Generazione Giovani
“Siamo giovani, siamo liberal e permissivi, siamo quelli che tollerano e dialogano nel circuito globale. Siamo i nuovi prototipi di individui cresciuti nel mondo allargato della comunicazione istantanea, veloce e capillare.”
L’occhio delle generazioni passate
Non è facile fare un’analisi olistica delle differenze fra una generazione e un’altra, tanto quanto è difficile comprendere dove una inizi una o dove termini. Quello che so è che i nostri genitori, i loro coetanei e i nostri nonni vedono in noi non solo la mancanza della logica del dovere, ma anche della coesione tra le persone e dello spirito collettivo. Ci dicono che siamo curvi sui nostri smartphones e che siamo incapaci di comunicare con gli altri, che non lavoriamo e che, se lo facciamo, ci lamentiamo troppo. Noi che siamo i migliori, noi che siamo i nativi digitali figli del progresso, noi che siamo tutti speciali (e quindi nessuno infine lo è).
O fai Instagram o sei fuori
Se si fa un giro su un comune profilo Instagram, si può capire come un tipico millenial sia particolarmente minuzioso nel curare ogni aspetto della propria immagine. Ci si trova bombardati da definizioni professionali come “photographer”, “writer” o “language student”, tutte in salsa inglese perchè è la lingua globale per eccellenza. Tante storie che rimarcano continuamente momenti di giornate e pensieri crepuscolari, facce sempre felici e sorridenti, frasi filosofiche e filtri ad hoc per ogni situazione. Ognuno su instagram è un artista, ognuno “fa della propria vita un’opera d’arte”, che mostra alla comunità. E non c’è spazio per uscirne fuori: dal momento che non si è più in rete, si sparisce; il rischio è l’anonimato.
La libertà amministrata
L’individualismo si tinge di narcisismo e di egocentrismo, perde la carica creatrice e si configura come un elogio passivo della propria persona. Se, come diceva Nietzsche, “sono gli egoismi a far progredire l’umanità”, il messaggio oggi è stato frainteso. La libertà di poter fare quello che si vuole, con il diritto di non essere disturbati, è una libertà “amministrata”, per dirla a’ la Marcuse. Tutto è permesso, tutto è concesso, finchè non vada ad intaccare realmente il sistema vigente, in una logica di identificazione tra ragione e realtà. Al di fuori del sistema, niente esiste, e perciò l’individuo è costretto a rintanarsi nei modelli esistenti per poter sopravvivere.
L’industria culturale
L’industria culturale di cui parlava Adorno rende il consumatore “oggetto” e non “soggetto”, in quanto lo confina in un recinto programmato di attività e divertimento. I ragazzi, disancorati e insicuri, trovano conforto nell’ossessiva manifestazione di sè, sempre e comunque. L’incapacità di costruire relazioni rende ancora più atomizzato l’individuo, il quale non riesce più a creare gruppo e la mancanza di radicamento fossilizza le idee e imbriglia il giovane in un perenne stato di oblio identitario. Difficile diventa responsabilizzarsi in mancanza di altre persone al proprio fianco nei momenti di incertezza. Allora i ragazzi vanno a ballare, e ballano fino alla sfinimento, in attesa che qualcun altro si occupi del Mondo.
il sottile confine tra Libertà e Libertà di fare
“Quando catturi una farfalla tanto tempo da farle dimenticare che cosa sia il volo, se apri le mani e la lasci andare non vorrà più andarsene. Crederà che la libertà non sia il volo incondizionato. La libertà per lei sarà la facoltà di rimanere chiusa tra le tue mani. È così sottile il confine tra libertà e libertà di fare qualcosa”.
Massimiliano Garavalli
Scritto per la rubrica “l’Eco Del Bunker” dell’università Bocconi di Milano
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