Esiste ormai una nuova fascia d’età fra quella dei giovani e quella degli adulti, i “giovani adulti”. Una categoria recente che vuole rappresentare tutti quei giovani che, pur avendo più di 25 anni, non hanno ancora una casa, un lavoro stabile o una famiglia.
Questi obiettivi, che 50 anni fa erano considerati come tappa imprescindibile da raggiungere per sentirsi appagati socialmente, ora appaiano sempre più lontani e, spesso, irraggiungibili.
Ne deriva tanta frustrazione nei giovani, che sentono di aver fallito nella vita, prima ancora di aver avuto la possibilità di apprezzarla. In una società dove l’ostentazione primeggia online e offline, è facile sentirsi sbagliati, incompresi e in ritardo.
Andiamo a vivere insieme (in affitto)?
Oggigiorno sempre più giovani adulti sono obbligati a vivere in affitto. Infatti, acquistare casa è considerato troppo dispendioso o complicato; e appare un’utopia, un sogno lontano. Secondo la Deloitte Global GenZ and Millenial Survey del 2023, almeno 7 giovani su 10 la pensano in questo modo.
Infatti, gli aiuti dallo Stato ci sono ma spesso non sono abbastanza. Basti pensare che le banche scelgono principalmente di concedere un mutuo a lavoratori con un reddito mensile continuativo o con un garante; e che le agevolazioni “prima casa under 36” coinvolgono esclusivamente gli under 36 con un ISEE annuo di 40.000 euro per nucleo familiare.
Tuttavia, in Italia solo il 6% dei giovani under 35 possedeva un immobile nel 2019. Un numero davvero basso, che è però cresciuto negli ultimi anni, a seguito delle agevolazioni post-pandemia.
Nonostante ciò, la situazione resta allarmante ed è il motivo per cui i giovani adulti lasciano la casa dei genitori sempre più tardi.
I giovani non si sposano più
Quando si pensa ad un matrimonio italiano si ha l’idea di una grande festa con centinaia d’invitati, party planner, una location da sogno e tonnellate di cibo. Tuttavia, questa visione si discosta sempre di più dalla realtà. Negli ultimi anni, infatti, il modello di “famiglia tradizionale” sta scomparendo in Europa. Basti pensare che nel 2011 le coppie conviventi in Italia erano 1.242.434 in totale. La ragione principale è la mancanza di fondi per poter convolare a nozze.
Una storia che ha fatto scalpore è quella di Roberto e Maria Chiara, due ingegneri catanesi che per finanziare le proprie nozze hanno deciso di affidarsi alla rete, creando un sito internet chiamato “le nozze di Catania” dove cercavano finanziamenti per il loro grande giorno, in cambio di pubblicità.
Nonostante la difficoltà nel trovare fondi per il proprio matrimonio, è bene ricordare che esso può essere più vantaggioso della convivenza per diversi motivi: il coniuge è erede legittimo del defunto; il figlio viene riconosciuto in automatico; e vi sono alcune detrazioni fiscali.
Tuttavia, se si pensa a quanti soldi vengono risparmiati dalle mancate nozze o da un possibile divorzio; e i benefici che ne derivano dal mantenere un ISEE separato, alla fine si può giungere alla conclusione che conviene non sposarsi.
I giovani non fanno più figli
Allo stesso modo il calo delle nascite in Italia non può essere una sorpresa. Infatti, come già spiegato, la situazione economica dei neo genitori certo non aiuta. Ma c’è di più. Infatti, mancano gli investimenti in politiche familiari.
Accanto ad una solida rete di welfare che accompagni i primi mille giorni di vita di un bambino è necessario un deciso impegno per assicurare alle donne – e in particolare alle mamme – la possibilità di sviluppare il proprio percorso lavorativo, riequilibrando i carichi di cura e trasformando un mondo del lavoro ancora oggi in molti casi ostile
Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children
Accedere agli asili nidi comunali è ormai diventato impossibile; e accedere a quelli privati costa troppo. La scelta obbligata per molte famiglie che vogliono figli è che un genitore resti a casa (ciò, va senza dirlo, penalizza speso le donne); o che i bambini vengano affidati ai nonni.
Tuttavia, non sembra si hanno queste possibilità e allora spesso molte coppie, in mancanza di alternative, rinunciano ad avere figli.
Una generazione depressa
Davanti a queste sfide e grandi rinunce, i giovani si sentono persi e insoddisfatti della propria vita. Vorrebbero un cambiamento ma non sanno come ottenerlo. Vivono per lavorare, per sopravvivere; e non il contrario. Spesso riconoscono le problematiche che stanno affrontando ma si sentono impotenti davanti ad esse.
Infatti, un italiano su dieci vorrebbe andare vorrebbe andare da uno psicologo ma non ha i soldi per farlo. Ragione per cui, molti giovani (e non solo) cadono in depressione. Un indice indicativo di questa situazione sono anche i casi registrati di burnout. Secondo uno studio di GoodHabitz, due italiani su tre soffrono di stress e burnout come conseguenza del proprio lavoro.
Questo quadro così macabro e tristemente reale raffigura la situazione della maggior parte dei giovani italiani.
Lo spiega bene Valerio Amilcare, in arte “Mangiasogni”, attraverso la sua pagina Instagram e il suo romanzo illustrato “Niente come prima”.
Siamo davvero in ritardo?
Ci hanno sempre insegnato che chi arriva prima è vincente; ma forse dovremmo riconsiderare il proverbio ormai poco utilizzato “chi va piano, va sano e va lontano”; e prenderci il nostro tempo per sbagliare. Infatti, anche sbagliare dovrebbe essere consentito e visto non tanto come una cosa negativa; quanto più come una possibilità per migliorarsi.
Inoltre, occorre ricordare che al momento in Italia il tasso di disoccupazione giovanile è di 20,8%.
Un dato allarmante che ci lascia con l’amaro in bocca ma che può farci sentire meno soli; e che dovrebbe essere per il governo un campanello d’allarme e provocare un cambiamento di rotta.
Infatti, aumentare gli asili nido comunali, aprire le procedure di adozione a coppie omosessuali e a genitori single, aumentare i salari fermi dal 1991, pagare i tirocinanti e distribuire il bonus psicologo a tutti i giovani almeno fino ai 35 anni, potrebbe davvero cambiare la situazione economica e psicofisica di un’intera categoria di persone. Questo dissuaderebbe anche molte persone dal partire all’estero.
Dunque se c’è qualcuno che ha fallito o che sta fallendo in questa società non sono i giovani; quanto più lo Stato.