lunedì, 18 Novembre 2024

Generazione valigia vol. 5: com’è cambiata l’idea di comunicazione

Eccoci tornati con il quinto appuntamento di Generazione valigia, la rubrica mensile con cui cerco di raccontare, una volta al mese, come le nuove generazioni si relazionano ai grandi temi come: la casa, il lavoro o l’alimentazione.

Questo mese ho deciso di scrivere di come è cambiata l’idea di comunicazione.

Il viaggio della comunicazione: dalla scarsità all’abbondanza

Se volessimo spiegare in maniera semplicistica il processo di trasformazione che ha interessato i mezzi di comunicazone di massa dalla loro nascita ad oggi, potremmo parlare di una transizione dalla scarsità all’abbondanza.

Per mezzi di comunicazione di massa, o mass media, intendiamo quegli strumenti che a partire dal Novecento hanno reso possibile la diffusione dell’informazione in tempo reale, cioè senza nessun intervallo tra l’emissione del messaggio e la sua ricezione. Malgrado la diffusione della stampa dal 1450 in poi, si deve infatti attendere l’arrivo della radio per poter parlare di veri e propri mass media.

Alla fine della prima Guerra Mondiale, molte industrie che avevano dovuto produrre apparecchi radiofonici per l’esercito volevano trovare a questa tecnologia un’applicazione redditizia anche in tempo di pace.

Prese così piede l’idea di un utilizzo commerciale della radio. La prima stazione radio commerciale della storia fu probabilmente quella messa in piedi a Detroit dal proprietario di un quotidiano locale, che iniziò a realizzare trasmissioni quotidiane a partire dal 31 agosto 1920. 

Nonostante la radio avesse dimostrato di essere un mezzo di diffusione potentissimo, la vera rivoluzione nel mondo dell’informazione, come sappiamo, venne dopo.

Negli Stati Uniti la radio ha impiegato trent’anni per raggiungere sessanta milioni di persone, la televisione ha raggiunto questo livello di diffusione in quindici anni; internet lo ha fatto in soli tre anni dalla nascita del world wide web.

Manuel Castells

Fino alla seconda metà del Novecento, vi era ancora una scarsità di mezzi di informazione e di messaggi, c’erano poche fonti e l’universo simbolico a cui si faceva riferimento non era ancora così affollato. Questo fino all’avvento della televisione.

Il mese scorso ho scritto della storia della Tv, parlando dell’importante ruolo che questo mezzo di comunicazione ha giocato come vero e proprio catalizzatore sociale. Gli anni in cui cominciò a diffondersi come mass media nelle case del mondo occidentale, coincisero con gli anni del cosiddetto diluvio commerciale: un periodo in cui nacquero una moltitudine di radio e di stazioni televisive private.

Da qui vediamo il primo vero balzo in avanti: dalla situazione di scarsità di mezzi, messaggi e fonti si passa ad una fase in cui il singolo poteva cominicare ad avere la possibilità di scelta rispetto ad un ampio ventaglio di proposte.

Ma come siamo arrivati da un ampio catalogo di scelta ad una vera e propria esplosione di mezzi e di canali di informazione? Come al solito la risposta è solo una: con l’avvento di internet.

La frammentazione della comunicazione

I cambiamenti introdotti dalla commercializzazione degli anni Ottanta si accentuano ulteriormente con il successivo processo di innovazione tecnologica che ha inizio con la digitalizzazione. Attraverso questo processo si comincia a comprendere come si possa veicolare un numero sempre maggiore di informazioni rispetto a quanto si riusciva a fare nell’era della trasmissione analogica.

Con la diffusione di internet i canali attraverso cui comunicare e fare informazione si moltiplicano pressocchè all’infinito. Risultato? Ognuno ha a disposizione un’incrredibile quantità di fonti da consultare, potenzialmente sempre altre e diverse rispetto a quelle consultate da qualcun’altro.

