Manca ormai poco più di una settimana al 26 Maggio, giorno designato per quello che è uno dei più grandi esempi di democrazia del nostro tempo: le elezioni europee.
Eppure viene a volte da chiedersi, in quella che sembrerebbe più una domanda da giuristi, cos’è l’Unione Europea? Perché la votiamo e, a proposito, come e cosa si vota?
Meglio fare un passo indietro
Quest’organizzazione sovranazionale che uno Stato federale (ancora) non è, fonda le sue radici nei Trattati di Roma del 1957. In quell’occasione Italia, Francia, Paesi Bassi, Germania e Lussemburgo si ritrovarono per dare vita ad uno schema di intese e collaborazione senza precedenti: tali accordi presero il nome di CEE (Comunità economica europea) e CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio).
E’ con questi Trattati che nasce e si fa strada l’idea di un mercato unico europeo, un mercato (nelle previsioni di Roma ’57) fondato sulla libera circolazione di merci, lavoratori, servizi e capitali.
Quello che non si è detto è che i Trattati di allora erano mossi da un progetto molto più ambizioso: assicurare, mediante un’azione comune, il progresso economico e sociale dei paesi firmatari eliminando le barriere, rafforzando l’unità delle loro economie, assicurando lo sviluppo economico e riducendo le disparità fra le diverse regioni. Senza questa doverosa precisazione sarebbe difficile comprendere quale sia stato il ponte tra quello che sembrava essere un mero accordo economico e quello che si è invece trasformato oggi in un progetto politico (quasi) comune. Certo nel mezzo, per esigenze di brevità che portano a non approfondire oltre, ci passano vari altri trattati tra cui quelli di Maastricht ’92 (a sfondo finanziario), Amsterdam ’97 e da ultimo, ma solo cronologicamente, Lisbona 2007.
Dalla finanza alla politica la strada è breve
E’ in questo modo che negli anni si fa strada una certa consapevolezza a cui assistiamo ancora oggi: nell’affidare le nostre vite alla politica, che dovrebbe avere tra i suoi obiettivi quello di puntare al progresso economico e sociale, non dobbiamo dimenticare che questa ha le mani legate senza un certo supporto finanziario. Ed è così che ogni mattina, quando i telegiornali ci svegliano a colpi di spread, deficit, Titoli di Stato e altri paroloni così, tra un caffè e una brioche vediamo concretizzarsi questo collegamento: la politica passa dalla finanza, dai mercati, dallo spread. E’ l’economia bellezza.
E’ quindi proprio grazie ai primi trattati di Roma ’57 se oggi, questa cosa chiamata “finanza pubblica”, la identifichiamo con l’Europa. Nessuna infatti, tra le proposte politiche nostrane (Reddito di Cittadinanza, Quota100, FlatTax, aumenti salariali, etc.) sarebbe possibile senza l’Europa ed una propria rappresentanza all’interno dei suoi organi
Ecco perché votiamo il Parlamento europeo
Non solo perché è l’unico organo ad oggi eleggibile dentro all’Unione e neanche perché ognuno di noi ha la cittadinanza europea oltre a quella italiana. Lo eleggiamo perché è fondamentale, per ogni Paese membro, avere propri rappresentanti (gli eurodeputati) nell’organo legislativo dell’Unione. E’ proprio in previsione di questo che i trattai istitutivi dell’UE, nel prevedere un totale di deputati in proporzione alla popolazione, garantiscono una rappresentanza minima di 6 unità ad ogni Stato membro. Cipro, Lussemburgo e Malta ringraziano.
L’Italia gode di ben 73 seggi (il massimo, 96, è riconosciuto solo alla Germania che conta più di ottanta milioni di abitanti) distribuiti in 5 circoscrizioni elettorali: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole.
I candidati, eletti a suffragio universale diretto, devono essere indicati sulla scheda elettorale fino a un massimo di 3 preferenze le quali, però, non devono comprendere tre soggetti tutti dello stesso sesso (pena non considerazione del terzo).
