venerdì, 20 Dicembre 2024

Il discorso del re: la voce è uno strumento

La trama

“Il discorso del re” è un film del 2010 diretto da Tom Hooper con protagonista il celebre Colin Firth. La trama è incentrata sulla balbuzie del principe Albert, duca di York, secondogenito del re Giorgio V. Dopo la fallimentare riuscita di un discorso pubblico, Albert sempre più scoraggiato non ne vuole sapere di trovare una soluzione al problema vedendo specialisti giorno dopo giorno, finché sua moglie, duchessa di York (interpretata da Helena Bonham Carter), trova quello che sembra il logopedista perfetto per il principe: il dottor Lionel Logue (Geoffrey Rush). Per convincerlo della validità del proprio metodo, Logue – appassionato delle opere di Shakespeare – gli chiede di leggere ad alta voce un passo dell’Amleto, facendogli contemporaneamente ascoltare in cuffia musica a tutto volume.

Seppur scettico e infastidito, il paziente esegue e Logue ne registra la voce. Ma il Principe, spazientito, interrompe anzitempo la seduta e se ne va, accettando però di portare con sé la registrazione appena eseguita. Solo in un secondo tempo, dopo avere ascoltato il disco – in cui scopre inaspettatamente di aver declamato il brano dell’Amleto in modo fluente – il Principe accetta di sottoporsi alla terapia.

Con il tempo i due riescono ad instaurare un rapporto di fiducia fino a che Lionel non si prende eccessiva confidenza cercando le origini psicologiche del problema di balbuzia di Albert e dicendogli che egli sarebbe stato un grande Re nell’eventualità che il fratello rinunciasse alla corona (come farà effettivamente per sposare l’americana più volte divorziata Wallis Simpson).

Quando il Re Giorgio V muore, Albert viene incoronato con il nome di Giorgio VI, consapevole che ora sarà lui a dover presentare i comunicati via radio della casa reale.

La conclusione

Al momento della dichiarazione di guerra alla Germania del 1939, Albert convoca Logue a Buckingham Palace per preparare il discorso alla nazione da trasmettere via radio. Nonostante la difficoltà del momento e la grande emozione, Logue riesce a calmare il Re e gli rimane a fianco durante la lettura del discorso, accompagnandolo con gesti ritmici e aiutandolo con lo sguardo a mettere in pratica le tecniche imparate.

Il discorso è un successo e suscita un forte impatto emotivo nella nazione. Dopo aver ringraziato Logue per il suo aiuto, il Re si affaccia al balcone di Buckingham Palace con la moglie e le figlie, per salutare le migliaia di persone accorse per applaudirlo.

La duchessa di York, re Giorgio VI e il logopedista

L’importanza della voce

Nel film, la voce è strettamente collegata al concetto di potere e straordinaria imponenza, efficace per affrontare i compiti che il re deve portare a termine, fino ad essere quasi sinonimo di virilità. C’è da compiere una missione: il protagonista deve raggiungere il proprio oggetto di valore, che non è una corona o un pezzo di terra, ma, fatto piuttosto insolito per un sovrano, la padronanza sulla propria voce.

Il film si apre con un discorso, quello del 1925 allo stadio di Wembley, e si chiude con un discorso, quello del 1939, rivolto a tutto l’Impero in occasione dell’inizio della guerra. C’è una geometria calcolata che permette ai personaggi di arrivare allo scioglimento, alla risoluzione delle loro peripezie. A livello sottotestuale, poi, non sfugge certo il discorso sulla leadership. È noto come i capi dei totalitarismi novecenteschi abbiano inaugurato un nuovo approccio al potere, fatto più di apparenza che di realtà. Nel periodo compreso tra i due conflitti mondiali, furono in tanti a imitare da Hitler, Mussolini o Stalin: il loro rapporto con le masse era veicolato da quei media che ben presto tutti dovettero prendere in considerazione e per i quali la voce era fondamentale.

La voce è uno strumento musicale degno di accordatura come gli altri, è forse lo strumento più importante in quanto il primo con cui abbiamo a che fare e quello che rimane per tutta la nostra vita. E’ chiara l’importanza della voce, subordinata al potere, due cose che vanno di pari passo per tutta la durata del film.

Essa è uno dei biglietti da visita della persona, tanto quanto l’aspetto esteriore o il modo in cui ci presentiamo e per questo è necessario modularla secondo la necessità nei vari contesti quotidiani.

La voce in tempo di guerra

Se pensiamo ad un discorso attraente o ad una frase incisiva, spesso pensiamo che la loro efficacia ha a che fare con le parole pronunciate. Ignoriamo però che le parole non sono tutto: esse rivestono un ruolo d’importanza relativa nella comunicazione vocale.

Soprattutto in periodo di guerra serviva un rullo di notizie tambureggiante, una voce che partecipasse agli eventi bellici con gravità ed emozione, che facesse capire al popolo la vicinanza da parte di chi fosse al potere, proprio per questo all’interno de “Il discorso del Re” quella del discorso è la parte più emozionante del film.

L’arte di parlare in maniera avvincente può sembrare quasi una novità, ma non è affatto lontana da tecniche antichissime, come ad esempio l’antica oratoria greca. I greci infatti utilizzavano una figura straordinaria che ispirasse la “Melodia” dell’oratore; questo strano tipo detto il “Fonasco” munito di flauto, si poneva ai piedi del pulpito, e nascosto agli occhi della platea, tracciava delle melodie che l’oratore poteva intonare durante il suo discorso, guidandolo.

La voce del potere deve essere cadenzata ed echeggiante, per far sì che venga ricordata ed ascoltata, soprattutto la voce di un personaggio di spicco e a capo di una nazione deve permettere ai sudditi o cittadini che la sentono di identificarsi in essa perché gli possa dare sicurezza in periodi bui.

Benedetta Mancini
Benedetta Mancini
Studentessa di lettere moderne che ora è passata al mondo della comunicazione, fan della cultura in tutte le sue forme...il mio guilty pleasure è quella pop. Tratti salienti: un po’ troppo amante delle virgole.

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