lunedì, 18 Novembre 2024

Elsa von Freytag-Loringhoven: l’eccentrico come stile di vita

Se ci fermassimo a pensare ai personaggi eccentrici dei nostri tempi probabilmente nessuno reggerebbe il confronto con Elsa von Freytag-Loringhoven, che rese la sua vita una performance artistica continua.

Per Elsa il “fare arte” non era un’azione relegata ad un momento della giornata, ma era vivere in modo stravagante, essere originale in ogni cosa, distinguersi dalla massa. Le sue opere d’arte principali, su cui non ha mai smesso di lavorare, sono state la sua stessa vita e la sua persona.

Elsa ha anticipato i tempi: è stata una dadaista prima di Marcel Duchamp, un’artista pop prima di Andy Warhol, si è esibita con un fallo di plastica prima delle performance femministe, ha tinto capelli di colori sgargianti anticipando la moda moderna. Artista visiva, performer e poetessa: qualsiasi azione di Elsa era innovativa e rivoluzionaria.

La vita

Elsa Plötz nasce il 12 luglio 1874 a Swinemünde (città portuale tedesca passata alla Polonia nel 1945) da una famiglia di umili origini.

L’infanzia è segnata da abusi e violenze da parte del padre alcolizzato, mentre la madre, a cui è molto legata, muore di sifilide dopo essere impazzita.

Elsa scappa di casa ancora giovanissima: forse nel primo periodo si prostituisce, studia recitazione ed inizia ad esibirsi a Berlino.

Di Elsa colpiscono l’aspetto androgino e sensuale, la sfrontatezza e la sessualità senza moralismi. È una donna con una fortissima carica erotica che vive la propria bisessualità in modo aperto e libero.

Dopo un periodo trascorso a Monaco e in Italia, studia arti visive a Dachau e si avvicina agli ambienti borghesi. A Berlino conosce e sposa l’architetto August Endell (1901), dichiaratamente omosessuale. Con lui Elsa ha l’occasione di viaggiare per l’Europa, condurre una vita agiata e frequentare la buona società. I due vivono una relazione aperta ed entrambi si lasciano sedurre dal poeta Felix Paul Greve, amico di Thomas Mann.

Dopo un burrascoso triangolo amoroso, Elsa divorzia e decide di fare del poeta il suo unico compagno. Greve ha seri problemi finanziari, così i due ne inscenano la morte, scappano negli Stati Uniti e si trasferiscono in una fattoria nel Kentucky. Dopo poco più di un anno, nel 1911, si separano: lui va in Canada e diventa un grande scrittore, lei fa la modella e sogna New York.

Nella Grande Mela Elsa lavora in una fabbrica di sigarette e continua a posare per artisti e fotografi, tra cui George Biddle e Man Ray; riesce a farsi notare, si inserisce nell’ambiente culturale ed artistico e frequenta personaggi importanti.

Elsa posa per Man Ray nell’opera The Coat Stand, 1920.

Nel 1913 Elsa diventa la “Baronessa Dada” sposando il barone tedesco Leopold von Freytag-Loringhoven, giovane, bello e squattrinato. Il matrimonio ha una breve durata: Leopold parte per la guerra in Europa e muore durante il primo conflitto mondiale.

Anticonformista, creativa e ribelle

In questi anni di viaggi, difficoltà, matrimoni, relazioni e rapporti artistici, la creatività di Elsa von Freytag-Loringhoven è inarrestabile. Ogni volta che esce di casa fa parlare di sé con le sue “passeggiate artistiche”: indossa una torta con le candeline come cappello, cucchiai come orecchini, monete come bracciali, si incolla francobolli sulle guance, cuce una luce sul retro del corsetto («Le macchine e le biciclette hanno i fanali. Perché io no?»); il suo aspetto e le sue azioni sono uniche e lasciano un segno indelebile nell’opinione pubblica e nel mondo dell’arte. Scopo di Elsa è quello di eliminare il confine tra arte e vita utilizzando il proprio corpo come mezzo espressivo.

Elsa in una foto del 1920 circa.

È la prima a dare nuova vita agli oggetti di uso comune, ad utilizzarli in modi inediti e a rivalutarli come opere d’arte, anticipando il dadaismo.

Elsa è un’anima inquieta, ha tantissimo da esprimere e lo fa attraverso mezzi espressivi diversi: scultura, pittura, assemblaggi, collage, recitazione e performance.