Paese che vai, modello che trovi
Nonostante lo stesso criterio per la distribuzione dei seggi, ogni Stato ha una propria legge elettorale. Se Malta e Irlanda applicano il metodo del voto unico trasferibile (i cittadini votano tre candidati in ordine di preferenza ma il loro voto andrà solo ad uno di questi in base ai risultati elettorali), la Germania vede l’applicazione di un proporzionale puro senza soglia di sbarramento ma con l’obbligo, per ogni partito, di nominare un candidato e un sostituto che salirà all’euro parlamento solo qualora il primo non riuscisse a portare a termine il suo mandato.
Ma ci sono altri esempi. La Francia è, come l’Italia, divisa in distretti e proprio come il nostro paese applica un proporzionale. La Spagna invece, e questo è interessante, offre la possibilità di candidare più soggetti per il medesimo scranno. Com’è possibile? Questo sistema, che permette ai piccoli partiti di coalizzarsi ed esprimere ognuno un candidato, vede questi candidati alternarsi nel Parlamento europeo a cicli di alcuni anni.
La situazione dei nostri partiti
In Italia la scena è variegata.
Una soglia di sbarramento fissata al 4% impone ai partiti più piccoli del nostro panorama politico di ricercare alleanze (non coalizioni, ma liste uniche) per riuscire ad eleggere almeno qualche europarlamentare. E’ questo il caso di +Europa di Emma Bonino (che alle ultime elezioni del 2018 ha superato di pochissimo questa cifra) e di Italia in Comune di Federico Pizzarotti (Sindaco di Parma ed ex Movimento5Stelle): i due partiti, in quest’ottica, correranno assieme e confluiranno nell’Alde (Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa).
Lo stesso discorso vale per La Sinistra (un’alleanza di tanti piccoli partiti da Rifondazione Comunista a Sinistra Italiana passando per Sinistra Europea) e Europa Verde che racchiude al suo interno Verdi (partito a trazione ambientalista) e Possibile.
il Cdx
Il resto della scena è coperto dalle altre realtà ben note nel nostro panorama politico, partiti più o meno certi di avere i numeri per correre anche da soli. Guardando al nostro centro-destra è il caso di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e della Lega di Matteo Salvini (che nel parlamento europeo si dovrebbe collocare assieme a partiti anti-europeisti come Alternative fur Deutschland). Nel cdx da ricordare è ovviamente anche Forza Italia di Silvio Berlusconi (il quale tra l’altro sarà per la prima volta candidato alle europee e al fianco di Antonio Tajani, oggi presidente dello stesso parlamento). A destra si segnala anche CasaPound che correrà assieme a Destre Unite: gli eventuali candidati eletti da questa lista unica confluiranno nel gruppo parlamentare Aenm, l’Alleanza Europea dei Movimenti Nazionalisti.
Csx e altri
Spostandosi al centro-sinistra, troviamo il Partito Democratico di Nicola Zingaretti (che si collocherà nel Pse: Partito socialista europeo) correre solo e non assieme al PCI di Marco Rizzo, anche questo solista.
Infine, ma non per importanza, troviamo il Movimento 5 Stelle che non ha ancora trovato una casa europea
Parola alle urne
Dal 27 Maggio avremo un nuovo parlamento europeo e le indiscrezioni che girano negli ultimi tempi parlano di nuovi movimenti al suo interno (si parla di contatti tra il Partito Popolare e quello Socialista). Motivo? Il manifestarsi, e poi affermarsi, nel corso degli ultimi anni di movimenti sovranisti e euro-scettici che proprio sul contrasto all’Unione hanno incrementato il loro consenso.
L’emergere di queste realtà sta portando nuove e vecchie forze a rivedere gli schemi e a smussare gli angoli che in passato avrebbero reso impensabile un’alleanza parlamentare. La sensazione, che in realtà si avvicina più all’essere una convinzione, è che i partiti europeisti temano di non avere i numeri per formare una maggioranza rischiando così di subire le ingerenze di Paesi (su tutti Ungheria e Polonia) sempre più forze centrifughe all’interno di un Unione che dovrebbe comportare onori sì, ma anche oneri.