Il 10 giugno è una data poco ricordata, ma allo stesso tempo estremamente simbolica per il nostro paese. Un giorno in cui nel 1924 l’Italia realizzò di essere preda della deriva dittatoriale fascista e in seguito, nel 1940, capì di voler seguire un folle sogno imperialista.
L’orazione
“Io il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”
dal discorso di Matteotti
Con queste parole, il 30 maggio 1924, il deputato socialista Giacomo Matteotti concludeva il suo lungo discorso alla Camera dei deputati. Queste parole risultarono quantomai appropriate dal momento che quest’uomo, originario di Fratta Polesine, aveva appena contestato il risultato delle elezioni politiche tenutesi una ventina di giorni prima. Le ultime elezioni libere prima dell’avvento della dittatura e del partito unico.
Matteotti è consapevole della piega che gli eventi stanno prendendo: da quel 23 marzo 1919, giorno in cui aveva preso vita il programma di San Sepolcro, la scalata dei fasci di combattimento era stata pressochè inarrestabile. Il nazionalismo, l’antiplutocrazia, la violenza e l’antiparlamentarismo avevano consentito a un gruppo di reduci insoddisfatti degli accordi presi alla fine del primo conflitto mondiale (i cosiddetti “arditi”) di diventare la forza politica preponderante della nazione. Con la marcia su Roma del 28 ottobre 1922, guidata dal quadrumvirato De Bono-De Vecchi-Balbo-Mussolini erano state poi messe le basi per la deriva autoritaria dello stato e la soppressione delle libertà parlamentari concesse dallo statuto albertino.
Irregolarità e tangenti
Deriva autoritaria che, attraverso varie tappe e con la collaborazione di vari personaggi, si conclude nell’aprile del 1924. Con la cosiddetta legge Acerbo ed il suo premio di maggioranza di 2/3 dei seggi, il cosiddetto “Listone nazionale” ha ottenuto infine i mezzi legali verso il dominio assoluto del Parlamento. Le elezioni, portate avanti in un clima di violenza ed intimidazioni (per non parlare dei brogli), sono tuttavia contestate. Un unico coraggioso politico nel suo discorso alla camera di fine maggio si scaglia contro le irregolarità .
“L’elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni.”
dal discorso di Matteotti
Si aggiunga che, in quell’occasione, veniva denunciata anche per la prima volta la corruzione dilagante nel governo Mussolini. In particolare venivano messe a nudo le tangenti per alcuni concessioni petrolifere alla compagnia Sinclair Oil, che avrebbero coinvolto lo stesso fratello del Duce, Arnaldo Mussolini.
10 giugno 1924
Ed è proprio il 10 giugno di quello stesso anno che il deputato socialista ha intenzione di recarsi alla camera dei deputati. L’intenzione è quella di manifestare davanti ai colleghi le prove della corruzione del governo Mussolini. La sua agenda è piena di nomi, tra i quali quelli dei ministri Gabriello Carnazza e Orso Maria Corbino (rispettivamente ministri dei Lavori Pubblici e dell’Economia Nazionale), di date e cifre.
Dopo aver lavorato tutta la mattina e buona parte del pomeriggio alla Biblioteca della Camera, alle ore 15 il deputato si avvia verso Montecitorio, percorrendo il lungotevere Arnaldo da Brescia. Qui, in una Lancia Lambda, lo aspettano alcuni membri di spicco delle squadracce di combattimento, tra i quali spiccano Albino Volpi e Amerigo Dumini, famosi sicari della Ceka. Dopo una breve colluttazione Matteotti è caricato in macchina e nella collutazione riceve due coltellate fatali. Il suo corpo, sepolto alla meglio nel bosco della Quartarella alle porte di Roma, verrà ritrovato solamente il 16 agosto successivo.
Una data significativa, quella del 10 giugno 1924. Un giorno che avrebbe potuto far crollare il governo Mussolini sotto il peso della corruzione e che invece consolidò il regime. Dopo alcuni mesi travagliati infatti, nei quali le sorti politiche del Duce vennero seriamente messe in discussione per lo scandalo conseguente l’omicidio, e dopo tutta una serie di processi farsa, il 3 gennaio 1925 lo stesso capo del governo si assume la responsabilità dell’omicidio e promulga tutta una serie di soppressioni delle libertà costituzionali, tra cui la libertà di stampa e di riunione.
