venerdì, 20 Dicembre 2024

Giovani, università e estero: parliamone

A molti sarà capitato: verso la fine di un percorso di studi (che siano le scuole superiori o una laurea triennale) di chiedersi: e se vado a studiare all’estero?

Da una domanda del genere ne scaturiscono mille altre. Inizia così la maratona di nottate passate a districarsi tra regole burocratiche e logistiche dei vari paesi, individuazione dei corsi di laurea più interessanti, fino ad arrivare alle domande di ammissione, a volte talmente pretenziose da scavare nel nostro passato accademico fino alle elementari, e chiedere spiegazioni su quell’ “insufficiente” nella tabellina del 7.

Sono decisioni difficili da prendere. Non si tratta solo di “lasciare il nido“, che ad un certo punto dobbiamo lasciare tutti volenti o nolenti, ma di trovarsi a migliaia di chilometri da casa, di cambiare abitudini e modi di pensare, caratteristici del nostro Bel Paese ma che a volte sono lontani anni luce da altre realtà. Chi lo fa? Ebbene, a quanto pare tanti giovani italiani. Le motivazioni sono le più disparate, a volte legate alla voglia di staccarsi dal sistema italiano che non offre quanto sperato, altre semplicemente ispirate dal voler scoprire paesaggi e facce nuove.

Qualche dato

Secondo la classifica 2021 del QS World University Rankings, sono 3 le Università italiane che si posizionano entro le 200 migliori università estere. Un ottimo risultato che negli ultimi anni non ha subito cambiamenti sensibili. Nonostante questo però, non mancano i giovani che ogni anno decidono di voler iniziare un percorso di studi in un paese diverso dall’Italia. Rilevare dati precisi riguardo questo tipo di categorie non è affatto semplice, essendo continuamente in evoluzione.

Percentuale di studenti italiani e tedeschi che studiano all’estero. Fonte: UNESCO
Percentuale di studenti che si recano in Germania e in Italia per studiare. Fonte: UNESCO

Di “fuga di cervelli”, termine ambiguo ma efficace al contempo, ne avevamo già parlato con Giulia Pastorella in un’intervista che ha affrontato questo fenomeno e cercato di individuarne le cause. Come anche sottolineato nell’intervista, dal grafico salta subito all’occhio che la percentuale di chi parte per andare a studiare fuori (outbound) è abbastanza in linea con gli standard europei (nel grafico comparata con la Germania). Molto bassa invece è la percentuale di chi arriva per studiare in Italia (inbound). Dato significativo se inserito nel contesto delle possibilità che un paese come l’Italia può dare o meno. Questo rende quindi la percentuale di outbound molto più significativa. Quali sono allora le cause che spingono un giovane italiano a cercare fortuna altrove?

Per capire senza generalizzare è necessario chiedere a chi in prima persona si trova in questa situazione.

Gaia

Gaia studia lingue e relazioni internazionali a Exeter (UK). Una facoltà che avrebbe potuto trovare anche in Italia, ma l’idea di studiare e vivere in un paese estero come l’Inghilterra l’ha affascinata a tal punto da portarla fuori. Riportando la sua esperienza afferma di avere spesso nostalgia del suo paese nativo e delle persone e delle tradizioni che ha lasciato lì. Tanto che prende in considerazione di ritornare in un futuro a vivere e lavorare qua stabilmente. Nonostante questo pensa che il sistema inglese offra numerose opportunità. Dice infatti: “Se sei uno studente, tutto ruota intorno all’università. Soprattutto se si parla di ambiti non prettamente accademici, partendo dalle strutture a disposizione fino alla vita sociale che ti crei intorno.”

Carolina e Chiara

Carolina e Chiara invece studiano rispettivamente Magazine Journalism and Publishing a Londra e Songwriting a Brighton (UK). Entrambe hanno scelto la meta principalmente in funzione del percorso di studi che volevano intraprendere e non il contrario. Chiara vuole fare della musica un lavoro, ma in Italia non esistono corsi di laurea relativi all’ambito musicale. Al più ci sono accademie, che rilasciano però alla fine del programma una certificazione che non può essere considerata al pari di quella di una laurea triennale. Carolina è interessata al mondo dell’editoria ma che non si esaurisca nell’apprendimento teorico, ed è appunto a Londra che ha trovato una facoltà che le permette di mettere in pratica quello che studia.

