L’ultima volta che il centrodestra unito è stato al governo era il 2011. Il nostro paese stava vivendo la crisi economica più devastante della sua storia recente e il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, se ne andava in giro a dire che la crisi non c’era e che, a prova di ciò, i ristoranti erano pieni. Un’intera classe politica totalmente impreparata stava per essere accompagnata alla porta, tra le risate imbarazzate dei nostri partner europei, e il paese veniva affidato a Mario Monti, l’unico che potesse tranquillizzare i mercati ed evitare la bancarotta.
Oggi, il centrodestra, a distanza di undici anni da quelle buie notti del novembre 2011, ha ripreso in mano le sorti del paese, per cui pare lecito chiedersi come andrà a finire questa volta. Il nuovo governo Meloni porterà il nostro paese sull’orlo della bancarotta? A molti questa domanda sembrerà oltremodo esagerata, ma esistono almeno quattro ragioni per essere preoccupati abbastanza da porsela.
Primo, tempi duri si stagliano all’orizzonte. Con l’inflazione ancora sostenuta ci si aspetta che la BCE continui la sua stretta monetaria per riportare la crescita dei prezzi all’obiettivo del 2%. Questo avrà ovvie ricadute negative in termini di crescita economica, posti di lavoro e investimenti.
Secondo, Lega, Fratelli d’Italia, e Forza Italia hanno promesso flat tax e abbassamento dell’età pensionabile, misure che, se approvate, creerebbero un buco enorme nei conti pubblici Italiani, mettendo a rischio la stabilità finanziaria dell’intero sistema paese.
Terzo, nessuno ne parla più, ma l’Italia ha un rapporto debito/PIL del 150%, il secondo più alto dell’area euro (dopo la Grecia). Quando nel 2011 rischiavamo la bancarotta il debito era “solo” del 120%, ben 30 punti percentuali sotto quello attuale.
Quarto, l’ascesa e caduta del governo britannico di Liz Truss mostra come ci voglia molto poco – è durata più una foglia di lattuga della premier inglese – per mettere a soqquadro l’economia di un paese quando spendi soldi che non hai per cose che non hanno il benché minimo senso economico.
Una recessione all’orizzonte, una classe politica spendacciona, una sitazione debitoria già particolarmente critica, e dei mercati nervosi sono gli stessi ingredienti che alla fine portarono alle dimissioni dell’ultimo governo Berlusconi nel 2011.
Spesso si dice che la Storia insegna, ma non ha scolari. Ebbene, pare invece che Giorgia Meloni abbia fatto tesoro della serie di eventi che portò alla caduta dell’ultimo governo di centrodestra, e che sia risoluta più che mai a non commettere gli errori del passato.
L’atteggiamento prudente e moderato, qualcuno direbbe draghiano, che ha assunto dalla vittoria elettorale mostra la volontà di tranquillizzare i mercati, cosa che in effetti sta accadendo. Lo spread, il differenziale tra i rendimenti dei titoli di stato italiani e tedeschi, che era intorno ai 250 punti il giorno dopo le elezioni, è ora sceso a 215. Inoltre, la nuova presidente ha espresso più volte la sua riluttanza a finanziare nuove misure in deficit e a ricorrere allo strumento del debito pubblico. Per quanto riguarda il rapporto con Bruxelles, fonte di significative tensioni finanziarie durante i primi mesi del governo di Lega e 5 Stelle, Meloni sembra orientata a un atteggiamento più cooperante. Anche guardando alla compagine di governo, la nomina di Giancarlo Giorgetti al Ministero dell’economia non può che rassicurare. Giorgetti infatti, già ministro per lo Sviluppo Economico nel governo Draghi, è uno degli esponenti più moderati e stimati all’interno della Lega.
Per tutte queste ragioni, ci si aspetta che il governo Meloni assuma un comportamento fiscalmente responsabile e che non provochi grosse problematiche a livello di stabilità macroeconomica. Insomma, spiace per i catastrofisti, ma niente catastrofe. Questo governo non farà la fine dell’ultimo governo Berlusconi.