Kim Jong Un non solo non è morto, ma è tornato a creare tensioni. Il 16 giugno la Corea del Nord ha fatto esplodere il Liaison Office intercoreano, l’ufficio di collegamento tra le due coree, costruito a pochi chilometri dal confine.
Cos’è il Liaison Office inter-coreano?
L’ufficio era stato creato nel 2018, in seguito alla “dichiarazione di Panmunjom per la pace, la prosperità e la riunificazione della penisola coreana”. Secondo questa, firmata da Kim Jong Un e Moon Jae-In, i due governi avrebbero dovuto iniziare una collaborazione per porre fine al conflitto coreano. La guerra di Corea, combattuta dal 1950 al 1953, non si era mai ufficialmente conclusa e questa doveva essere l’occasione di iniziare un negoziato di pace.
L’ufficio si trovava in territorio nordcoreano, a Kaesong, non lontano dal confine con la Corea del Sud, stabilito sul 38° parallelo. Si tratta di un ufficio di collegamento che, in assenza di ambasciate, doveva permettere una comunicazione diretta tra i leader.
Era un vero e proprio simbolo di un dialogo pacifico, che avrebbe dovuto porre fine alla guerra – mai ufficialmente conclusa- tra i due lati del 38° parallelo.
Nello stesso anno di creazione dell’ufficio di collegamento, le due coree avevano scelto di partecipare insieme ai XXIII giochi olimpici invernali di Pyeongchang. Gli atleti dei due paesi hanno gareggiato sotto la stessa bandiera, quella della riunificazione, e hanno marciato insieme nella cerimonia di apertura.
Il clima promettente che si era creato nel 2018, però, non era destinato a durare a lungo. L’ufficio di collegamento, a poco meno di due anni dalla firma della dichiarazione di Panmunjom, era stato chiuso il 30 gennaio a causa della pandemia di Covid-19. Infine, è stato fatto esplodere per ordine di Kim Yo-Jong il 16 giugno alle 14.49.
Perché la Corea del Nord ha fatto esplodere il Liaison Office?
L’attenzione sulla Corea del Nord era già alta in seguito a un riacutizzarsi di alcune tensioni.
Dopo il ritorno di Kim Jong Un sulle scene pubbliche, erano ripresi i test balistici. Gli stessi che già nel 2017 avevano provocato tensioni con Washington.
Poi, pochi giorni prima dell’esplosione, la Corea del Nord aveva comunicato la decisione di interrompere le comunicazioni con la Corea del Sud. Così, alcuni giorni prima dell’esplosione, Pyongyang aveva smesso di rispondere alla chiamata quotidiana da Seoul.
La ragione ufficiale per arrivare a distruggere il liaison office, simbolo del dialogo tra i due paesi, sarebbe che la Corea del Nord non è disposta a tollerare i lanci riso, bibbie, volantini e chiavette USB (con propaganda antiregime) tramite palloni pieni d’aria da parte di attivisti conservatori sudcoreani ed ex disertori nordcoreani dai territori della Corea del Sud. Già il 13 giugno, la sorella di Kim Jong Un, Kim Yo Jong, il cui potere nel regime continua a crescere e diventata particolarmente famosa durante la scomparsa del fratello, aveva minacciato di chiudere il Liaison Office se queste manifestazioni non si fossero fermate.
Dopo l’esplosione, un atto già di per sé piuttosto ostile e simbolico, è arrivata da Pyongyang anche la minaccia di militarizzare di nuovo il 38° parallelo, in contrasto con i contenuti della Dichiarazione di Panmunjom.
L’esplosione, però, potrebbe aver a che fare con questioni economiche. È possibile che questo sia un modo per esercitare dure pressioni su Seoul affinché aiuti Pyongyang a farsi rimuovere le sanzioni economiche cui è sottoposta. Queste, infatti, pesano ancor di più in un momento di crisi mondiale causata dal Covid-19.