Alla domanda ” Credi che l’Italia limiti le possibilità per un giovane di costruire un percorso lavorativo soddisfacente?” Carolina soverchia un po’ le risposte “stereotipo” che vengono di solito date, dicendo che forse il problema non è l’Italia, bensì “una sorta di dilagante rassegnazione multigenerazionale”. La verità forse sta nel mezzo. Sicuramente certi meccanismi italiani non permettono di intraprendere le strade che più si confanno al campo per cui si è studiato. Dall’altro per ottenere certi risultati e traguardi c’è bisogno di una certa dedizione e determinazione che spesso manca o comunque scarseggia.

Stefano e Lucia

Stefano è uno studente che dopo una triennale a Torino, di cui un anno passato in Germania grazie al progetto Erasmus+, ha deciso di trasferirsi in una città estera, per l’appunto Berlino, per frequentare un master di Archeologia del Vicino Oriente antico. Lui vede in Germania una prospettiva di carriera che in Italia si tramuterebbe in anni di precariato. Il suo ambito di studio infatti , essendo specifico e di nicchia, rischia di essere preso sottogamba in Italia e di non potergli offrire un lavoro in grado di realizzarlo professionalmente. Non vede Berlino come “la terra promessa”, ma potendo dire di aver vissuto il sistema universitario sia italiano che tedesco, crede che la Germania sia più in grado di sostenerlo nelle sue scelte lavorative future.

E la pensa più o meno così anche Lucia, che si è trasferita in Germania a soli 18 anni. Studia Kulturwissenschaften, che in Italiano si potrebbe tradurre con “studi culturali”, anche se, come dice lei, è difficile trovare una traduzione corretta perchè in Italia non esiste un corso che racchiuda tutti gli aspetti e le materie che sta studiando al momento.

Lucia si è trasferita, come tanti, per i più svariati motivi, e ha trovato nel sistema tedesco una strada che le piace. Dice infatti che la Germania agevola molto i giovani. Non ci sono rette universitarie, se non il così chiamato semesterticket da cifre irrisorie da dover pagare all’inizio di ogni semestre (che spesso offre anche agevolazioni per i traporti pubblici). Inoltre lavorare e studiare è una realtà affermata, avendo la possibilità di trovare lavori part-time inerenti all’ambito in cui si studia. In questo modo ci si può guadagnare da vivere e al tempo stesso porre le basi per una soddisfacente carriera futura.

Cambiare si può?

C’è qualcosa che è sicuramente innegabile: quando si parla di Italia si va col cuore alle atmosfere calorose e di convivialità, alle tradizioni e alla cultura che ci caratterizzano. Sono aspetti che vivendo all’estero ad un certo punto, in un modo o nell’altro, cominciano a mancarti, così come anche gli intervistati hanno ribadito. Questo non è da sottovalutare, anzi molto spesso è un termine di paragone decisivo tra il rimanere in territorio italiano o stabilirsi in altri paesi. D’altra parte, come è stato detto, il sistema lavorativo e meritocratico, l’organizzazione delle istituzioni pubbliche e private, sono settori che in Italia spesso non agevolano i giovani studenti.

Certo, fossilizzarsi solo su questi parametri decisionali non sarebbe pienamente corretto. La questione è molto più ampia e si sa che il singolo individuo spesso si fa guidare dalla curiosità che deriva dalle nuove esperienze. Sarebbe sbagliato non ammettere l’esistenza di problematiche che il sistema Italia ha, ma lo sarebbe altrettanto farne una questione generalizzata. Lasciare spazio a nuove proposte e imparare a vedere il nostro paese con gli occhi dei giovani, forse possiamo partire da qui.

Alessandra Sabbatini
Alessandra Sabbatini
Classe 1999. Bolognese di nascita ma cresciuta in un paesino della Bella Romagna. Amo tutto quello che mi permette di andare lontano con la mente: cinema, letteratura e soprattutto musica. Mi piacciono le gite fuori porta e i viaggi verso luoghi che lasciano a bocca aperta. L'Irlanda è il mio paese del cuore (però sono di parte, ho i capelli rossi)

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