Negli ultimi mesi nuovi colpi di stato militari si sono susseguiti in Africa occidentale. I due più recenti casi di Niger e Gabon vanno ad aggravare un quadro di dilagante instabilità delle istituzioni democratiche della regione.
Dal 2020 ad oggi sono stati ben otto i golpe totali nell’area centro-occidentale. A suscitare particolare preoccupazione è la regione del Sahel, dove il Niger era rimasto l’unico Paese dialogante con i governi occidentali.
Sono molteplici i fattori interni che portano alla presa di potere da parte di giunte militari. A questi si aggiungono, inoltre, le delicate relazioni con la comunità internazionale, come dimostrano le diffuse proteste antifrancesi a supporto dei golpisti.
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Questa striscia di terra, prevalentemente desertica, taglia l’Africa settentrionale orizzontalmente ed attraversa alcuni tra i Paesi più instabili del continente.
Rovesciamenti del potere sono per alcuni di essi ricorrenti, come nel caso del Sudan. La catena di colpi di stato degli ultimi 3 anni riguarda però principalmente Chad, Mali, Guinea, Burkina Faso e Niger.
Ad accomunare questi casi sono innanzitutto problematiche di gestione della sicurezza interna e alle frontiere. Tra queste vi è la diffusione dello jihadismo internazionale, legato ai gruppi terroristici di Al-Qaida e Stato Islamico.
Si tratta poi di ex colonie francesi, ancora centrali per gli interessi dell’Occidente. Buona parte della popolazione, infatti, sembra accogliere positivamente i golpisti in nome di sentimenti anticolonialisti. Il recente caso nigerino ha alimentato importanti sollevazioni popolari contro la presenza dell’esercito francese nel Paese.
Gli ultimi colpi di stato: Niger e Gabon
In Niger lo scorso 26 luglio il presidente Mohamed Bazoum è stato deposto dalla Guardia presidenziale, élite dell’esercito.
L’avvenimento ha suscitato forti reazioni da parte dei governi occidentali. Di fatto, il Paese rappresentava un appiglio fondamentale per la riuscita di politiche europee nel Sahel. Essendo il Niger al centro delle rotte migratorie dirette dall’Africa occidentale al Mediterraneo, l’Unione Europea aveva contribuito al rafforzamento delle sue frontiere tramite ingenti finanziamenti.
Inoltre, il golpe ha indebolito ulteriormente la posizione della Francia nella regione. Le tensioni hanno raggiunto il culmine con le minacce da parte della giunta militare nigerina a Macron in caso del mancato ritiro delle truppe francesi, che contano circa 1500 uomini nel Paese.
Anche l’ECOWAS ha condannato l’azione della giunta, limitandosi momentaneamente a sanzioni economiche e all’imposizione della non-fly zone. L’organizzazione, guidata principalmente dalla Nigeria, minaccia però di intervento armato.
Nel caso del colpo di stato in Gabon, invece, il 30 agosto i militari hanno dichiarato nulle le elezioni, che avrebbero riconfermato Ali Bongo Ondimba alla presidenza dopo oltre un decennio.
Il Paese, anch’esso ex colonia francese, è un esempio di come sia consuetudine perpetuarsi al potere. Nonostante vengano mantenuti strumenti apparentemente democratici, come le elezioni, la maggior parte delle istituzioni governative dell’Africa occidentale sono completamente dipendenti da influenti dinastie.
Anche in questo caso la popolazione ha manifestato entusiasmo per la fine di un assetto al potere estremamente centralizzato ed imprevedibile.
“This points to why the definition of democracy itself is so ambiguous in Africa because it seems as though, going back to the 1960s, democracy is when you have somebody in power who could be authoritarian and be in power for years insofar he is conducting a form of election”
-Ibrahim Anoba, membro del Centro per la Prosperità Africana negli USA.
(credit: www.aljazeera.com)
Altro terreno di scontro tra Occidente e Russia
Il filo conduttore che lega questa catena di colpi di stato è la precarietà istituzionale e sociale degli Stati in questione. Il passato coloniale, caratterizzato dal modello assimilazionista francese, rende ancora difficile la consolidazione di un forte stato di diritto e di strutture effettivamente democratiche.
Si tratta, inoltre, di contesti di estrema povertà. Questo impedisce ai governi di avere il controllo dei propri territori e li costringe a dipendere dalla comunità internazionale.
La retorica antifrancese porta ad una legittimazione dei golpisti, che dichiarano di agire per porre fine a secoli di sottomissione.
A guadagnare influenza nella regione sembrerebbe essere, tra gli altri, la Russia. Nonostante il Cremlino abbia formalmente condannato il golpe in Niger, tra i cori a Niamey riecheggiava “Viva la Russia”. Tali sentimenti popolari erano stati strumentalizzati in particolar modo dall’ex leader del Gruppo Wagner, Prigožin.
La crescente fragilità della regione sarà quindi determinante non solo per il futuro delle istituzioni dei Paesi citati, ma anche per il precario equilibrio tra l’Occidente e i suoi rivali, tra cui la Russia.