La felicità non ha peso
I disturbi del comportamento alimentare o meglio conosciuti con la sigla DCA sono patologie psichiche con alterazioni del comportamento alimentare.
Suddivisi in Anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo alimentare non altrimenti specificato. Dal 2013 sono state aggiunte al DSM altre patologie come il disturbo da alimentazione incontrollata (BED).
Ad oggi solo in Italia i DCA affliggono 2,3 milioni di persone e tra gli adolescenti anoressia e bulimia sono la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali.
Dati allarmanti questi, che fanno riflettere.
I DCA: un’urgenza sociale?
Per quale motivo ancora nel 2017 l’argomento viene poco trattato?
Perché molte persone a causa di disinformazione si soffermano in modo superficiale sulla questione?
Perché l’anoressia viene attribuita molto spesso al mero scopo di inseguire un modello proposto dalla società occidentale?
Ma soprattutto, perché curarsi, a causa delle pochissime strutture, è diventata un’odissea? Tra i disturbi del comportamento alimentare, anoressia e bulimia principalmente, vengono connessi a fattori sociali e storico-culturali.
I mass media associano queste sindromi alla cultura moderna e al mito “della bellezza a tutti i costi”.
Questo fa rabbia, perché è importante sottolineare che i disturbi del comportamento alimentare sono manifestazioni di disagio profondo, difficilmente generalizzabile e nemmeno unicamente associabile a problematiche sociali.
Il cibo che diventa una prigione
I DCA nascondo una sofferenza troppo grande per poter essere spiegata a parole, una sofferenza che non può essere ricondotta in nessun modo al solo obbiettivo di “esser magri”.
E bastava alzare lo sguardo per capirlo, e vedere Giulia, Noemi, Vittoria.
I loro volti stanchi e scarni, i corpi inermi e abbandonati prendevano la forma delle sedie di plastica del centro per disturbi alimentari; gli occhi abbassati nascondevano una profonda insicurezza mista a tristezza e i capelli fini, radi incorniciavano volti giovani consumati da una malattia potente.
Volevano scomparire.
Scomparire dagli occhi indiscreti della gente alla visione di una spaventosa magrezza, sotto i maglioni troppo grandi per i loro corpicini esili.
I primi sintomi
Nella mente solo un’unica ossessione: il cibo.
Il corpo e il cibo diventano indicatori di profonde difficoltà, disagi e problematiche.
Molto spesso si inizia con una dieta allo scopo di perdere peso senza motivi reali, poi le restrizioni diventano sempre più ampie e il comportamento di rifiuto del cibo è volontario e netto, nonostante sia ancora presente appetito.
Nel tempo vengono assunti comportamenti di tipo difensivo, negazione della malattia.
Si sviluppa un pensiero rigido per cui il “grasso” sta al pericolo e al fallimento mentre la magrezza sta al controllo e alla realizzazione di sé.
Il cibo inizia ad essere vissuto con profondo senso di colpa, accompagnato dal disperato rifiuto dell’imperfezione di sé stessi.
In molti DCA esso viene usato con l’obbiettivo di riempire un vuoto enorme, delle mancanze abissali, come nel BED; nel quale il paziente presenta bassa autostima, vergogna, paura di deludere; infatti nel tempo proporzionalmente all’aumento di peso si assiste ad un isolamento.
La malattia diventa l’alleata ideale per far apparire la vita sotto un falso controllo che in realtà non esiste; è lei stessa a controllare e più viene nutrita dalla negazione della sua esistenza, più si prende il bello delle persone e la vitalità stessa.
Perché è importante non nascondersi?
Riportare queste informazioni, per quanto molto riduttive, serve per informare e riflettere, per non ridursi a commenti superficiali; forse anche per eliminare la vergogna nel parlarne, per non far sentire le persone che ne sono affette sole, per far muovere provvedimenti al riguardo delle poche strutture presenti in Italia, per tornare ad amare un corpo ed una vita che ci appartiene,
per dire “ce l’ho fatta e ce la puoi fare anche tu!”.
Luperini Giada