Dall’accezione di comunicazione ‘di massa’ si passa ora progressivamente a un sistema dei mezzi della comunicazione estremamente frammentato e finalizzato a raggiungere sempre più spesso segmenti specifici della società. Dalla comunicazione di massa si passa quindi ad una condizione in cui prevalgono fonti e messaggi segmentati.

I veri protagonisti di questo cambiamento non sono stati tanto i siti corrispondenti a canali offline di comunicazione, quando i diversi social media diventati veri e propri canali di informazione.

Nel 2021, l’Osservatorio permanente Censis-Ital Communications sulle Agenzie di comunicazione in Italia ha indicato che per 4,5 milioni di italiani l’unica porta d’accesso all’informazione è rappresentata dai social network.

Nessun tipo di mediazione: la rete è tutto e i social sono gli unici depositari dell’informazione, con tutto il corredo di esposizione a quelle fake news che finiscono per influenzare le visioni del mondo e condizionare le scelte delle persone. Siamo davanti ad uno scenario in cui la disinformazione galoppa e si nutre di un web che è aperto a un enorme flusso di informazioni, con notizie alla portata di tutti, ma in cui è difficile orientarsi.

Abbiamo già parlato del fenomeno dello scrolling social paragonandolo al binge watching televisivo. TikTok, terreno fertile per lo scrolling compulsivo, si è affermato come uno dei canali proncipali attraverso cui la Gen Z si informa. Il social è infatti diventato un vero e proprio motore di ricerca al pari di Google, ed è un l’emblema del flusso infinito di informazioni a cui si può attingere sul web.

Il rischio per l’utente che utilizza esclusivamente i social media per informarsi è quello di rifugiarsi in una sorta di spazio chiuso (la famosa filter bubble) in cui si apprendono notizie solo sulla base delle proprie tendenze e inclinazioni.
Un aspetto ancora più preoccupante è la già citata facilità con cui ci si espone alle fake news che, se raccontano una storia a cui vogliamo credere, sono quasi impossibili da mettere a tacere una volta che hanno spiccato il volo sul web.

Sentirsi sopraffatti

Mentre i social media affinano sempre di più i propri algoritmi per reclutare un numero di utenti sempre più fidelizzato, è facile maturare un senso di sopraffazione.

Da un lato si ha la sensazione di non riuscire mai veramente a seguire tutto quello che succede: si comincia a sviluppare un’ansia legata alla paura della disconnessione (fear of missing out). Dall’altro lato la nostra memoria, perennemente bombardata da nuove comunicazioni ormai fatica ad immagazzinare le nuove informazioni. Come in un ciclo bulimico in cui ci si ingozzerà di nuove notizie che il nostro cervello non riuscirà a metabolizzare.

Non stupisce che quidi si possa sviluppare un senso di respingimento verso questo costante bombardamento. Cosa verrebbe da fare? Quello che il grande Duccio ci suggerisce nella serie Tv Boris

io ho trovato un modo per difendermi. […] Ho smesso di leggere. Non leggo più niente, ma niente eh! Libri, giornali, riviste, un cartello di pubblicità nella strada… […] Non lo leggo. Non leggo una mazza e sto benissimo. Biascica, dai retta a me, chiuditi a riccio, non leggere più niente e ti passa tutto!

Bosir, stagione 2 ep 4

Purtroppo però, a meno di diventare degli emarginati, la vera soluzione è trovare un modo di esercitare un proprio filtro critico. Scegliere quali possano essere i canali di comunicazione a cui vogliamo dar ascolto, senza precluderci la possibilità di fare un confronto attivo con altre fonti.

Come sempre, la vera grande risposta è l’equilibrio: trovate un modo per non essere sopraffatti o stremati dal flusso di notizie, ma cavalcatelo per continuare ad esercitare vostro diritto all’informazione.

Sara Valentina Natale
Sara Valentina Natalehttps://www.sistemacritico.it/%20%20
Sara Valentina Natale. Laureata in Studi Internazionali, ho scelto di proseguire i miei studi con un master in Corporate Communication, Lobbying & Public Affairs a Roma . Adoro scrivere, fare polemica e bere Gin. Aspirante femminista, europeista incallita, sportiva occasionale.

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