venerdì, 20 Dicembre 2024

Dietro le fotografie di Gerda Taro:

Gerta Pohorylle, meglio conosciuta come Gerda Taro, è il simbolo della gioventù rivoluzionaria degli anni ‘30.

Fotografa, poliglotta, militante politica dai sogni ambiziosi, riesce a diventare il volto di un’intera generazione, impegnata contro il fascismo e il nazismo imperante. Intorno alla sua figura si crea un’aura leggendaria, che porta a mistificare la sua persona e ad attribuirle (a torto) elementi non veritieri.

È ricordata come la prima donna fotoreporter morta in guerra; ma la sua figura è ben più complessa di quanto sembri.

Breve excursus biografico:

Gerda Taro a Guadalajara, luglio 1937.

Nasce nel 1910 a Stoccarda da una famiglia di ebrei polacchi. Da sempre impegnata nel socialismo e nel comunismo; sconsiderata e imprevedibile di fronte al pericolo. A causa delle sue idee, sarà anche imprigionata per circa 30 giorni a Lipsia, ma si rifiuterà di parlare ai suoi carcerieri come moto di protesta.

Ben presto il peso di vivere nella Germania nazista si fa sempre più insostenibile, specie per una ragazza comunista ed ebrea.

Decide così di trasferirsi a Parigi, affascinata dai suoi boulevard e dall’intimità dei café parigini, dove non era strano incontrare personaggi di spicco dell’epoca, quali Ernest Hemingway e Walter Benjamin. Parigi sarà anche il luogo dove inizierà la sua carriera fotografica.

Sarà corrispondente di guerra a fianco dei repubblicani, durante la guerra civile spagnola (1936-1939).

L’indefinitezza ne “La ragazza con la Leica”:

Il romanzo, “La ragazza con la Leica”, non può essere considerato propriamente una biografia di Gerda Taro. La scrittrice Helena Janeczek non intende soffermarsi sulla carriera fotografica della ragazza; bensì sul fascino misterioso del personaggio. Grazie a questa idea innovativa, la Janeczek otterrà il Premio Strega 2018, la riconoscenza più ambita per un autore italiano.

La storia viene raccontata direttamente dai personaggi più vicini a Gerda, come per dimostrare al lettore l’autenticità di ciò che viene detto. Tuttavia la Janeczek è ben consapevole che queste fonti non possono essere considerate attendibili, in quanto racconti soggettivi cuciti tra loro.

Nonostante ciò, è proprio questa varietà a far respirare il romanzo, sottolineando diversi lati della protagonista. Willy Chardack (“Il Bassotto”) e Georg Kuritzkes, infatti, erano stati amanti di Gerda e mettono in luce il suo aspetto elegante, affabile, vitale, provocatorio ma allo stesso tempo genuino. L’amica Ruth Cerf, al contrario, non comprende a pieno quale aspetto la affascini di più di Gerda e cerca di capire, senza riuscirci, cosa la distingua dalle altre.

Ad ogni modo la cosa che nessuno riesce a capire è come la ragazza riesca a muoversi tra due mondi, quello mondano di Parigi e quello del fronte spagnolo.

Gerda Taro, Miliziane repubblicane in addestramento sulla spiaggia nei pressi di Barcellona, agosto 1936.

Gerda come artefice del suo successo:

Nonostante la figura di Gerda sia stata per lungo tempo ignorata, non si può dire lo stesso di quella del suo compagno Endre Ernő Friedmann. L’immagine è quella di un profugo ungherese, ebreo e antifascista (come Gerda), dedito alla fotografia dagli anni universitari.

Tuttavia la sua scalata verso il successo iniziò a Parigi, grazie ad un particolare espediente: fingersi un famoso fotografo americano chiamato Robert Capa. Questo pseudonimo fu suggerito da Gerda, che ne coniò uno anche per se stessa, raddoppiando i profitti di entrambi.

La ragazza, infatti, si stava appassionando alla fotografia, probabilmente contagiata dalla passione del suo compagno. Così i due iniziarono a firmare i propri lavori come la coppia “Capa-Taro”. Da qui nacque un’intricata storia d’amore, che è stata più volte romanzata, anche nel libro della Janeczek.

Fred Stein, Gerda Taro e Robert Capa al Café du Dôme, aprile 1936.

In realtà non è ancora chiara la natura del loro rapporto, poiché la loro storia è stata troppo breve per poterlo affermare. Quel che è certo è che erano una coppia in perenne conflitto, che era solita lasciarsi per poi riprendersi subito dopo, giurandosi amore eterno sotto le bombe della guerra spagnola.

A svelare la sincerità dei sentimenti del giovane per Gerda, sarà lo stesso Capa in “Death in the Making”, libro fotografico che racconta la guerra civile spagnola. Dopo la morte di Gerda, avvenuta nel 1937, il fotografo non si riprenderà mai completamente. Anch’egli morì sul campo di battaglia nel 1954, durante la guerra d’Indocina, condividendo la stessa sorte della sua amata.

Sebbene questo finale appaia struggente e per certi versi “romantico”, non costituisce tutta la verità. Robert Capa sceglierà di non seguire Gerda nel suo ultimo viaggio spagnolo, che la porterà alla morte. Egli, infatti, preferì i vizi e la sfrenatezza della vita parigina, a condividere il fronte con la compagna.

Probabilmente il rimorso di non esserle stato vicino, in un momento così drammatico, si sarà trasformato in senso di colpa negli anni a venire, accrescendo il suo amore per la donna.

Una morte individuale; una ferita collettiva:

Gerda e Robert erano soliti dire: “Se le tue foto non sono abbastanza buone, non sei abbastanza vicino“. Tuttavia fu proprio questo desiderio di eccesso, di superare i propri limiti, che costò la vita alla fotografa.

Al funerale di Gerda parteciparono più di 100.000 persone, turbati dalla morte di una ragazza così giovane e coraggiosa. Aveva 26 anni quando un carro armato la investì a Brunete, impegnata a documentare gli orrori della guerra civile spagnola.

Gerda Taro, Passo di Navacerrada, maggio 1937.

La sua fu una fine tragica, di cui ancora rimangono ignote le dinamiche. Fu proprio questo uno degli elementi che portò alla mistificazione della sua figura, ritraendola come un’eroina, morta per i suoi ideali, paladina di un cambiamento necessario.

In realtà la sua morte non ha nulla di eroico, anche se rimane di una drammaticità assoluta. La grandezza della fotografa va attribuita ai lavori impeccabili, struggenti della stessa e al saper trasportare gli spettatori dentro l’intimità dei momenti raffigurati in fotografia.
Gerta Pohorylle era una ragazza di 26 anni, a tratti ingenua, amante della vita e sprezzante del pericolo, che sentiva il bisogno di raccontare da vicino l’orrore della guerra.

Nonostante ciò, è bene ricordare che una intera generazione si è identificata in lei ed è anche grazie alle sue fotografie se l’epoca passata può tornare a vivere.

Sara Albertini

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Sara Albertini
Sara Albertini, marchigiana, classe 1999. Positiva, sognatrice, ostinata; la musica di Einaudi accompagna il flusso dei miei pensieri. Sono laureata in “Culture letterarie europee” presso l’Università di Lettere e Beni Culturali di Bologna e attualmente frequento un master in giornalismo a Bruxelles. Scrivo di costume e società per il blog di Sistema Critico con l’illusione che la scrittura possa migliorare il mondo in cui viviamo.

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