L’eros sfruttato
“Poiché Eros è figlio di Poros e di Penia […] è sempre povero e tutt’altro che bello e delicato come dicono i più, al contrario è rude, sempre a piedi nudi, vagabondo”: così Platone, per bocca di Socrate, definisce il concetto camaleontico di un eros maturato contorcendosi tra amore e guerra (pensiamo anche solo al poema per eccellenza, l’Iliade, dove dalla passione sfocia uno sterminio).
Non è un segreto che la mitologia greca sia costellata da stupri e violenza e che Roma si sia fondata su il ratto delle Sabine: arte e orrore si intrecciano, la storia ne è esempio. Eppure, se in una song culture come quella greca l’apparato mitologico era l’enciclopedia del sapere comunitario, perché oggi ci si specula sopra?
Se condanniamo Zeus riconoscendolo come stupratore, perché personaggi di fenomeni cinematografici e letterari, che ne condividono i comportamenti, scampano a questo destino? Dov’è il progresso che promuove nuovi rapporti di genere?
Il pericolo del pretty privilege
Ci troviamo in un momento storico in cui la discussione sul consenso ha trovato posto al tavolo, specialmente a seguito del movimento “Me Too” che rilancia temi quali la fluidità, il genere, la libertà sessuale e d’espressione. Benché consci dei numerosi strumenti che possono educarci, i fenomeni letterari per giovani adulti non riescono ad abbandonare un’ideale perverso di relazione: i libri più venduti camuffano rapimenti, forzature e manipolazioni con sorrisi seducenti e corpi scolpiti. La raffigurazione dei rapporti di genere viene dettata tramite luoghi comuni.
La dinamica si ripete: tra personaggi maschili emotivamente immaturi, privati di un realistico spettro emotivo e personaggi femminili a cui è concesso di essere parte attiva della narrazione soltanto nel ruolo di salvatrici.
La donna è sì dinamica ma principalmente in funzione dell’uomo.
L’interezza del fenomeno ruota intorno a un concetto che potremmo esprimere con il termine slang pretty privilege: il privilegio di venire giustificati perché conformi agli standard di bellezza. Così si romanticizzano assassini seriali affibbiando il loro ruolo ad attori attraenti. Si maschera la mancanza di consenso con fantasie di sesso estremo. Si lamina d’oro tutto quel che si può.
Anche gli dèi erano splendidi e gonfi di potere sessuale, eppure se ne conoscevano i vizi, il sadismo e la violenza: l’uomo greco era posto di fronte all’inevitabile verità.
Com’è dunque possibile che ad oggi si offra un luccicante specchietto per le allodole senza curarsi dell’impatto che può avere sulla psiche dei più giovani?
La nuova (dis)educazione
Educhiamo i ragazzi a perseguire ideali di mascolinità violenta (con pillole di machismo scadente) mentre dall’altra parte le ragazze si abituano, fin da giovani, a ruoli remissivi. Il tutto adornato dalla necessità di essere attraenti. La bellezza non è solo un requisito ma anche la legge e la chiave di volta.
Fenomeni come 365 days, Cinquanta sfumature di grigio o After perseguono ideali di relazioni con evidenti squilibri di potere: l’Eros viene messo al servizio di dinamiche violente e psicologicamente abusanti, ma la bellezza giunge nuovamente come un velo sugli occhi. Se accostassimo i comportamenti di questi stessi personaggi a corpi non considerati appetibili, l’indice di gradimento sarebbe ben diverso.
Le grandi case editrici non hanno più un filtro qualitativo
L’editoria è un mercato vacillante: l’investimento su prodotti che si preannunciano “virali” da parte delle grandi case è una strategia di marketing puramente capitalistica. Il sesso vende, è la storia più antica. Si rischia però di vanificare ogni tentativo di apertura di dialogo, ricalcando quegli stereotipati rapporti di genere e di dinamiche relazionali che ci accompagnano dall’infanzia.
Servirebbe da entrambe le parti un cambiamento ancora solo abbozzato: educare alla lettura e produrre contenuti che forniscano esempi per una maggiore libertà d’espressione.