Dante Alighieri è stato politico, scrittore e poeta, ma non solo: è colui che scende negli Inferi. In un’impresa che è terza a Enea e San Paolo, Dante si erige a un io plurale: l’umanità è racchiusa in un uno.
Ecco che il patrono della letteratura italiana scrive l’opera delineante Inferno, Purgatorio e Paradiso. In un pluristilismo tutto dantesco, si staglia il capolavoro universalmente conosciuto: la Commedia. Dante, l’allievo di Brunetto Latini, l’amico di Guido Cavalcanti, l’uomo esiliato dalla sua amata Firenze. Morente a Ravenna il 14 settembre 1321, permane in un immaginario collettivo come estemporaneo.
Dante, il mediatore tra passato e presente
In un paragone tra Omero e Dante, si svela l’importanza del maestro: è pari al poeta sovrano. Lo stesso Dante, nel canto IV dell’Inferno, pone sé stesso come continuatore dell’antichità ammirata. Accompagnato da Virgilio, Omero, Orazio, Ovidio e Lucano, fa di sé il contemporaneo che permette la coesistenza tra passato e presente. Nel limbo, immerso tra i grandi di un altro mondo, è sesto tra cotanto senno.
In un viaggio che è singolo e universale, lo scrittore elegge sé medesimo per una missione salvifica che contempli l’altro. Ma obbedisce a una volontà divina o si dà volontà divina? In un compito solo a lui conferito, Dante è guidato da Virgilio, appartenente a un passato con cui dialoga.
L’eredità e la memoria di Dante
Il modello dantesco ha segnato gli anni a venire, benché Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua abbia scelto Petrarca per la poesia e Boccaccio per la prosa. L’eredità dantesca è tale che l’autore vive attraverso il ricordo, in una memoria collettiva. E la memoria ritorna in Primo Levi, che, in Se questo è un uomo, richiama al ricordo i versi danteschi. Primo Levi è ad Auschwitz e traduce a Jean il canto di Ulisse. Mentre parla a volte è certo, a volte è insicuro, ma Levi si dice che se Jean è intelligente comprenderà la Commedia. In una tragicità, un inferno senza provvidenza, Levi prende Dante e ne fa memoria: rivendica l’essere umano mediante il ricordo. Così, Dante si rende simbolo di un’identità che parla usando le sue parole.
L’universalità dantesca è identità di ciascuno, mentre Dante, nella somma opera, racconta ciascuna situazione, ciascuna persona.
L’amore dantesco
L’amore per Beatrice è nobilitazione d’animo: esponente dello Stilnovo, vede in lei la figura attraverso cui avvicinarsi a Dio. Il suo è un amare che, nella Vita nuova, culmina in un amore mistico: Beatrice è e diviene figura. Ne tesse le lodi e la rende tramite di sé stesso: i loro incontri sono voluti dalla provvidenza. Un amor cortese che si distanzia da un amore decantato in Montale, per il quale l’assenza della moglie è mancata presenza nel quotidiano e nel presente. Beatrice è in sé la riflessione di una volontà superiore, a venire.
E Beatrice non è Francesca, legata a Paolo nel secondo girone infernale. L’amore dei due, condannato perché adultero, ha il suo inizio nella condivisa lettura di un romanzo. In questa prospettiva, il romanzo assume una sfaccettatura sinistra, perché caduta degli amanti che non ne hanno letto la fine.
Francesca, l’anima che suscita pietà in Dante, soffre insieme al suo amante, in un contrappasso per analogia, una tempesta senza fine. Tale condanna è rappresentazione della passione che li ha consumati in vita e, mentre Francesca parla, Paolo piange. Così, mediante l’intertestualità, che richiama il romanzo di Lancillotto e il <<dolce stil novo>>, si delinea una donna a oggi contemporanea. In un amore raccontato da Dante, si racconta l’amore dentro ciascuno.
La contemporaneità del maestro
Dall’eredità, alla memoria, all’amore, Dante è il pilastro della società odierna. In un Dante personaggio e in un Dante autore, la Commedia è un viaggio universale attraverso i tre regni dell’oltretomba. Da Ulisse, che trasgredisce per virtute canoscenza, a Francesca, donna contemporanea, Dante raffigura l’interiorità umana. Recitato da Carmelo Bene e Roberto Benigni, ripreso anche da rapper quali Murubutu, rappresentato graficamente e cinematograficamente, Dante coesiste in un individuo atemporale. Reinterpretato e rivisitato nel corso dei secoli, Dante, l’uomo medievale, è connaturato a una radice identitaria. In mezzo a figure da lui raccontate, Dante si fa portavoce delle stesse, lasciando il loro ascolto insito all’essere umano.
Le immagini dantesche sono immagini da cui nasceranno tutti coloro a venire: scende negli Inferi o li crea?