“Ebbene, dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto“
dal discorso di Mussolini
I 16 anni che cambiarono l’Italia
Risulta oltremodo curioso constatare come le coincidenze storiche alcune volte si divertano a giocare brutti scherzi. La data del 10 giugno, infatti, segnerà il compimento di un processo istituzionale sviluppatosi nel corso dei 16 anni successivi. Un periodo di tempo in cui il paese assiste totalmente inerme allo stravolgimento delle sue strutture. Con le “leggi fascistissime” di Alfredo Rocco la stretta autoritaria del regime diventa pressochè totale, coinvolgendo le più alte cariche dello stato. La nuova riforma elettorale del 1928 apre la strada al dominio della lista unica nazionale e del Gran consiglio del fascismo. Con la consultazione plebiscitaria del 24 marzo 1929 il Parlamento è svuotato di ogni prerogativa. La propaganda e il culto della personalità del Duce, poi, completano il quadro appena descritto. Un controllo totale della società che si sviluppa su vari piani, come quello della scuola (riforma Gentile e Opera nazionale Balilla).
Il diffuso consenso delle masse trova infine la sua culla ideale nel revisionismo dei trattati di pace e nel sogno imperialista di Mussolini. Dal 1932 l’Italia riscopre il suo carattere bellicista e si lancia in un’anacronistica avventura coloniale in Etiopia (1935). Si avvicina alla Germania di Hitler con l’Asse Roma-Berlino nell’ottobre del 1936, che ha come primo banco di prova la guerra civile spagnola (1936-1939).
Scenari di guerra
Si arriva così all’altro capo di quel filo rosso che si dipana lungo il secondo ventennio del XX secolo. Il via lo ha dato Adolf Hitler circa un anno prima, il 3 settembre 1939, con l’invasione della Polonia. In quell’occasione l’Italia, impreparata e mal equipaggiata per un conflitto di portata mondiale, si era chiusa nella sua posizione di “non belligeranza”. Posizione che il nostro paese mantiene nei mesi successivi, quando la guerra si sposta nel Nord Europa e poi in Francia.
Ed è proprio lo scenario transalpino che fa mutare gli animi degli alti comandi italiani. Dopo che la Wehrmacht il 10 maggio 1940 sconfina nei territori neutrali di Belgio e Olanda per aggirare la linea Maginot, il Duce capisce che è il momento giusto per realizzare i suoi sogni, per creare un nuovo impero italiano nel Mediterraneo. Il 10 giugno, dunque, alle ore 18 Mussolini si affaccia su balcone di Palazzo Venezia a Roma e si prepara a pronunciare uno dei suoi più famosi discorsi.
10 giugno 1940
L’Italia entra nella Seconda Guerra Mondiale. Un discorso che in realtà sarebbe dovuto essere piuttosto rapido, ma che viene interrotto più volte dagli applausi della folla in visibilio. Gli uomini e le donne d’Italia e dell’impero esultano allo scoccare dell’ora delle decisioni irrevocabili. L’ultimo sfregio alla memoria di Matteotti si compie esattamente 16 anni dopo quel 10 giugno 1924.
Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste parole. Frasi, promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell’edificio, l’ignobile assedio societario di cinquantadue stati. La nostra coscienza è assolutamente tranquilla.
Alcuni passaggi del discorso di Mussolini
La politica fascista raggiunge il suo punto di massimo risalto, la retorica impostata del Duce porta il paese verso un disastro annunciato e diventa colui che, schierandosi al fianco di Hitler, “pugnala alla schiena” la Francia, come affermato successivamente dal presidente americano Roosevelt. Ma oltre la convinzione di una guerra lampo gloriosa, l’Italia non è pronta. Manca strategia militare come testimonia, secondo alcuni storici, proprio il discorso di quel giorno a Roma. Tra il popolo, che fino a quel momento ha supportato il Duce a larga maggioranza inizieranno già nei mesi successivi a diffondersi il malcontento e la paura.
Una data da ricordare
Per chi oggi ripercorre la strada di quel periodo storico, dunque, la data del 10 giugno rimane motivo di monito e di insegnamento. Il coraggio dimostrato da Matteotti molte volte sfuma alla luce di avvenimenti di maggior portata storica, come il discorso di Palazzo Venezia, mentre meriterebbe una più decisa tonalità di contrasto. Il contrasto tra l’inizio di un ventennio di dittatura e la fine dell’illusione che tale dittatura aveva instillato nelle menti di un popolo.
Il filo rosso della storia, alle volte considerato estremamente casuale, ancora una volta riporta alla mente collegamenti inaspettati. Legami nascosti nelle pieghe di una vicenda che in alcuni casi rischia di diventare semplicemente un racconto letto troppe volte.
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