Un’azione così dura potrebbe anche essere il tentativo da parte della Corea del Nord di acquisire una posizione più forte in un eventuale nuovo negoziato. Come riportato dall’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap News Agency, le azioni della Corea del Nord potrebbero essere l’inizio di un’escalation volta a farle avere un maggior peso contrattuale in negoziati con Seoul e Washington dopo le elezioni americane.
Quanto successo potrebbe anche creare problemi interni al governo di Seoul e indebolirlo. Infatti, l’opposizione conservatrice – gli stessi che mandano le pennette USB in Corea del Nord – non hanno mai approvato la linea portata avanti da Moon Jae-In nelle relazioni con la Corea del Nord. Essi sostengono una linea più dura con Pyongyang, ma ad aprile erano stati duramente sconfitti alle elezioni legislative. Dopo il fallimento della linea di Moon, i conservatori potranno fare una dura opposizione.
Le reazioni
In Corea del Sud, il ministro per la riunificazione, Kim Yeon-chul, ha rassegnato le proprie dimissioni. Invece, dal ministero per la difesa sudcoreano dicono che accordi, specialmente militari, con la Corea del Nord dovrebbero essere mantenuti.
La possibilità di non lasciare che cali nuovamente un gelo totale nei rapporti tra le due coree sicuramente è nell’interesse del governo di Seoul. Moon Jae-In è consapevole che una interruzione totale dei rapporti metterebbe a rischio i suoi consensi.
Allo stesso tempo, però, dal governo sudcoreano rendono noto che se da Pyongyang dovessero arrivare provocazioni militari questa dovrà pagarne il prezzo e Seoul risponderà con fermezza.
Il giorno dopo l’esplosione, gli USA hanno prorogato di un anno le sanzioni contro la Corea del Nord, ritenendo che il regime sia ancora una minaccia per via delle sue armi nucleari e dei suoi test balistici. In realtà, ciò che è stato notato è il silenzio di Trump sulle azioni nordcoreane.
Per Trump il disgelo tra le coree e gli incontri con Kim Jong Un dovevano essere il grande successo di politica estera del suo mandato. Dopo mesi di tensioni e continui test missilistici da parte del regime nordcoreano i due leader si erano incontrati a Singapore nel 2018 e avevano raggiunto un accordo, cui erano seguiti tweet piuttosto entusiasti di Trump. In realtà diversi esperti notarono da subito come l’equilibrio tra Trump e Kim Jong Un potesse essere debole perché interpretavano diversamente il termine “denuclearizzazione“.
Alla fine quello che doveva essere il grande successo di Trump sta sfumando. Una nuova escalation di toni e azioni dure con il regime di Pyongyang non sarebbe una buona pubblicità per la campagna elettorale dell’attuale presidente americano. La questione è molto spinosa per un uomo che deve farsi rieleggere e così si spiega l’insolito silenzio social di Trump. Inoltre, questo è un momento in cui è più facile colpire gli Stati Uniti già vulnerabili a causa della pandemia e delle proteste per la morte di George Floyd, dunque difficilmente vorranno lasciare spazio a nuove tensioni internazionali.
Cosa possiamo aspettarci per il futuro?
Come abbiamo già visto una nuova escalation è contro gli interessi di Trump e di Moon Jae-In, ma non è detto che sia evitabile. Non è semplice capire cosa aspettarsi da un paese complesso, imprevedibile e poco trasparente come la Corea del Nord.
Sembra che il regime nordcoreano sia pronto a far precipitare di nuovo la situazione. Cosa che si evince anche dai toni piuttosto pesanti usati dai media nordcoreani per parlare dei cugini a sud del 38° parallelo.
L’agenzia di Stampa pubblica della Corea del Nord, Korean Central News Agency, riporta che la scelta di far esplodere il simbolo del dialogo rifletterebbe “ the mindset of the enraged people to surely force human scum and those, who have sheltered the scum, to pay dearly for their crimes“. Parole poco amichevoli, che non fanno presagire un futuro roseo per la penisola coreana.