mercoledì, 04 Dicembre 2024

Cecità di José Saramago: siamo tutti ciechi che pur vedendo, non vedono?

«La cecità stava dilagando, non come una marea repentina che tutto inondasse e spingesse avanti, ma come un’infiltrazione insidiosa di mille e uno rigagnoli inquietanti che, dopo aver inzuppato lentamente la terra, all’improvviso la sommergono completamente». 

José Saramago: tra anarchia e ateismo

È difficile incasellare José Saramago all’interno di precostituiti pensieri politici. Il mio professore di Letterature Comparate all’Università di Urbino – senza cui il concepimento di questo scritto non sarebbe stato possibile – lo definì un anarco-socialista; ostile nei confronti della chiesa cattolica, pur non essendo un ateo radicale. Nel 1995 pubblica Cecità (Ensaio sobri a Cegueira, nell’edizione originale) e si aggiudica il Premio Nobel per la letteratura nel 1998. Le controversie crebbero notevolmente nel 1997 con l’uscita de Il Vangelo secondo Gesù Cristo, una allegorica rivisitazione della vita di Gesù. Tra le pagine dell’opera, il Messia appare come un personaggio umanizzato, vittima di atroci dubbi e passioni blasfeme.

José Saramago

Il mito della pace

Nel 1995 la divisione del mondo in due blocchi è terminata ormai da sei anni.

A seconda delle prospettive da cui si può scrutare, questo cambiamento può essere visto come una sciagura o come un trionfo. In Occidente si fece strada l’idea di una lampante sconfitta del mondo sovietico, con una conseguente vittoria definitiva e suprema della democrazia.

Nel decennio che segue la caduta del muro di Berlino si impose mano a mano una teoria meta-storica secondo la quale il comunismo sovietico sarebbe imploso a discapito del modello democratico occidentale. Il tutto, quindi, non sarebbe da considerarsi alla stregua di una pura e mera congiuntura storica (secondo cui un vincitore si contrappone ad un perdente).

In questo modo, occidente accresce il pensiero che vede regnare in maniera totalizzante il paradigma della democrazia, considerata non solo tangenzialmente la migliore, ma congenitamente.

Questa sensazione genera in quegli anni un’euforia tale da tramutarsi col tempo in mito della pace. Una volta imposto il principio secondo cui il sistema della liberal democrazia è l’unico che può effettivamente garantire la vita, l’unica soluzione risulta essere quella di esportare questo archetipo nel resto del mondo.

Questo paradossale positivismo iniziale verrà frantumato dopo il crollo delle Torri Gemelle: il nemico sovietico è sostituito così da un nuovo avversario, il terrorismo islamico. Tutta questa retorica che riguarda gli effetti salvifici della liberal democrazia – messi a dura prova dagli attentati terroristici – è smascherata quasi profeticamente da Saramago, che anticipa di sei anni il fallimento del capitalismo e del modello liberal democratico. 

Cecità: la retorica del self-made-man

Come funziona Cecità?

Ci ritroviamo immersi in un luogo non precisato e, prima ancora che l’epidemia si diffonda, l’autore ci descrive in maniera minuziosa i protagonisti di questa città-non città, definendoli «fatti a metà tra indifferenza e cattiveria».

Essi rappresentano una comunità nella quale nessuno è disposto ad assumersi la responsabilità morale di fidarsi del prossimo, di credere nella bontà e nella luce delle anime più perdute. Gli individui si preoccupano di proteggere e di ripulire quella seconda pelle che chiamiamo comunemente egoismo. Saramago disegna una città capitalista in cui l’unica etica ammessa è quella del self-made-man; uomini disinteressati gli uni degli altri e cattivi quanto più è necessario. Ombre moraliste, convinte che il bene non possa albergare negli umili, nelle prostitute, negli scarti sociali. È all’interno di questo panorama che impazza l’epidemia, un morbo che colpisce ogni essere umano e lo catapulta in un universo di oscurità. 

Cecità bianca

Un automobilista fermo al semaforo si accorge di essere diventato un non vedente, colpito ex abrupto da una cecità anomala: una cecità che fa sprofondare coloro che ne sono colpiti in un candore bianco. Un ladro approfitta del malessere dell’uomo per derubarlo, ma finisce col diventare anch’esso una vittima. E così, silenziosamente, tutta la civiltà si ritrova colpita da questo strano morbo, tutti, all’infuori di una donna, personaggio emblematico attorno a cui ruota quasi tutta la narrazione.

Secondo questa prospettiva, i ciechi sembrerebbero le sole vittime, ma l’assunto di partenza è quello secondo cui all’interno di tutta la città dilagava già da tempo quella che potremmo definire una cecità morale. Una volta propagatosi il morbo, la società regredirà alle forme primitive del tugurio e della barbarie, narrate dall’autore con crudezza e spietatezza.

Quando gli individui, diventati ormai misere ombre sterili, riacquisteranno la vista, torneranno a vivere secondo la loro consuetudine, abbandonando in definitiva l’ideologia borghese-capitalista che li aveva resi ciechi?

L’epidemia svela nel corso della narrazione quella che è la parte più brutale di ogni essere umano; il mondo di Saramago appare rovesciato, calato in una distopia quasi oracolistica. Questa malattia senza luogo ne tempo sembra appartenere visceralmente ad ogni epoca e ad ogni nazione, rendendo palese l’imprescindibile legame con l’attualità. 

Siamo diventati ciechi o lo siamo sempre stati?

Asia Vitullo
Asia Vitullohttps://www.sistemacritico.it/
Asia Vitullo, abruzzese, classe 1997. Laureata in Filologia Moderna ad Urbino, proseguo il mio cammino tra i letterati, un po’ come il protagonista di Midnight in Paris, sorseggiando un tè e sognando la Torre Eiffel. Adoro il cinema, il teatro e gli ossimori. La mia più grande fonte di ispirazione è Pier Paolo Pasolini e vivo nella speranza di poter dare ancora una voce alle sue parole.

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