Si cimenta anche nella scrittura: scrive un romanzo d’avanguardia e poesie che parlano di sesso in modo esplicito e provocatorio, apprezzate dall’amico Ernest Hemingway.

Elsa rivendica anche il suo diritto di essere una donna libera: si ribella ai canoni imposti, rifiuta di essere una vittima della società maschilista, mette al centro dell’attenzione il proprio corpo e rivendica la sua sessualità; il sesso rimarrà sempre il fulcro delle sue azioni, forse per esorcizzare i traumi dell’infanzia.

La produzione artistica e i dubbi sull’attribuzione dell’opera dadaista “Fontana”

Purtroppo la produzione artistica della Baronessa Dada risulta lacunosa: molte opere sono andate perdute mentre altre sono state erroneamente attribuite ad altri artisti.

A tal proposito risulta esemplare il caso della famosa Fontana di Marcel Duchamp. Negli anni è stata messa in dubbio la paternità di quest’opera e si pensa che l’artista possa essere proprio Elsa von Freytag-Loringhoven.

Elsa fa parte del gruppo dadaista newyorkese, conosce Duchamp e tenta, insistentemente, di sedurlo; lui non la ricambia ma ne apprezza lo spirito artistico. In una lettera del 1917, indirizzata alla sorella, Duchamp scrive che una sua amica ha avuto un’idea geniale trasformando un orinatoio in una scultura. Gli studiosi si interrogano da molti anni su chi sia misteriosa amica: alcuni ipotizzano si tratti della scrittrice Louise Norton mentre altri ritengono che possa essere Elsa von Freytag-Loringhoven la creatrice di Fontana. Come sappiamo l’orinatoio porta la firma “R.Mutt”, che potrebbe far riferimento alla parola “Armut”, povertà in tedesco, lingua madre di Elsa. Se così fosse, probabilmente l’intento di Elsa era quello di fare una critica sociale sulla guerra e sulle condizioni della popolazione, forse alla sua stessa situazione finanziaria oppure una critica verso artisti ed intellettuali.

Fontana, opera ready-made del 1917 attribuita a Marcel Duchamp

A questo punto bisogna chiedersi perché Elsa non ha mai rivendicato l’opera. La spiegazione risiede nel suo carattere e nella sua indole: la Baronessa non si cura della fama e degli affari, le sue azioni sono dettate dall’impeto e dall’impulso del momento, dopo un secondo se ne dimentica per passare all’idea successiva.

Gli ultimi anni e la morte

Nonostante le capacità intellettuali e le numerose conoscenze, Elsa è sempre stata una donna irrequieta e sola, incapace d gestire la propria vita, le relazioni e le finanze.

Negli anni ‘20 inizia un lento, inesorabile declino: la salute fisica e mentale iniziano a vacillare ed Elsa diventa un fantasma, l’ombra di sé stessa. Si sposta in varie città cercando una quiete che non riesce a trovare, passa un lungo periodo in una clinica psichiatrica, chiede aiuto e sostegno a conoscenti ed amiche, tra cui Peggy Guggenheim.

Djuna Barnes, amica ed amante, dal 1926 le paga l’affitto di un appartamento a Parigi; Elsa muore l’anno seguente, a soli 53 anni, a causa di una fuga di gas. Incidente, omicidio o suicidio? La questione oggi è ancora aperta, ma noi vogliamo ricordare Elsa per la grande, straordinaria, opera artistica che fu la sua vita.

Accatino, Alfredo. Outsiders: storie di artisti geniali che non troverete nei manuali di storia dell’arte, Giunti Editore, Firenze – Milano, 2017.

De Stefano, Cristina. Scandalose: vite di donne libere, Rizzoli, Milano, 2017.

Woman’s Art Inc: “Elsa von Freytag-Loringhoven” di Eliza Jane Reilly. Woman’s Art Journal, Vol. 18, n. 1 (Spring – Summer, 1997), pp. 26 – 33.

Monica Marcoleoni
Monica Marcoleonihttps://www.sistemacritico.it/
Laureata in Beni Culturali a Padova. Un po’ guida turistica e un po’ bibliotecaria, a 29 anni non ho ancora capito cosa farò da grande. I problemi li risolvo con tisane, popcorn e spritz al Campari. Amo l’arte, la letteratura, il cinema, la buona musica e le paperelle di gomma. Credo nell’accessibilità della cultura e delle informazioni. Odio le ingiustizie e quando mi arrabbio dovrei contare fino a 10 prima di parlare. Adoro il mio brutto carattere e il mio equilibrio instabile.

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