Vi siete mai chiesti cosa abbia pensato il primo uomo che ha visto il mare? Quale sensazione abbia provato dinanzi ad una superficie sterminata dai colori brillanti? Il mito del mare è antico quanto l’uomo ed è sempre stato accompagnato da un’aura di mistero a metà tra l’entusiasmo della scoperta e la paura dell’ignoto.
Scienza e mare
Dal punto di vista scientifico le teorie più accreditate in merito all’origine del mare sono tre:
- Raffreddamento della Terra: originariamente la Terra doveva essere ricoperta di gas e vapori incandescenti che gradualmente si condensarono trasformandosi in acqua; questa, precipitando sul suolo insieme all’anidride carbonica, diede origine ai primi mari e oceani;
- Bombardamento cometario: recentemente si è ipotizzato che parte dell’acqua presente sulla Terra sia stata generata 4 miliardi di anni fa dall’impatto con comete (o altri corpi) ghiacciati; le comete hanno infatti nuclei ricchi di acqua allo stato solido;
- Rocce: secondo alcuni l’acqua, inizialmente, doveva essere già contenuta in alcuni tipi di rocce costituite da particolari composti, i silicati idrati; dopo circa un miliardo di anni, questi composti avrebbero iniziato lentamente a rilasciare l’acqua contenuta al loro interno dando così origine ad un oceano primordiale.
I miti come porti sicuri
Nell’antichità, gli strumenti e le conoscenze attuali erano inimmaginabili, ovviamente. Gli uomini cercavano di spiegare ciò che li circondava raccontandosi storie e rifugiandosi nella sensazione di sicurezza che solo l’ipotesi dell’esistenza di un dio o di una vicenda già scritta, presente e futura, erano capaci di dare.
I primi a usare il termine “mito” furono i Greci e indicava storie dal carattere fantastico che potevano avere i temi più disparati. Potremmo, infatti, raggruppare i miti in cinque categorie:
- Miti cosmogonici: per raccontare la nascita dell’universo;
- Miti teogonici: per narrare l’origine delle divinità;
- Miti antropogonici: per raccontare la nascita dell’uomo;
- Miti eroici: per esporre le imprese dei grandi uomini;
- Miti eziologici: per spiegare l’origine di un rito, un nome o una tradizione.
Insomma, per ogni cosa esistente o ipoteticamente esistente, c’erano una o più spiegazioni. La maggior parte delle vicende narrate era circondata da un alone di magia, elemento che consentiva di colmare i vuoti della logica e – perché no? – anche di incuriosire e catturare emotivamente chiunque ascoltasse.
Il mare, i greci e le origini
Anche il mare dunque, come ogni cosa, nel tempo è stato associato ad un insieme eterogeneo di storie che hanno tentato di risalire alle sue origini. Ciò che le accomuna, però, è quel senso di inadeguatezza e di piccolezza dinanzi a qualcosa di così grande e maestoso.
Secondo la mitologia greca, per esempio, ai tempi in cui sulla Terra esistevano solo gli dèi e gli eroi, Zeus per noia decise di creare gli uomini. Tempo dopo, essendo in lite con la moglie Era, creò Thera, la fanciulla perfetta e la nascose recandosi da lei quando poteva per godere della sua compagnia. Un giorno Era, sospettosa, decise di seguire il marito e, scoperto il suo segreto, si vendicò, creando Mahr, l’uomo perfetto. Fece poi in modo che i due giovani si conoscessero e si innamorassero.
Quando Zeus scoprì l’accaduto, infuriato, fece provare ai due innamorati quello che sentiva verso la moglie, e trasformò Mahr nel mare e Thera nella terra in modo che i due stessero sempre insieme ma allo stesso tempo sempre lontani. Da quel giorno, la terra ospita il mare mentre questo cerca di raggiungerla ondeggiando disperato, senza mai riuscire a prenderla.
Questa storia è probabilmente la concretizzazione del senso di inadeguatezza citato sopra. La terra potrebbe essere assimilata alla concretezza, a ciò che gli uomini sono in grado di toccare e in qualche modo di studiare e spiegare. Il mare invece, dal canto suo sembra essere in una lotta continua, in un movimento costate che lo rende vicino ma al contempo così lontano da essere inafferrabile.
Nella storia questa inafferrabilità e la sfida che rappresenta ha spinto molti uomini ad abbracciare e ad affrontare la paura dettata dall’ignoto.
Ulisse, il mare e l’ignoto
Nell’Odissea il mare più che oggetto fisico diventa una metafora, la metafora del viaggio della vita.
Ulisse ha come obiettivo quello di raggiungere Itaca. Ma, in realtà, il vero fulcro della sua vicenda è il viaggio per mare. Attraverso le sfide e gli ostacoli che il mare gli impone di superare, l’eroe riesce a scoprire i propri limiti, a varcarli e a ritrovare se stesso.
Dunque, è attraverso la curiosità, il coraggio e la voglia di conoscere l’ignoto figurato dal mare che Ulisse riesce a riscoprire se stesso. La scoperta di sé passa anche attraverso la scoperta dell’altro e ancor di più di ciò che appare non esperibile.
Un’evoluzione continua verso la meraviglia
Da Ulisse a Cristoforo Colombo, dall’epoca delle grandi esplorazioni fino alla democratizzazione del viaggio contemporaneo, il mare è stato l’oggetto di un’evoluzione continua. Il mare, prima elemento sconosciuto da definire, poi luogo sterminato da esplorare e infine, oggi, luogo di vacanza e di relax.
Sapere quale altra evoluzione gli riserva il futuro non è immaginabile. Ciò che sembra certo oggi però è che la sensazione che questa enorme distesa blu con tutto ciò che contiene e che ha rappresentato consente di provare è dissimile da qualsiasi altra sensazione.
Nessun panorama è capace di intimorire e al tempo stesso di stupire come il mare.
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Gaia Rotondella (articoli)