In questo ultimo periodo si è parlato molto dei forti flussi migratori che spingono molte persone a lasciare il proprio paese per approdare su nuove sponde, superare confini per arrivare in nuove terre. Ci sono chiaramente diverse posizioni a riguardo, posizioni che risultano essere quasi completamente contrastanti. Eppure chi meglio di noi può conoscere il fenomeno dell’emigrazione? Proprio per questo motivo ho deciso di fare una panoramica storica sull’emigrazione italiana. Questo fenomeno può essere suddiviso in tre grandi periodi. Periodi distinti tra loro dal punto di vista temporale ma molto vicini per quanto riguarda le ragioni alla base. Ma forse queste ragioni sono alla base di qualsiasi processo di emigrazione, una sorta di processo per osmosi. Vi sono grandi movimenti di persone, da una parte ad un’altra, da un posto con delle condizioni di vita pessime ad uno migliore, da un territorio povero ad uno ricco, da un terreno sterile ad uno fertile. E’ sempre stato così. Come dicevo prima, il fenomeno dell’emigrazione italiana può essere diviso in tre grandi periodi: grande emigrazione, migrazione europea e nuova emigrazione.
Coordinate storiche
La “grande emigrazione” ha avuto inizio con l’Unità d’Italia nel 1861 e ha avuto termine negli anni 20 del XX secolo con l’ascesa del fascismo. I paesi che sono diventati prevalentemente meta degli italiani che avevano deciso di emigrare sono stati: l’America del Nord, quella del Sud e la Francia.
La “migrazione europea” la si può collocare tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni 70 del XX secolo. Questa volta i paesi meta degli italiani in partenza sono stati prevalentemente: Svizzera, Belgio, Francia e Germania. Questo tipo di migrazione si basava su un aspetto di permanenza temporanea, infatti molti di questi paesi erano visti solo come “di passaggio”, temporanei appunto. Si partiva verso questi paesi più ricchi e con più possibilità di lavoro con l’intento di lavorare per un determinato periodo, mettere da parte i soldi ottenuti e tornare in madre patria. Si faceva questo per poter cercare di costruire un futuro migliore in Italia.
La “nuova emigrazione” trova la sua origine nel XXI secolo, precisamente nella Grande Recessione che ha colpito non solo il nostro paese ma bensì tutto il mondo nel 2007 circa. La “nuova emigrazione” ha una consistenza numerica inferiore rispetto ai due precedenti ma in se, a mo di matriosca, racchiude un altro fenomeno. La cosiddetta “Fuga di cervelli”, un flusso di persone, prevalentemente giovani laureati, che cercando all’estero una possibilità di veder valorizzato il proprio talento e titolo di studio, decidono di lasciare la propria terra.
Cause
Quali sono i motivi, le cause che hanno spinto milioni di italiani a lasciare il paese? Si può dire che tolta qualche piccola sfumatura, ci sono delle ragioni alla base che sono comuni a tutti e tre i periodi. I principali sono: povertà, mancanza di terra da lavorare o carenza di posti lavoro, condizioni di vita non sufficienti così come quelle socio-economiche, in passato (e forse, non solo) problemi politici interni e in alcuni casi anche l’insicurezza causata dalla criminalità organizzata. Nel passato, precisamente nel XIX, una condizione che aveva influito molto sul desiderio di andare a cercare fortuna altrove è stata quella dei Contratti Agricoli. Contratti che non erano convenienti per gli agricoltori, lavoravano molto per ottenere poco o nulla. Insomma queste motivazioni di base mi sembra che possano essere applicate a quasi tutti i fenomeni di emigrazione, non solo italiani, del resto chiunque sia insoddisfatto o con le spalle al muro cercherà di fare qualcosa per poter sperare di vivere meglio. Lo abbiamo fatto noi, lo hanno fatto altri. Lo stiamo facendo noi, lo stanno facendo altri.
Il caso particolare dell’Emigrazione interna
Caso particolare si, in quanto è un fenomeno prevalentemente italiano. Lo spostamento da una zona ad un’altra all’interno degli stessi confini, dello stesso territorio. Le motivazioni? Pressoché identiche a quelle che hanno spinto molti italiani a emigrare all’estero. Questo tipo di fenomeno è stato molto accentuato durante gli anni 50 e 60 del ‘900, quando il Boom Economico ha aumentato maggiormente il divario economico-sociale tra il Meridione il Settentrione. Per rendere bene l’idea basta citare un esempio: il flusso emigratorio era cosi ingente da spingere le Ferrovie dello Stato a creare un convoglio speciale, chiamato Treno del Sole, che partiva da Palermo e arrivava a Torino attraversando tutta la penisola.
I numeri
Ci sono dei numeri molto importanti che possono mostrare come l’Italia sia in costante “movimento”. Secondo l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), il numero di cittadini italiani che risiedono fuori dall’Italia è passato da 3.106.251 del 2006 ai 4.973.942 del 2017. Si può notare quindi un incremento di ben 1.867.691 di italiani residenti all’estero, pari al 60,1% in più. Ma se allarghiamo il range temporale si avrà che: tra il 1861 e il 1985 in totale circa 29.000.000 di italiani hanno lasciato la Madre Patria, di questi solo 10.275.000 circa (35%) sono tornati in Italia mentre circa 18.725.000 (65%) non è più tornato. Un altro dato che può far riflettere riguarda gli “Oriundi”, ovvero i discendenti degli emigrati italiani all’estero che non sono più tornati. Il numero degli oriundi, a livello mondiale, nel 2011 è stato stimato di circa 60-80 milioni di persone. Questo cosa significa? Che può mostrare quanto queste emigrazioni possono contaminare, influenzare e far crescere varie culture. Mostra come noi italiani dovremmo conoscere bene questi fenomeni, questi flussi e che non dovremmo mai dimenticare la nostra storia. Siamo stati anche noi emigranti e i dati parlano chiaro, lo siamo ancora.
Andrea Belegni