lunedì, 18 Novembre 2024

“Ceux qui travaillent”: il lavoro definisce e discrimina

https://fr.wikipedia.org/wiki/Ceux_qui_travaillent

1-Chi lavora e chi non lavora

Il film “Ceux qui travaillent”, del giovane regista Antoine Russbach, muove e indigna mostrando un mondo del lavoro che definisce e discrimina.

Ceux qui travaillent — Wikipédia (wikipedia.org)

Russbach condivide col pubblico lo spaccato di vita di un perfetto self made man in piena carriera che ci mostrerà come il lavoro funga da indicatore della qualità dell’essere umano;

Nelle primissime scene vediamo il protagonista Frank (Olivier Gourmet) domandare al fidanzato di una figlia “ vuoi essere uno di quelli che lavora o gli altri?”.

Secondo lui, infatti, il mondo si divide in queste due categorie: chi lavora e chi si approfitta indebitamente di chi lavora.

Chi non lavora è pigro, non è sveglio, non è intraprendente, questa è la visione del mondo di Frank.

2-Frank

Frank si definirà una persona rigorosa, pragmatica, tenace.

Durante l’intera pellicola lo vedremo distante dalla famiglia, a cui tende unicamente denaro e regali.

Egli è invece sempre vicino al suo cellulare, in contatto con clienti e colleghi, immerso 24/7 nel suo lavoro.

Non c’è spazio per la fantasia, per la creatività, per l’esitazione o per il dubbio: l’etica di Frank si riduce a un mero trade-off, lungi dalla compassione e dall’empatia.

La sua è una morale regolata da cifre che vanno in positivo o in negativo, e lui desidera solo minimizzare i costi.

3-“Se non lavori la colpa è tua”

Il protagonista è portatore della retorica liberista del “se non lavori la colpa è tua”, che ignora il background sociale, etnico ed economico di ogni singolo individuo, glissando l’evidente classismo esistente nel mondo del lavoro, di cui tanto si  sta discutendo.

Il fattore economico che può limitare il ventaglio di scelte di un giovane, che è costretto lavorare e pertanto spesso rinuncia agli studi, il conseguente classismo tra “laureati e non”, per non dimenticare fattori ancora esistenti e discriminanti come il colore della pelle o il sesso, una disabilità fisica o dei disturbi mentali, non possono essere semplicemente ignorati.

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4-Il lavoro che definisce l’individuo

La realizzazione professionale del protagonista coincide con quella personale.

Il tenore di vita che è riuscito ad ottenere e a garantire ai suoi figli, per i quali tutto è dovuto, la sua macchina di lusso, la piscina, l’ultimo modello di Iphone per il figlio minore..

Questo benessere materiale che va ben oltre al comfort, garantito dal “duro lavoro”, è tutto ciò che definisce Frank come individuo sia nella sfera privata che in quella sociale.

La perdita del lavoro, momento cardine della pellicola, pertanto, segna un momento di lutto per la sua stessa identità; preferirà mantenere le apparenze, piuttosto che rivelare alla famiglia ciò che per lui è il momento più basso di un individuo: la disoccupazione.

Il lavoro, o la sua privazione, definisce e discrimina il valore di Frank e il suo stato mentale in toto.

5-Veniamo a noi

Se il lavoro determina il tuo valore sociale e il mercato lavorativo sud europeo è rigido ed apparentemente difficile da penetrare, cosa dovremmo aspettarci?

Giovani demotivati, lavori in nero e precari, sfruttamento sistematico, mestieri ben lontani dalle proprie ambizioni e magari anche da ciò per cui si è a lungo studiato sono delle ipotesi corroborate dall’attualità.

L’indice NEET (indice che descrive la percentuale di giovani che non studiano e non lavorano) ci dichiara secondi solo alla Bulgaria;

https://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php?title=Statistics_on_young_people_neither_in_employment_nor_in_education_or_training

La letteratura contemporanea imputa il problema ad una scarsa comunicazione tra imprese e individui.

Dove lo stato non funge da mediatore, il matching tra domanda e offerta è ambiguo e mal amministrato, oltre all’assenza di un programma sistematico dei servizi per l’impiego.

6- La gerarchia indebita

In conclusione il film ci pone davanti ad una cruda realtà: le persone si comprano e si vendono, dei lavori sono migliori di altri, alcune vite valgono più di altre.

La gerarchia sociale fondata sul lavoro, nel film, si basa unicamente su quanto valga il capitale umano della persona, su quanto faccia guadagnare o perdere al padrone.

Va sviluppato un discorso di dignità uguale nei lavori, che suona bene ma non è ancora radicato nelle nostre coscienze; un discorso per il quale ogni lavoro è indispensabile al buon funzionamento del corpo sociale, dove nessuno venga discriminato sulla base della sua professione.

7-Attualità

Freschissimo il terremoto mediatico causato dalla storia dell’influencer Imen Jane.

Nella storia, racconta di un’amica che suggerisce ad una cameriera sottopagata, che, se semplicemente studiasse, potrebbe fare la guida turistica e guadagnare molto di più.

Le critiche mosse alla giovane influencer sono state molteplici: ha ignorato il classismo del mondo del lavoro, ha trattato la cameriera con indebita superiorità, l’ha sminuita col suo capo.

Tutti indici di assenza di sensibilità ed empatia cerso chi considera, per motivi ignoti ai più, inferiori a lei, chi non ce l’ha fatta, chi non ci prova: proprio secondo la suddetta idea liberista.

Ad oggi, ancora una volta, il lavoro definisce e discrimina

https://www.ilgiornale.it/news/cronache/imen-jane-ancora-nel-mirino-social-lei-che-consiglia-1959760.html

A livello individuale, smettere di giudicare una individuo sulla base del lavoro che svolge, basandosi su luoghi comuni e pregiudizi, sarebbe sicuramente un buon inizio.

Sarebbe inoltre cruciale che chi possiede maggiore potere mediatico se ne rendesse conto.

Tuttavia, come decostruire questa gerarchia dall’alto?

Benchè possa sembrare utopico, il solo rifletterci è parte della soluzione, pertanto questo è un invito aperto ai lettori.

Sofia Hadjichristidis
Sofia Hadjichristidishttps://www.sistemacritico.it/
talo-greca, attualmente studio scienze politiche e sociali internazionali per poter giudicare e commentare l'attualità con cognizione di causa, arrabbiarmi solo quando ne vale la pena e fare bella figura alle cene. Più volte volontaria, ho molte cause a cuore per cui scendo in campo, dato che fortunatamente esiste il multi-tasking. Spugna di natura, avendo trascorso la mia infanzia nel Regno Unito, un anno ad Atene e l'adolescenza a Milano, può darsi che il mio slang ti lasci perplesso, ma sarò felice di spiegartelo.

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