantina”, sdraiata su un fianco mentre accudisce il Figlio. La statua sostitutiva fu realizzata nella seconda metà del ‘500, in occasione della trasformazione dell’Oratorio del Presepe nel Mausoleo di Sisto V, quando il gruppo fu trasferito in un’apposita cripta.
Per quanto non si abbia certezza riguardo l’esatta collocazione dei personaggi, è probabile che le statue fossero disposte in maniera da creare uno spazio realistico, percorribile con l’occhio. L’opera di Arnolfo doveva anche rimarcare la sacralità del luogo. Il Presepe, nelle sue parti superstiti, era inoltre totalmente dipinto, con parti dorate per sottolineare particolari dettagli come i capelli e i bordi degli abiti. Nello stesso 1291, l’ultima cittadella crociata in Terra Santa, Acri, era caduta in mano musulmana e, da quel momento, i fedeli furono impossibilitati a raggiungere Betlemme. A causa di ciò, con i lavori di risistemazione dell’Oratorio e con le reliquie ivi conservate, papa Niccolò IV era intenzionato a fare di Roma la “Betlemme di Occidente”.
Natività di terracotta
Nel rinascimento le rappresentazioni scultore della Natività si moltiplicarono notevolmente anche grazie all’uso, assai diffuso, della scultura in terracotta. Dedita a tale arte era la famiglia Della Robbia che, per almeno quattro generazioni, si dedicò quasi totalmente alla produzione di terrecotte invetriate. Tra i prodotti maggiormente richiesti alla bottega vi erano anche scene presepiali come quella di Giovanni Della Robbia, annoverata fra i prodotti più celebri del laboratorio fiorentino. L’opera si presenta quasi come un lavoro ibrido, a metà tra pittura e scultura, con parti aggettanti ed altre quasi realizzate a pennello.
È un’opera particolare, in cui convivono angeli musicanti, pastori, natura e un San Giovannino in adorazione del Bambino. Attraverso la pittura sono infatti giunti in questo nucleo di opere plastiche tutta una serie di personaggi che, col passare del tempo, si ritaglieranno spazi sempre più autonomi e importanti. Ecco dunque che i pastori non rimangono più solo spettatori inermi ma partecipano ed animano la scena, addirittura affiancando gli stessi angeli mentre suonano strumenti musicali con i quali omaggiare la nascita di Cristo. La scena di Giovanni della Robbia si arricchisce di ulteriori elementi come la raffigurazione dell’Incarnazione. È lo stesso Dio Padre a inviare sulla terra lo Spirito Santo e, per mezzo di esso, il suo stesso Figlio.
Il Presepe in prima persona
Dall’altra parte dell’Appenino, nella splendida città di Urbino, troviamo un altro capolavoro di plastica cinquecentesca. Si tratta di uno tra i primissimi presepi in stucco che si conoscono e fu realizzato tra il 1545 e 1550 da Federico Brandani. Esso è ospitato in una cappella, ad esso dedicata, all’interno dell’Oratorio di San Giuseppe. Le pareti della cappella sono tutte rivestite di pietre tufacee al punto da rendere l’ambiente più simile ad una grotta che a un edificio religioso. Agli occhi di chi osserva si apre innanzi una spaccatura in cui si animano i personaggi del presepe vero e proprio. Brandani realizzò le sue figure in una maniera sorprendentemente realistica. La sua Natività è pervasa di una grazia e di una dolcezza che ricordano gli esempi coevi di Correggio. L’artista ci proietta direttamente all’interno della grotta, fa di noi dei pastori giunti ad adorare il Re dei re.
Tutta la composizione è pensata nei minimi dettagli, dal pastore che sbuca dietro la colonna alla bisaccia appesa alla trave. Sorprende l’attenzione al paesaggio. La capanna/grotta è immaginata come terminare con una finestra che si apre su una immagine ideale di Urbino. A immergere ancor più lo spettatore in questo ambiente, sospeso tra finzione e realtà, è poi il gruppo di pastori sulla parete sinistra. Questi, posti sotto una rocca immaginata come vista in lontananza, additano la scena centrale, collegando alla Natività l’intera composizione. Brandani creò così un ambiente a trecentosessanta gradi, capace di renderci partecipi, in prima persona, della Nascita di Cristo e di condividere con quei personaggi la dolcezza e sacralità del momento.
Il Presepe da ieri a oggi
I vari artisti e le varie opere presepiali che si sono succedute lungo il corso dei secoli hanno definito la direzione sperimentale, di coinvolgimento e d’emozione che poi intraprenderà il presepe napoletano tra ‘600 e ‘700. Napoli e i suoi maestri indicheranno poi la via a quello che consideriamo il presepio tradizionale e che, anche oggi, arricchisce e adorna le nostre case. Tale argomento meriterebbe uno spazio di riflessione tutto per sé che, per motivi di spazio, non può rientrare in questo articolo. Questi tre esempi trattati sono solo alcuni dei più importanti e famosi capolavori della nostra arte ma tanti altri concorsero a tale sviluppo. E voi quali conoscete?
La storia di Santa Maria Maggiore: https://www.sistemacritico.it/2021/08/19/neve-dagosto-la-fondazione-della-basilica-di-santa-maria-maggiore/
Presepi robbiani del Rinascimento: https://www.antiquariditalia.it/it/scarica-catalogo/4d9a374c-824a-46d9-b36e-331aaf65ed74