Era l’inverno tra il 1404 e il 1405 quando Christine de Pizan (1365- 1430) , italiana di nascita ma cresciuta alla corte di Francia di Carlo V ,immaginava una città fortificata di sole Dames nobili di spirito, non necessariamente di sangue, costruita sotto la guida di Ragione, Rettitudine e Giustizia.
La “Città delle Dame” ( Livre de la Cité des Dames ) nasce da un senso di rivalsa, dal desiderio di mostrare che “Una donna intelligente riesce a fare di tutto” (Libro I, XI) per rivendicare l’autorità femminile attraverso la riscrittura della tradizione. É una risposta al De mulieribus claris (Sulle donne famose) di Giovanni Boccaccio, al Roman de la Rose, al filosofo Mateolo, e a tutti i testi avversi alla condizione femminile.
“[…] Ma l’aver visto quel libro [del filosofo Mateolo n.d.r] mi turbò profondamente, sui motivi e le cause per cui tanti uomini diversi tra loro per condizione, i chierici come gli altri, erano stati ed erano ancora così propensi a dire e scrivere nei loro trattati tante diavolerie e maldicenze sulle donne e la loro condizione.” (Libro I, I)
Una “città perfetta, fortificata, e chiusa da solide porte” (I,VI)
Una città per sè, spazio della parola e del racconto di Christine e di altre donne. Un luogo in cui sia finalmente data voce anche anche a coloro che la tradizione aveva descritto come esemplari dei vizi femminili. Semiramide, Didone vengono recuperate nella loro grandezza e nobiltà attraverso la riscrittura della loro storia.
Eroine come Lucrezia, poetesse come Saffo, scienziate, regine, guerriere, indovine, martiri.. per dimostrare l’enorme e indispensabile potenziale che le donne possono offrire alla società. C’è spazio per le valorose Amazzoni, per Medea e anche per la maga Circe, l’indovina Cassandra e l’orgogliosa Aracne.
Non mancano spunti politici e sociali: la scelta del suicidio della Lucrezia romana genera una riflessione intorno alla violenza sul corpo femminile, confutando l’idea che le donne traggano piacere nell’essere violentate. Una credenza subdola e strisciante che permane anche oggi, a 600 anni di distanza dal “Medioevo” di Christine.
Centrale è il tema dell’educazione femminile
Christine, cresciuta in un’ambiente di corte vivace e stimolante, ebbe il privilegio di studiare e di avere libero accesso alla Biblioteca Reale del Louvre, senza pari in Europa per la quantità e la qualità dei preziosi libri splendidamente miniati. Divorò libri di filosofia, letteratura antica, medicina. Comprese che a determinare la presunta inferiorità delle donne vi era l’impossibilità di istruirsi e l’isolamento tra le mura domestiche .
“Se ci fosse l’usanza di mandare le bambine a scuola e di insegnare loro le scienze come si fa con i bambini imparerebbero altrettanto bene e capirebbero le sottigliezze di tutte le arti, così come essi fanno.”
( Libro I, XXVII).
Christine, femminista ante litteram
Fu la prima donna a concepire sé stessa come scrittrice di professione, mantenendosi economicamente. Fondò un’officina del libro con copisti e miniaturisti e miniaturiste. Attraverso questa attività poté mantenere sé e i tre figli, dopo essere rimasta vedova nel 1390.
La Città delle Dame non fu il suo unico libro, scrisse anche ballate, poesie, canzoni e trattati, tra cui il “Libro della Pace”. Un trattato sul buon governo, dedicato al delfino Luigi di Francia durante il tragico scenario della guerra dei Cento Anni. Ultimato nel 1413, un secolo prima de “Il Principe” di Niccolò Machiavelli.
Una donna che scriveva di parità in un mare di misoginia. Un’anima nobile e coraggiosa contro i vili e i maldicenti. Una protofemminista in un mondo che aveva ancora tanta strada da compiere per comprendere l’autentico messaggio di Cristina. Un’eroina animata da un sogno che ancora oggi non si è pienamente realizzato.
“In quanto a coloro che per natura sono maldicenti non è strano che critichino le donne […]. E tuttavia ti dico che un uomo che volentieri sparla di una donna è di animo molto vile, perché lo fa contro ragione e contro natura. Contro ragione in quanto si mostra ingrato e dimentico del gran bene resogli dalla donna. Così grande che egli non saprebbe come ricompensarlo e di cui sente continuamente il bisogno.”
Valentina Basili